The historical debate on the facts and on the development over time of the Italian economy is very large and has recently been enriched by new estimates of income and a series of productivity for the whole of Italian history. Between 1861 and 1913 the Italian industrial growth is rather characterized by considerable structural continuity; the major changes in the growth rate were due to instability in the demand for investment goods that interacted with an offer more elastic. During this period the total industrial production (of which the manufacturing dominated the total) grew: extractive industries revealed significant orders of magnitude, and within the manufacturing group riscontravano growth rates are very different. The most dynamic sectors were metallurgy and chemistry followed by the paper industry. As highlighted Fenoaltea Stefano (2006), the sustained growth of investment in the decade depretiano and beautiful epoque visibly Giolitti was transmitted to other sectors: growing

Il dibattito storiografico sui fatti e sullo sviluppo nel tempo dell’economia italiana è molto ampio e di recente è stato arricchito anche da nuove stime del reddito e da una serie della produttività per tutto l’arco della storia d’Italia. Tra il 1861 ed il 1913 la crescita industriale italiana risulta caratterizzata piuttosto da una notevole continuità strutturale; i mutamenti di rilievo del tasso di crescita erano dovuti all’instabilità della domanda di beni di investimento che interagiva con una offerta sempre elastica. Durante questo arco temporale la produzione industriale complessiva (di cui quella manifatturiera dominava il totale) cresceva: le industrie estrattive rivelarono significativi ordini di grandezza e all’interno del gruppo manifatturiero si riscontravano tassi di crescita molto diversi. I settori più dinamici erano la metallurgia e la chimica seguiti dal settore cartario. Come ha evidenziato Stefano Fenoaltea (2006), la crescita sostenuta degli investimenti nel decennio depretiano e della bella epoque giolittiana si trasmise visibilmente agli altri settori: crescevano la produzione industriale di beni non durevoli, i servizi, i salari reali, i consumi complessivi. Il ciclo degli investimenti dell’economia complessiva era legato ai mercati finanziari internazionali: gli investimenti crescevano in Italia quando si riversavano i capitali stranieri, si riducevano quando questi si ritiravano. La prima ondata di tali investimenti fu favorita dalla stessa Unità nazionale: fu poi l’Italia stessa che con i suoi successi e i suoi insuccessi creò e poi intaccò la fiducia dei risparmiatori stranieri. Negli anni successivi il ciclo italiano fu parte di un ciclo più ampio, mondiale, dovuto ai mutamenti della fiducia dei risparmiatori del centro inglese in tutta la periferia finanziaria: fu un ciclo che l’Italia subì. I movimenti ciclici dell’economia italiana, quindi, non sembravano dipendere dalle azioni dei governi: l’effetto delle politiche economiche si vede nel tasso medio di crescita, nella trasformazione effettiva e limitata dell’economia, nel progresso notevole ma pur sempre deludente. Certo gli italiani nel 1913 erano più numerosi che nel 1861, producevano e consumavano di più ed erano più sani e meglio istruiti. In particolare, tra il 1896 e il 1913, come sottolinea Gianni Toniolo (2011), il Pil per abitante crebbe in media dell’1,5% annuo, la produzione industriale pro-capite del 3% e il divario di reddito rispetto ai paesi più avanzati cominciò a ridursi per la prima volta dal diciassettesimo secolo. Con l’entrata in guerra dell’Italia si registrò un forte cambiamento dovuto ad una rapida attuazione di una “economia di guerra”: fu creato un Ministero delle armi e munizioni, un Comitato Centrale e diversi Comitati Regionali di mobilitazione industriale, incaricati dell’assegnazione delle materie prime e della mano d’opera all’industria, e della disciplina degli operai, così come era avvenuto in Germania, in Francia e in Inghilterra. In generale, tutti i Paesi belligeranti attuarono una economia controllata e diretta dallo Stato in tutte le sue attività collegate con le necessità militari: ciò comportò la creazione di metodi che anche dopo la fine della guerra esercitarono una forte influenza sulla politica economica della maggior parte degli Stati. Alla luce di ciò, le politiche economiche non nascono sempre dagli interessi costituiti e non sempre i governanti usano il potere per servire interessi di “casta” o addirittura personali. Però, più i governanti vogliono stimolare lo sviluppo del paese, più diventa importante la loro cultura, soprattutto storico-economica, e l’interpretazione del passato fornita dagli storici: è proprio questa che plasma i giudizi sull’efficacia di un intervento e le strategie migliori per intervenire. Questo contributo intende, dunque, analizzare la situazione economica e finanziaria italiana in rapporto anche alle performance degli altri Stati Europei e non.

Politica economica e finanza dell’Italia nella Grande Guerra / Strangio, Donatella. - STAMPA. - (2015), pp. 185-196. (Intervento presentato al convegno La Neutralità 1914-1915 tenutosi a Roma).

Politica economica e finanza dell’Italia nella Grande Guerra

STRANGIO, Donatella
2015

Abstract

The historical debate on the facts and on the development over time of the Italian economy is very large and has recently been enriched by new estimates of income and a series of productivity for the whole of Italian history. Between 1861 and 1913 the Italian industrial growth is rather characterized by considerable structural continuity; the major changes in the growth rate were due to instability in the demand for investment goods that interacted with an offer more elastic. During this period the total industrial production (of which the manufacturing dominated the total) grew: extractive industries revealed significant orders of magnitude, and within the manufacturing group riscontravano growth rates are very different. The most dynamic sectors were metallurgy and chemistry followed by the paper industry. As highlighted Fenoaltea Stefano (2006), the sustained growth of investment in the decade depretiano and beautiful epoque visibly Giolitti was transmitted to other sectors: growing
2015
La Neutralità 1914-1915
Il dibattito storiografico sui fatti e sullo sviluppo nel tempo dell’economia italiana è molto ampio e di recente è stato arricchito anche da nuove stime del reddito e da una serie della produttività per tutto l’arco della storia d’Italia. Tra il 1861 ed il 1913 la crescita industriale italiana risulta caratterizzata piuttosto da una notevole continuità strutturale; i mutamenti di rilievo del tasso di crescita erano dovuti all’instabilità della domanda di beni di investimento che interagiva con una offerta sempre elastica. Durante questo arco temporale la produzione industriale complessiva (di cui quella manifatturiera dominava il totale) cresceva: le industrie estrattive rivelarono significativi ordini di grandezza e all’interno del gruppo manifatturiero si riscontravano tassi di crescita molto diversi. I settori più dinamici erano la metallurgia e la chimica seguiti dal settore cartario. Come ha evidenziato Stefano Fenoaltea (2006), la crescita sostenuta degli investimenti nel decennio depretiano e della bella epoque giolittiana si trasmise visibilmente agli altri settori: crescevano la produzione industriale di beni non durevoli, i servizi, i salari reali, i consumi complessivi. Il ciclo degli investimenti dell’economia complessiva era legato ai mercati finanziari internazionali: gli investimenti crescevano in Italia quando si riversavano i capitali stranieri, si riducevano quando questi si ritiravano. La prima ondata di tali investimenti fu favorita dalla stessa Unità nazionale: fu poi l’Italia stessa che con i suoi successi e i suoi insuccessi creò e poi intaccò la fiducia dei risparmiatori stranieri. Negli anni successivi il ciclo italiano fu parte di un ciclo più ampio, mondiale, dovuto ai mutamenti della fiducia dei risparmiatori del centro inglese in tutta la periferia finanziaria: fu un ciclo che l’Italia subì. I movimenti ciclici dell’economia italiana, quindi, non sembravano dipendere dalle azioni dei governi: l’effetto delle politiche economiche si vede nel tasso medio di crescita, nella trasformazione effettiva e limitata dell’economia, nel progresso notevole ma pur sempre deludente. Certo gli italiani nel 1913 erano più numerosi che nel 1861, producevano e consumavano di più ed erano più sani e meglio istruiti. In particolare, tra il 1896 e il 1913, come sottolinea Gianni Toniolo (2011), il Pil per abitante crebbe in media dell’1,5% annuo, la produzione industriale pro-capite del 3% e il divario di reddito rispetto ai paesi più avanzati cominciò a ridursi per la prima volta dal diciassettesimo secolo. Con l’entrata in guerra dell’Italia si registrò un forte cambiamento dovuto ad una rapida attuazione di una “economia di guerra”: fu creato un Ministero delle armi e munizioni, un Comitato Centrale e diversi Comitati Regionali di mobilitazione industriale, incaricati dell’assegnazione delle materie prime e della mano d’opera all’industria, e della disciplina degli operai, così come era avvenuto in Germania, in Francia e in Inghilterra. In generale, tutti i Paesi belligeranti attuarono una economia controllata e diretta dallo Stato in tutte le sue attività collegate con le necessità militari: ciò comportò la creazione di metodi che anche dopo la fine della guerra esercitarono una forte influenza sulla politica economica della maggior parte degli Stati. Alla luce di ciò, le politiche economiche non nascono sempre dagli interessi costituiti e non sempre i governanti usano il potere per servire interessi di “casta” o addirittura personali. Però, più i governanti vogliono stimolare lo sviluppo del paese, più diventa importante la loro cultura, soprattutto storico-economica, e l’interpretazione del passato fornita dagli storici: è proprio questa che plasma i giudizi sull’efficacia di un intervento e le strategie migliori per intervenire. Questo contributo intende, dunque, analizzare la situazione economica e finanziaria italiana in rapporto anche alle performance degli altri Stati Europei e non.
politica economica; grande guerra; finanza pubblica
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Politica economica e finanza dell’Italia nella Grande Guerra / Strangio, Donatella. - STAMPA. - (2015), pp. 185-196. (Intervento presentato al convegno La Neutralità 1914-1915 tenutosi a Roma).
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Strangio_Politica-Economica-Finanza_2015.pdf

solo gestori archivio

Tipologia: Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 2.92 MB
Formato Adobe PDF
2.92 MB Adobe PDF   Contatta l'autore

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/760665
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact