Con riferimento ad alcune recenti decisioni della Sezione Lavoro della Suprema Corte viene affrontato il tema della maggior ampiezza e dei necessari limiti imposti dal rito speciale ai più ampi ed incisivi poteri istruttori del giudice del lavoro, che il legislatore ha voluto orientare nella ricerca della “verità materiale”. Passando in rassegna la dottrina che ha definito il potere istruttorio del giudice del lavoro “semi-inquisitorio” o “semi-dispositivo” e riflettendo ancora sul presumibile intento, anche del legislatore processuale, di riequilibrare le forze in campo e di offrire una “miglior tutela” alla parte debole del rapporto ma escludendo la possibilità di svolgere funzioni “supplenti” rispetto a lacune incolmabili delle allegazioni di fatto e delle richieste istruttorie articolate dai difensori delle parti incorsi in decadenze, lo scritto “osserva” alcuni atteggiamenti troppo “timidi” e sin troppo rispettosi dei limiti delle istanze istruttorie articolate delle parti e del principio dispositivo ed altri “esuberanti”, cioè caratterizzati da sorprendenti slanci inquisitori. Ci si chiede se le scelte sommarizzanti, anche nel lavoro (prima fase del rito veloce sui licenziamenti) stiano influenzando anche l’esercizio di tali poteri, sacrificando la formazione delle prove nel processo ed inducendo i giudici a surrogarle con il sempre più frequente esercizio del potere acquisitivo dei verbali di prove testimoniali raccolte in altri processi, con l’utilizzo esplorativo degli ordini di esibizione, l’utilizzo di dichiarazioni scritte rese fuori dal processo, le risposte all’interrogatorio libero e al comportamento processuale della parte che risponde, senza confessare, all’interrogatorio formale. Si tenta, quindi, di richiamare le necessarie differenze tra prove ed argomenti di prova, tra prove costituende a mezzo di testimoni e risposte degli “informatori”. Ma soprattutto ci si chiede se sono ancora attuali, concreti e chiari i pericoli che possono discendere, oltre che dalla sommarietà dell’istruzione della causa, dall’utilizzo delle “prove atipiche”. Nelle conclusioni, che “difendono” i mezzi formali di prova, emerge l’auspicio di una necessaria evoluzione, non solo legislativa, dalla nozione di ragionevole durata a quella di ragionevole qualità del processo

Il prudente esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte del giudice del lavoro. (Riflessioni su alcune recenti decisioni della Suprema Corte) / Bolognesi, Riccardo. - In: JUDICIUM. - ISSN 2533-0632. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 1-19.

Il prudente esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte del giudice del lavoro. (Riflessioni su alcune recenti decisioni della Suprema Corte)

BOLOGNESI, Riccardo
2014

Abstract

Con riferimento ad alcune recenti decisioni della Sezione Lavoro della Suprema Corte viene affrontato il tema della maggior ampiezza e dei necessari limiti imposti dal rito speciale ai più ampi ed incisivi poteri istruttori del giudice del lavoro, che il legislatore ha voluto orientare nella ricerca della “verità materiale”. Passando in rassegna la dottrina che ha definito il potere istruttorio del giudice del lavoro “semi-inquisitorio” o “semi-dispositivo” e riflettendo ancora sul presumibile intento, anche del legislatore processuale, di riequilibrare le forze in campo e di offrire una “miglior tutela” alla parte debole del rapporto ma escludendo la possibilità di svolgere funzioni “supplenti” rispetto a lacune incolmabili delle allegazioni di fatto e delle richieste istruttorie articolate dai difensori delle parti incorsi in decadenze, lo scritto “osserva” alcuni atteggiamenti troppo “timidi” e sin troppo rispettosi dei limiti delle istanze istruttorie articolate delle parti e del principio dispositivo ed altri “esuberanti”, cioè caratterizzati da sorprendenti slanci inquisitori. Ci si chiede se le scelte sommarizzanti, anche nel lavoro (prima fase del rito veloce sui licenziamenti) stiano influenzando anche l’esercizio di tali poteri, sacrificando la formazione delle prove nel processo ed inducendo i giudici a surrogarle con il sempre più frequente esercizio del potere acquisitivo dei verbali di prove testimoniali raccolte in altri processi, con l’utilizzo esplorativo degli ordini di esibizione, l’utilizzo di dichiarazioni scritte rese fuori dal processo, le risposte all’interrogatorio libero e al comportamento processuale della parte che risponde, senza confessare, all’interrogatorio formale. Si tenta, quindi, di richiamare le necessarie differenze tra prove ed argomenti di prova, tra prove costituende a mezzo di testimoni e risposte degli “informatori”. Ma soprattutto ci si chiede se sono ancora attuali, concreti e chiari i pericoli che possono discendere, oltre che dalla sommarietà dell’istruzione della causa, dall’utilizzo delle “prove atipiche”. Nelle conclusioni, che “difendono” i mezzi formali di prova, emerge l’auspicio di una necessaria evoluzione, non solo legislativa, dalla nozione di ragionevole durata a quella di ragionevole qualità del processo
2014
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Il prudente esercizio dei poteri istruttori officiosi da parte del giudice del lavoro. (Riflessioni su alcune recenti decisioni della Suprema Corte) / Bolognesi, Riccardo. - In: JUDICIUM. - ISSN 2533-0632. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 1-19.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/726715
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact