La discriminazione contro le donne si nasconde spesso dietro tradizioni ancestrali che si sono trasformate in consuetudini, prendendo la veste giuridica di regole scritte o non scritte. Una delle forme più diffusa ed insidiosa di discriminazione contro le donne consiste nell’implicita negazione, da parte della maggioranza degli ordinamenti giuridici nazionali, del riconoscimento del diritto delle donne di trasmettere il loro cognome ai propri figli. La grande maggioranza degli Stati, infatti, prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno ai neonati concepiti in costanza di matrimonio dei propri genitori. La particolare insidiosità di questa pratica sta nel fatto che essa non solo discrimina le donne in quanto madri, ma discrimina le donne anche come figlie, poiché spesso causa una sovente inconfessata preferenza dei genitori, e del padre in particolare, per i figli nati maschi. La ragione di questa preferenza risiede principalmente nella capacità (titolarità) del figlio maschio di perpetuare il cognome del padre. La presente ricerca si propone di evidenziare le pratiche discriminatorie di cui si è detto prendendo in esame la normativa pertinente che si rinviene sia nei vari diritti nazionali, che nel diritto internazionale, che in quello dell’Unione europea. Questa rassegna sarà propedeutica all’individuazione di soluzioni giuridiche molto complesse e sofisticate perché, se da un lato tali soluzioni devono porre fine all’automatica attribuzione ai neonati del cognome paterno, dall’altro devono evitare di produrre l’effetto contrario ma egualmente indesiderato di imporre il solo cognome materno.
Progetto di Ricerca di Università Sapienza 2014 / Fabbricotti, Alberta. - (2014).
Progetto di Ricerca di Università Sapienza 2014
FABBRICOTTI, Alberta
2014
Abstract
La discriminazione contro le donne si nasconde spesso dietro tradizioni ancestrali che si sono trasformate in consuetudini, prendendo la veste giuridica di regole scritte o non scritte. Una delle forme più diffusa ed insidiosa di discriminazione contro le donne consiste nell’implicita negazione, da parte della maggioranza degli ordinamenti giuridici nazionali, del riconoscimento del diritto delle donne di trasmettere il loro cognome ai propri figli. La grande maggioranza degli Stati, infatti, prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno ai neonati concepiti in costanza di matrimonio dei propri genitori. La particolare insidiosità di questa pratica sta nel fatto che essa non solo discrimina le donne in quanto madri, ma discrimina le donne anche come figlie, poiché spesso causa una sovente inconfessata preferenza dei genitori, e del padre in particolare, per i figli nati maschi. La ragione di questa preferenza risiede principalmente nella capacità (titolarità) del figlio maschio di perpetuare il cognome del padre. La presente ricerca si propone di evidenziare le pratiche discriminatorie di cui si è detto prendendo in esame la normativa pertinente che si rinviene sia nei vari diritti nazionali, che nel diritto internazionale, che in quello dell’Unione europea. Questa rassegna sarà propedeutica all’individuazione di soluzioni giuridiche molto complesse e sofisticate perché, se da un lato tali soluzioni devono porre fine all’automatica attribuzione ai neonati del cognome paterno, dall’altro devono evitare di produrre l’effetto contrario ma egualmente indesiderato di imporre il solo cognome materno.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.