Nella prima parte di questo saggio si presentano il caso della rifondazione di Megalopoli, distrutta crudelmente da Cleomene III nel 223, e quello della politographia suggerita a Larisa in Tesaglia dal re macedone Filippo V, fra il 217 e il 215 a. C. Ad accomunare questi due episodi, noti l'uno da un capitolo un po' reticente delle Storie di Polibio, l'altro da una celebre iscrizione, è il ruolo dei re macedoni (Antigono Dosone e il suo successore Filippo V) in vicende che riguardano l'assetto proprietario in città alleate, o direttamente soggette al regno (le significative differenze fra la posizione di Larisa e quella di Megalopoli rispetto agli Antigonidi sono analizzate poi da Manuela Mari nella seconda parte del saggio). In entrambi i casi, la spinta verso un allargamento della cittadinanza, realizzabile solo attraverso la redistribuzione delle terre, incontra significative resistenze all'interno della città. A Megalopoli, a suggerire il programma di ampliamento della cittadinanza sono considerazioni di carattere militare, alle quali Polibio sembra conferire una certa plausibilità: la città era caduta per l'estensione eccessiva delle mura e la scarsità della popolazione, insufficiente a difenderle; di qui la proposta di ampliare la cittadinanza; per finanziarla, i possidenti avrebbero dovuto mettere a disposizione un terzo dei loro beni, da distribuire ai nuovi cittadini. Naturalmente, la proposta incontrò la resistenza dei ceti proprietari. È quanto meno possibile che all'origine del progetto di riforma vi fosse anche il legislatore fornito alla città da Antigono Dosone, il filosofo Pritanide. Anche a Larisa, Filippo V aveva suggerito la concessione della cittadinanza non solo per poter coltivare le terre vergognosamente abbandonate nel ricco territorio della polis, ma anche per aumentare la forza della città; ma anche qui, la sua proposta, che doveva necessariamente comportare una redistribuzione delle terre, incontrò tenaci resistenze. Nonostante Filippo V, nella seconda lettera a Larisa, che nasce dal boicottaggio della politographia da lui suggerita, inviti i suoi interlocutori a imitare l'esempio dei Romani, che avrebbero acquistato il dominio dell'Italia proprio grazie alla generosità con cui concedevano la cittadinanza anche agli schiavi liberati, si suggerisce che il reale modello che ispirò tanto le proposte avanzate a Larisa quanto la politica di Filippo V sia piuttosto la politica del re spartano Cleomene III, il promotore della più fortunata redistribuzione delle terre di età ellenistica. Con i suoi nuovi cittadini, Cleomene aveva rimesso in moto la storia del Peloponneso. Che a Megalopoli, che ne era stata vittima, la vicenda di Cleomene dovesse essere presente ai promotori della politographia, sembra innegabile; il coinvolgimento di Filippo V nelle vicende peloponnesiache fa sì che anche al re macedone l'esperienza di Cleomene dovesse apparire un modello su cui riflettere. Si suggerisce dunque che i due casi testimonino un tentativo di recupero moderato della politica di Cleomene III. In questo quadro, si indagano anche una serie di testimonianze epigrafiche, tutte purtroppo di datazione incerta, e spesso di dubbia interpretazione, dalle quali M. Feyel aveva creduto di poter trarre indicazione di una coerente politica di Filippo V in favore dell'ampliamento della cittadinanza nel Peloponneso e nella Grecia centrale e settentrionale. Si analizza anche il giudizio di Feyel sulla responsabilità di Filippo V nella decadenza della Beozia, come delineata da Polibio (XX 4-7), e lo si connette al clima politico degli anni tragici della disfatta militare francese. Complessivamente, dalle politographiai attestate per via epigrafica al caso di Megalopoli, il quadro che emerge è di un'ampia disponibilità di uomini, talora transitati per il mercenariato, interessati ad assumere, o a riguadagnare, la pienezza del ruolo di cittadini e proprietari. A Larisa, Filippo V si dichiara convinto che la loro piena emancipazione avrebbe rafforzato la città e avvantaggiato anche il regno. Così, anche se non è possibile attribuirgli tutte le politographiai attestate, si può almeno affermare che esse andavano nella direzione da lui caldeggiata; coerente con questa politica è il sostegno fornito al gruppo dirigente democratico della Beozia, che con la sospensione dell'amministrazione della giustizia salvava i debitori dallo scadimento in una condizione di dipendenza. A indebolire militarmente il mondo greco, dunque, non fu la politica di Filippo V, ma le resistenze delle classi proprietarie, che Filippo V a Larisa tentò di convincere a fare qualche sacrificio in nome del bene comune; altrove, a Messene, sembrerebbe aver agito con la forza. L'ipotesi di un recupero moderato della politica cleomenica si fece strada non solo a Megalopoli, ma anche a Sparta, fra gli esuli, vittime della politica di Cleomene e del suo emulo Nabide. A Larisa, Filippo V, imboccata la stessa strada, non poté però evocare il modello rivoluzionario di Cleomene, e si orientò piuttosto sul caso romano; ma incontrò lo stesso la resistenza delle classi proprietarie, e dovette intervenire con forza per costringerle a dare applicazione al progetto. Dopo Cinoscefale, proprio in Tessaglia l'intervento di Flaminino fu più deciso; è verosimile che esso abbia preso di mira anche le politographiai introdotte da Filippo a Larissa come forse anche a Farsalo e Falanna. Le classi proprietarie che avevano tentato di boicottare l'ampliamento della cittadinanza sotto Filippo ottennero forse condizioni più favorevoli da Flaminino; ma ancora alla vigilia della terza guerra di Macedonia, in Tessaglia sono attestati aspri conflitti sociali.
Città greche tra conservazione e modelli rivoluzionari. Megalopoli, Larisa e i re macedoni nel III secolo a.C / Thornton, John; Manuela, Mari. - In: STUDI ELLENISTICI. - ISSN 2039-9111. - STAMPA. - 30:(2016), pp. 139-195.
Città greche tra conservazione e modelli rivoluzionari. Megalopoli, Larisa e i re macedoni nel III secolo a.C.
THORNTON, John;
2016
Abstract
Nella prima parte di questo saggio si presentano il caso della rifondazione di Megalopoli, distrutta crudelmente da Cleomene III nel 223, e quello della politographia suggerita a Larisa in Tesaglia dal re macedone Filippo V, fra il 217 e il 215 a. C. Ad accomunare questi due episodi, noti l'uno da un capitolo un po' reticente delle Storie di Polibio, l'altro da una celebre iscrizione, è il ruolo dei re macedoni (Antigono Dosone e il suo successore Filippo V) in vicende che riguardano l'assetto proprietario in città alleate, o direttamente soggette al regno (le significative differenze fra la posizione di Larisa e quella di Megalopoli rispetto agli Antigonidi sono analizzate poi da Manuela Mari nella seconda parte del saggio). In entrambi i casi, la spinta verso un allargamento della cittadinanza, realizzabile solo attraverso la redistribuzione delle terre, incontra significative resistenze all'interno della città. A Megalopoli, a suggerire il programma di ampliamento della cittadinanza sono considerazioni di carattere militare, alle quali Polibio sembra conferire una certa plausibilità: la città era caduta per l'estensione eccessiva delle mura e la scarsità della popolazione, insufficiente a difenderle; di qui la proposta di ampliare la cittadinanza; per finanziarla, i possidenti avrebbero dovuto mettere a disposizione un terzo dei loro beni, da distribuire ai nuovi cittadini. Naturalmente, la proposta incontrò la resistenza dei ceti proprietari. È quanto meno possibile che all'origine del progetto di riforma vi fosse anche il legislatore fornito alla città da Antigono Dosone, il filosofo Pritanide. Anche a Larisa, Filippo V aveva suggerito la concessione della cittadinanza non solo per poter coltivare le terre vergognosamente abbandonate nel ricco territorio della polis, ma anche per aumentare la forza della città; ma anche qui, la sua proposta, che doveva necessariamente comportare una redistribuzione delle terre, incontrò tenaci resistenze. Nonostante Filippo V, nella seconda lettera a Larisa, che nasce dal boicottaggio della politographia da lui suggerita, inviti i suoi interlocutori a imitare l'esempio dei Romani, che avrebbero acquistato il dominio dell'Italia proprio grazie alla generosità con cui concedevano la cittadinanza anche agli schiavi liberati, si suggerisce che il reale modello che ispirò tanto le proposte avanzate a Larisa quanto la politica di Filippo V sia piuttosto la politica del re spartano Cleomene III, il promotore della più fortunata redistribuzione delle terre di età ellenistica. Con i suoi nuovi cittadini, Cleomene aveva rimesso in moto la storia del Peloponneso. Che a Megalopoli, che ne era stata vittima, la vicenda di Cleomene dovesse essere presente ai promotori della politographia, sembra innegabile; il coinvolgimento di Filippo V nelle vicende peloponnesiache fa sì che anche al re macedone l'esperienza di Cleomene dovesse apparire un modello su cui riflettere. Si suggerisce dunque che i due casi testimonino un tentativo di recupero moderato della politica di Cleomene III. In questo quadro, si indagano anche una serie di testimonianze epigrafiche, tutte purtroppo di datazione incerta, e spesso di dubbia interpretazione, dalle quali M. Feyel aveva creduto di poter trarre indicazione di una coerente politica di Filippo V in favore dell'ampliamento della cittadinanza nel Peloponneso e nella Grecia centrale e settentrionale. Si analizza anche il giudizio di Feyel sulla responsabilità di Filippo V nella decadenza della Beozia, come delineata da Polibio (XX 4-7), e lo si connette al clima politico degli anni tragici della disfatta militare francese. Complessivamente, dalle politographiai attestate per via epigrafica al caso di Megalopoli, il quadro che emerge è di un'ampia disponibilità di uomini, talora transitati per il mercenariato, interessati ad assumere, o a riguadagnare, la pienezza del ruolo di cittadini e proprietari. A Larisa, Filippo V si dichiara convinto che la loro piena emancipazione avrebbe rafforzato la città e avvantaggiato anche il regno. Così, anche se non è possibile attribuirgli tutte le politographiai attestate, si può almeno affermare che esse andavano nella direzione da lui caldeggiata; coerente con questa politica è il sostegno fornito al gruppo dirigente democratico della Beozia, che con la sospensione dell'amministrazione della giustizia salvava i debitori dallo scadimento in una condizione di dipendenza. A indebolire militarmente il mondo greco, dunque, non fu la politica di Filippo V, ma le resistenze delle classi proprietarie, che Filippo V a Larisa tentò di convincere a fare qualche sacrificio in nome del bene comune; altrove, a Messene, sembrerebbe aver agito con la forza. L'ipotesi di un recupero moderato della politica cleomenica si fece strada non solo a Megalopoli, ma anche a Sparta, fra gli esuli, vittime della politica di Cleomene e del suo emulo Nabide. A Larisa, Filippo V, imboccata la stessa strada, non poté però evocare il modello rivoluzionario di Cleomene, e si orientò piuttosto sul caso romano; ma incontrò lo stesso la resistenza delle classi proprietarie, e dovette intervenire con forza per costringerle a dare applicazione al progetto. Dopo Cinoscefale, proprio in Tessaglia l'intervento di Flaminino fu più deciso; è verosimile che esso abbia preso di mira anche le politographiai introdotte da Filippo a Larissa come forse anche a Farsalo e Falanna. Le classi proprietarie che avevano tentato di boicottare l'ampliamento della cittadinanza sotto Filippo ottennero forse condizioni più favorevoli da Flaminino; ma ancora alla vigilia della terza guerra di Macedonia, in Tessaglia sono attestati aspri conflitti sociali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.