Come my friends, it is not too late to seek a newer world Tennyson L’area del Mediterraneo si presenta agli occhi dello studioso come un display a caratteri mobili delle ferite e delle sofferenze della modernità. Storicamente associata alla continua accumulazione di alta cultura e alle civiltà classiche, il Mediterraneo, “questo spazio in movimento“(Umberto Cerroni, 2000) vive attualmente la lacerante esperienza della diversità delle sue sponde, della crisi economica di un’Europa in cui si riconosce solo in parte, delle rivoluzioni civili e del bisogno di conciliazione tra le riva nord e sud del Mare. Ripiegatesi sulla loro storia, le culture mediterranee manifestano alcuni tratti comuni, tra i quali l’immobilità e la difficoltà di agire e uscire da questa riflessività che le tiene bloccate a lungo. Tanto da sfociare, spesso in rivoluzioni, com’è accaduto per le società del Maghreb. Ma non è la rivoluzione la via d’uscita verso la coltivazione di un nuovo senso dello stare insieme, crescendo e facendo crescere le culture e i Paesi Mediterranei. La chiave di lettura potrebbe essere quella della transizione, come l’adolescenza, che ci costringe a un lungo rito di passaggio dall’infanzia verso l’età degli obblighi e dei riconoscimenti. Rieducarci a una convivenza mediterranea ci potrebbe aiutare a uscire dalle secche di un eccessivo individualismo e a sviluppare una cultura dell’accoglienza e del dialogo nei confronti dell’altro, sospeso tra desiderio di modernità e rancore per essere spesso lasciato ai margini, non integrato, appunto. L’incontro tra quelli che si isolano nella loro fragilità soggettiva e i protagonisti disarmati della voglia di essere come gli altri potrebbe essere il segreto per una nuova relazionalità, fondante per una comunità allargata del Mediterraneo. Tuttavia, per fare questo passo, c’è bisogno di una comune presa di coscienza dei punti di forza, delle radici culturali, come delle difficoltà, dei pre-giudizi e delle condizioni oggettive di partenza. E il ruolo di narratori transnazionali del Mediterraneo dovrebbe spettare ai media tradizionali e innovativi. Intorno all’esperienza mediatica continua a ridefinirsi il senso del comune, anche in una società sempre più multiculturale e, proprio per questo, bisognosa di nuove fondamenta simboliche.

Guardarsi negli occhi. I media come ponti fra le culture / Gavrila, Mihaela. - (2013). (Intervento presentato al convegno Verso una sociologia del Mediterraneo tenutosi a Università del Salento, Brindisi - Lecce nel 7 maggio 2013).

Guardarsi negli occhi. I media come ponti fra le culture

GAVRILA, Mihaela
2013

Abstract

Come my friends, it is not too late to seek a newer world Tennyson L’area del Mediterraneo si presenta agli occhi dello studioso come un display a caratteri mobili delle ferite e delle sofferenze della modernità. Storicamente associata alla continua accumulazione di alta cultura e alle civiltà classiche, il Mediterraneo, “questo spazio in movimento“(Umberto Cerroni, 2000) vive attualmente la lacerante esperienza della diversità delle sue sponde, della crisi economica di un’Europa in cui si riconosce solo in parte, delle rivoluzioni civili e del bisogno di conciliazione tra le riva nord e sud del Mare. Ripiegatesi sulla loro storia, le culture mediterranee manifestano alcuni tratti comuni, tra i quali l’immobilità e la difficoltà di agire e uscire da questa riflessività che le tiene bloccate a lungo. Tanto da sfociare, spesso in rivoluzioni, com’è accaduto per le società del Maghreb. Ma non è la rivoluzione la via d’uscita verso la coltivazione di un nuovo senso dello stare insieme, crescendo e facendo crescere le culture e i Paesi Mediterranei. La chiave di lettura potrebbe essere quella della transizione, come l’adolescenza, che ci costringe a un lungo rito di passaggio dall’infanzia verso l’età degli obblighi e dei riconoscimenti. Rieducarci a una convivenza mediterranea ci potrebbe aiutare a uscire dalle secche di un eccessivo individualismo e a sviluppare una cultura dell’accoglienza e del dialogo nei confronti dell’altro, sospeso tra desiderio di modernità e rancore per essere spesso lasciato ai margini, non integrato, appunto. L’incontro tra quelli che si isolano nella loro fragilità soggettiva e i protagonisti disarmati della voglia di essere come gli altri potrebbe essere il segreto per una nuova relazionalità, fondante per una comunità allargata del Mediterraneo. Tuttavia, per fare questo passo, c’è bisogno di una comune presa di coscienza dei punti di forza, delle radici culturali, come delle difficoltà, dei pre-giudizi e delle condizioni oggettive di partenza. E il ruolo di narratori transnazionali del Mediterraneo dovrebbe spettare ai media tradizionali e innovativi. Intorno all’esperienza mediatica continua a ridefinirsi il senso del comune, anche in una società sempre più multiculturale e, proprio per questo, bisognosa di nuove fondamenta simboliche.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/735260
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact