Nella decisione in epigrafe la Suprema Corte dichiara inammissibile la proposizione in appello della domanda di recesso con ritenzione della caparra, quando in primo grado è stata chiesta la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. Secondo l'A. la Corte ha voluto soprattuto evitare che potesse emergere o essere avallato il comportamento opportunistico della parte che non essendo riuscita a dimostrare nel corso del giudizio di primo grado un danno superiore nel "quantum" all'importo della caparra, potesse ripiegare in appello sulla domanda di recesso con ritenzione della caparra. La sentenza che si annota, contraria all'orientamento della dottrina e giurisprudenza favorevole alla sostituibilità della domanda, afferma viceversa che i due rimedi non sono alternativi e infungibili ma si pongono in termini di assoluta incompatibilità per "evidenti disomogeneità morfologiche e funzionali", sicché pur partecipando della stessa natura strutturale, sul piano operativo il mutamento dell'una nell'altra non può ritenersi ammissibile. L'A., osserva che dando prevalenza agli effetti delle due azioni e nell'ottica di una tutela rafforzata che giustamente il legislatore ha voluto attribuire, nonostante le critiche basate su argomentazioni non strettamente giuridiche della sentenza annotata, alla parte non inadempiente (e che si esplica appunto nell'alternativa posta dai due commi dell'art. 1385 c.c.) occorre stabilire se possa trovare valida collocazione nel nostro sistema processuale una soluzione che individuando nella caparra la misura minima del danno risarcibile derivante dall'inadempimento possa coordinarsi con la rilevata diversità della causa petendi della domanda di ritenzione della caparra rispetto alla domanda di risarcimento del danno secondo le regole generali, facendo sì che tale diversità non risulti assorbente rispetto alla considerazione per cui chi agisce in giudizio per conseguire il ristoro di un danno superiore a quello predeterminato dalla caparra formula, in realtà, una domanda che ricomprende nel suo interno sul piano logico e giuridico la domanda di ritenzione della caparra, senza perciò che tale iniziativa possa qualificarsi come vorrebbero le Sezioni Unite in termini di "gioco d'azzardo".

Sulla novità della domanda nei rapporti tra le azioni di recesso e risoluzione del contratto previste dall'art. 1385 c.c / D'Alessio, Antonio. - In: RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE. - ISSN 0035-6182. - 5(2010), pp. 1191-1200.

Sulla novità della domanda nei rapporti tra le azioni di recesso e risoluzione del contratto previste dall'art. 1385 c.c.

D'ALESSIO, Antonio
2010

Abstract

Nella decisione in epigrafe la Suprema Corte dichiara inammissibile la proposizione in appello della domanda di recesso con ritenzione della caparra, quando in primo grado è stata chiesta la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno. Secondo l'A. la Corte ha voluto soprattuto evitare che potesse emergere o essere avallato il comportamento opportunistico della parte che non essendo riuscita a dimostrare nel corso del giudizio di primo grado un danno superiore nel "quantum" all'importo della caparra, potesse ripiegare in appello sulla domanda di recesso con ritenzione della caparra. La sentenza che si annota, contraria all'orientamento della dottrina e giurisprudenza favorevole alla sostituibilità della domanda, afferma viceversa che i due rimedi non sono alternativi e infungibili ma si pongono in termini di assoluta incompatibilità per "evidenti disomogeneità morfologiche e funzionali", sicché pur partecipando della stessa natura strutturale, sul piano operativo il mutamento dell'una nell'altra non può ritenersi ammissibile. L'A., osserva che dando prevalenza agli effetti delle due azioni e nell'ottica di una tutela rafforzata che giustamente il legislatore ha voluto attribuire, nonostante le critiche basate su argomentazioni non strettamente giuridiche della sentenza annotata, alla parte non inadempiente (e che si esplica appunto nell'alternativa posta dai due commi dell'art. 1385 c.c.) occorre stabilire se possa trovare valida collocazione nel nostro sistema processuale una soluzione che individuando nella caparra la misura minima del danno risarcibile derivante dall'inadempimento possa coordinarsi con la rilevata diversità della causa petendi della domanda di ritenzione della caparra rispetto alla domanda di risarcimento del danno secondo le regole generali, facendo sì che tale diversità non risulti assorbente rispetto alla considerazione per cui chi agisce in giudizio per conseguire il ristoro di un danno superiore a quello predeterminato dalla caparra formula, in realtà, una domanda che ricomprende nel suo interno sul piano logico e giuridico la domanda di ritenzione della caparra, senza perciò che tale iniziativa possa qualificarsi come vorrebbero le Sezioni Unite in termini di "gioco d'azzardo".
2010
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Sulla novità della domanda nei rapporti tra le azioni di recesso e risoluzione del contratto previste dall'art. 1385 c.c / D'Alessio, Antonio. - In: RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE. - ISSN 0035-6182. - 5(2010), pp. 1191-1200.
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