Gli studiosi ungheresi di restauro architettonico considerano l’intervento di conservazione delle “rovine fuori terra” del complesso di Zsámbék, come il primo esempio di conservazione di un monumento allo stato di rudere. Di qui l’interesse per l’abbazia premostratense, che ha preso corpo durante due soggiorni di studio in Ungheria. Sulla base della non vasta storiografia esistente e con l’ausilio di osservazioni dirette, sono state ricostruite, per grandi linee, le vicende del monumento ed è stata verificata, anche attraverso confronti e schemi appositamente redatti, l’appartenenza dell’organismo al cosidetto “gruppo di Lébény”. Successivamente, mediante il materiale iconografico accertato sul monumento, è stato definito ed illustrato, con alcune elaborazioni grafiche, lo stato ante operam nonché i lavori condotti da István Möller alla fine del XIX secolo, i quali, posti in relazione con la cosidetta “cultura delle rovine”, sono stati altresì visti alla luce dei diversificati interventi restaurativi condotti dallo stesso architetto specialmente a Gyulaféhervár e a Pécs, ove si nota un suo progressivo avvicinamento agli indirizzi filologici. L’indagine ha messo in luce che le opere realizzate - oggi vanto della cultura del restauro ungherese - mostrano diretti rapporti con la tendenza “archeologica” e costituiscono un primo stralcio dell’intervento che, successivamente, il mutato clima culturale ha consigliato di considerare definitivo. Un lusinghiero giudizio su questo lavoro è venuto da un collega ungherese, il quale lo ha giudicato l’esame più completo sul restauro di Zsámbék. Una circostanza che sembra confermata dagli studi pubblicati da András Román e Geza Entz in occasione del centenario dell’intervento.
Le rovine di Zsambék. Note sull'esemplarità di un restauro / Sette, Maria Piera. - In: QUADERNI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA. - ISSN 0485-4152. - STAMPA. - 15-20:(1992), pp. 973-988.
Le rovine di Zsambék. Note sull'esemplarità di un restauro
SETTE, Maria Piera
1992
Abstract
Gli studiosi ungheresi di restauro architettonico considerano l’intervento di conservazione delle “rovine fuori terra” del complesso di Zsámbék, come il primo esempio di conservazione di un monumento allo stato di rudere. Di qui l’interesse per l’abbazia premostratense, che ha preso corpo durante due soggiorni di studio in Ungheria. Sulla base della non vasta storiografia esistente e con l’ausilio di osservazioni dirette, sono state ricostruite, per grandi linee, le vicende del monumento ed è stata verificata, anche attraverso confronti e schemi appositamente redatti, l’appartenenza dell’organismo al cosidetto “gruppo di Lébény”. Successivamente, mediante il materiale iconografico accertato sul monumento, è stato definito ed illustrato, con alcune elaborazioni grafiche, lo stato ante operam nonché i lavori condotti da István Möller alla fine del XIX secolo, i quali, posti in relazione con la cosidetta “cultura delle rovine”, sono stati altresì visti alla luce dei diversificati interventi restaurativi condotti dallo stesso architetto specialmente a Gyulaféhervár e a Pécs, ove si nota un suo progressivo avvicinamento agli indirizzi filologici. L’indagine ha messo in luce che le opere realizzate - oggi vanto della cultura del restauro ungherese - mostrano diretti rapporti con la tendenza “archeologica” e costituiscono un primo stralcio dell’intervento che, successivamente, il mutato clima culturale ha consigliato di considerare definitivo. Un lusinghiero giudizio su questo lavoro è venuto da un collega ungherese, il quale lo ha giudicato l’esame più completo sul restauro di Zsámbék. Una circostanza che sembra confermata dagli studi pubblicati da András Román e Geza Entz in occasione del centenario dell’intervento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.