Oggi la modellazione tridimensionale al computer restituisce una immagine molto attendibile dei progetti, la loro simulazione 3D consente di avere una effettiva idea del risultato finale. Tuttavia in molti casi il ricorso a modelli reali sotto forma di prototipi fisici risulta insostituibile, sia per verifiche a livello compositivo (ad esempio per valutare l'impatto ambientale di soluzioni volumetriche complesse), o funzionale (ad esempio per effettuare prove di fluidodinamica) nel corso della progettazione, o per la presentazione del progetto al committente. Accanto alle classiche tecniche artigianali di realizzazione dei plastici con legno, gesso, materiali polimerici, resine e gomme, si va negli ultimi anni diffondendo l’uso di macchinari sofisticati di ausilio alle realizzazioni che si affiancano ai tradizionali seghetti e taglierini quali le fresatrici CNC ad alta velocità. Macchinari a controllo numerico che consentono la lavorazione di materiali diversi in tempi ridotti con metodologia “sottrattiva”: gli utensili della macchina tolgono il materiale fino ad ottenere la forma richiesta. Un mix di lavorazioni artigianali e tecnologie avanzate permette di realizzare plastici sempre più rispondenti all’idea progettuale, o, al contrario, più astratti e caratterizzati ma di forte impatto, grazie anche all’illuminazione integrata che può creare effetti di grande suggestione. Si è, però, ancora nell’ambito delle tecniche convenzionali. La vera rivoluzione nel campo dei modelli sono le tecnologie di Rapid Prototyping (RP) con le quali è possibile realizzare oggetti dalle geometrie anche molto complesse. Si tratta di processi automatizzati di tipo “additivo”, che si concludono nel giro di un tempo molto limitato – generalmente poche ore, massimo qualche giorno - partendo direttamente dal modello matematico realizzato con CAD tridimensionale. Nate in campo manifatturiero e aeronautico per la realizzazione di ingranaggi e pezzi meccanici in forma di prototipi, piccole serie, o per la realizzazione di stampi, si sono rapidamente estese al settore del design, della componentistica edilizia e, più di recente, anche alla realizzazione di plastici architettonici e urbanistici. Infatti se le dimensioni del modello superano il volume di lavoro delle macchine è possibile realizzare più pezzi separatamente e procedere al successivo incollaggio. La velocità di realizzazione rende tali prototipi uno strumento di verifica immediato del progetto. Con il Rapid Prototyping l’oggetto viene realizzato tramite aggiunta di strati successivi - layer by layer - di materiali grezzi che possono presentarsi sotto forma di liquidi, polveri, fili o laminati secondo i diversi metodi impiegati. L’idea fondativa delle tecnologie additive ruota attorno al presupposto che ogni oggetto possa essere scomposto in molteplici sezioni di spessore molto ridotto. Secondo questo principio il modello 3D – dopo la conversione tramite software di gestione delle macchine di RP che provvede anche alla triangolazione delle superfici interne ed esterne all’oggetto - viene frazionato in infinitesimi strati bidimensionali (slicing), corrispondenti alla successione dei depositi di materiale. Infatti quando si assiste alla realizzazione degli oggetti con tale tecnica, questi sembrano “sorgere”: materializzarsi a poco a poco a partire dalla loro parte inferiore. L’apporto successivo di piccoli strati di materiale consente di realizzare con estrema precisione non solo forme complesse, ma anche sottosquadri e cavità interne. I prototipi così prodotti richiedono operazioni post trattamento di diversa natura secondo la tecnologia impiegata (rimozione di eventuali supporti necessari durante la formatura, pulitura, finitura superficiale per uniformare i vari strati), tali operazioni generalmente sono di modesta entità. I primi sistemi di solidificazione per strati successivi di fotopolimeri furono messi a punto, separatamente, alla fine degli anni ’70 dal giapponese Kodama e dagli americani Herbert e Hull. Charles W. Hull brevettò nel 1986 il sistema della stereolitografia e fondò la società 3D Systems Inc., capostipite del settore. Da allora la diffusione dei sistemi CAD e il miglioramento continuo delle tecnologie additive per quel che riguarda la compressione dei tempi di lavorazione, la riduzione delle tolleranze dimensionali e il miglioramento delle finiture superficiali degli oggetti realizzati, ha fatto sì che questi nuovi metodi di produzione si affermassero quale valido supporto alla progettazione just in time. Le diverse tecniche di Rapid Prototyping possono essere classificate in base al materiale utilizzato per la realizzazione del prototipo: fotopolimero, termoplastico o adesivo. Nei sistemi fotopolimerici la materia di partenza è una resina liquida, che viene solidificata tramite l’esposizione ad una specifica lunghezza d’onda luminosa. I sistemi che usano termoplastici partono da un materiale solido, che viene fuso e successivamente raffreddato nella forma richiesta. I sistemi adesivi utilizzano un legante per connettere il materiale di costruzione primario. Nell’ambito del Rapid Prototyping la Stereolitogrfia (SLA) è ancora oggi uno dei processi più diffusi. In una vasca colma di resina liquida fotosensibile un raggio laser ultravioletto orientato opportunamente tramite specchi e guidato da un sistema di controllo, consente la realizzazione del prototipo grazie all’indurimento, strato dopo strato, della resina secondo il piano previsto dallo slicing. All’interno della vasca è posizionato un elevatore – una griglia orizzontale che permette la fuoriuscita della resina in eccesso – che si alza man mano che il modello si forma. La solidificazione del pezzo viene completata in un forno dotato di lampade UV. Un’altra tecnologia di Rapyd Prototyping è la modellazione mediante depositi di filamenti (FDM), nella quale le sezioni del modello sono realizzate grazie all’estrusione e alla deposizione di materiale allo stato fuso (polimeri o cere, con basso punto di fusione), e non tramite polimerizzazione. Un ugello, come se fosse un plotter, deposita i successivi strati. Non essendoci raggi laser e non impiegando materiali che liberano sostanze tossiche, questa tecnologia può essere impiegata anche negli stessi uffici tecnici.

Modelli iper-realistici con le nuove tecnologie / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 14:(2008), pp. 11-11.

Modelli iper-realistici con le nuove tecnologie

CECCHINI, Cecilia
2008

Abstract

Oggi la modellazione tridimensionale al computer restituisce una immagine molto attendibile dei progetti, la loro simulazione 3D consente di avere una effettiva idea del risultato finale. Tuttavia in molti casi il ricorso a modelli reali sotto forma di prototipi fisici risulta insostituibile, sia per verifiche a livello compositivo (ad esempio per valutare l'impatto ambientale di soluzioni volumetriche complesse), o funzionale (ad esempio per effettuare prove di fluidodinamica) nel corso della progettazione, o per la presentazione del progetto al committente. Accanto alle classiche tecniche artigianali di realizzazione dei plastici con legno, gesso, materiali polimerici, resine e gomme, si va negli ultimi anni diffondendo l’uso di macchinari sofisticati di ausilio alle realizzazioni che si affiancano ai tradizionali seghetti e taglierini quali le fresatrici CNC ad alta velocità. Macchinari a controllo numerico che consentono la lavorazione di materiali diversi in tempi ridotti con metodologia “sottrattiva”: gli utensili della macchina tolgono il materiale fino ad ottenere la forma richiesta. Un mix di lavorazioni artigianali e tecnologie avanzate permette di realizzare plastici sempre più rispondenti all’idea progettuale, o, al contrario, più astratti e caratterizzati ma di forte impatto, grazie anche all’illuminazione integrata che può creare effetti di grande suggestione. Si è, però, ancora nell’ambito delle tecniche convenzionali. La vera rivoluzione nel campo dei modelli sono le tecnologie di Rapid Prototyping (RP) con le quali è possibile realizzare oggetti dalle geometrie anche molto complesse. Si tratta di processi automatizzati di tipo “additivo”, che si concludono nel giro di un tempo molto limitato – generalmente poche ore, massimo qualche giorno - partendo direttamente dal modello matematico realizzato con CAD tridimensionale. Nate in campo manifatturiero e aeronautico per la realizzazione di ingranaggi e pezzi meccanici in forma di prototipi, piccole serie, o per la realizzazione di stampi, si sono rapidamente estese al settore del design, della componentistica edilizia e, più di recente, anche alla realizzazione di plastici architettonici e urbanistici. Infatti se le dimensioni del modello superano il volume di lavoro delle macchine è possibile realizzare più pezzi separatamente e procedere al successivo incollaggio. La velocità di realizzazione rende tali prototipi uno strumento di verifica immediato del progetto. Con il Rapid Prototyping l’oggetto viene realizzato tramite aggiunta di strati successivi - layer by layer - di materiali grezzi che possono presentarsi sotto forma di liquidi, polveri, fili o laminati secondo i diversi metodi impiegati. L’idea fondativa delle tecnologie additive ruota attorno al presupposto che ogni oggetto possa essere scomposto in molteplici sezioni di spessore molto ridotto. Secondo questo principio il modello 3D – dopo la conversione tramite software di gestione delle macchine di RP che provvede anche alla triangolazione delle superfici interne ed esterne all’oggetto - viene frazionato in infinitesimi strati bidimensionali (slicing), corrispondenti alla successione dei depositi di materiale. Infatti quando si assiste alla realizzazione degli oggetti con tale tecnica, questi sembrano “sorgere”: materializzarsi a poco a poco a partire dalla loro parte inferiore. L’apporto successivo di piccoli strati di materiale consente di realizzare con estrema precisione non solo forme complesse, ma anche sottosquadri e cavità interne. I prototipi così prodotti richiedono operazioni post trattamento di diversa natura secondo la tecnologia impiegata (rimozione di eventuali supporti necessari durante la formatura, pulitura, finitura superficiale per uniformare i vari strati), tali operazioni generalmente sono di modesta entità. I primi sistemi di solidificazione per strati successivi di fotopolimeri furono messi a punto, separatamente, alla fine degli anni ’70 dal giapponese Kodama e dagli americani Herbert e Hull. Charles W. Hull brevettò nel 1986 il sistema della stereolitografia e fondò la società 3D Systems Inc., capostipite del settore. Da allora la diffusione dei sistemi CAD e il miglioramento continuo delle tecnologie additive per quel che riguarda la compressione dei tempi di lavorazione, la riduzione delle tolleranze dimensionali e il miglioramento delle finiture superficiali degli oggetti realizzati, ha fatto sì che questi nuovi metodi di produzione si affermassero quale valido supporto alla progettazione just in time. Le diverse tecniche di Rapid Prototyping possono essere classificate in base al materiale utilizzato per la realizzazione del prototipo: fotopolimero, termoplastico o adesivo. Nei sistemi fotopolimerici la materia di partenza è una resina liquida, che viene solidificata tramite l’esposizione ad una specifica lunghezza d’onda luminosa. I sistemi che usano termoplastici partono da un materiale solido, che viene fuso e successivamente raffreddato nella forma richiesta. I sistemi adesivi utilizzano un legante per connettere il materiale di costruzione primario. Nell’ambito del Rapid Prototyping la Stereolitogrfia (SLA) è ancora oggi uno dei processi più diffusi. In una vasca colma di resina liquida fotosensibile un raggio laser ultravioletto orientato opportunamente tramite specchi e guidato da un sistema di controllo, consente la realizzazione del prototipo grazie all’indurimento, strato dopo strato, della resina secondo il piano previsto dallo slicing. All’interno della vasca è posizionato un elevatore – una griglia orizzontale che permette la fuoriuscita della resina in eccesso – che si alza man mano che il modello si forma. La solidificazione del pezzo viene completata in un forno dotato di lampade UV. Un’altra tecnologia di Rapyd Prototyping è la modellazione mediante depositi di filamenti (FDM), nella quale le sezioni del modello sono realizzate grazie all’estrusione e alla deposizione di materiale allo stato fuso (polimeri o cere, con basso punto di fusione), e non tramite polimerizzazione. Un ugello, come se fosse un plotter, deposita i successivi strati. Non essendoci raggi laser e non impiegando materiali che liberano sostanze tossiche, questa tecnologia può essere impiegata anche negli stessi uffici tecnici.
2008
Rapid Prototyping; tecnologie additive; modellazione tridimensionale
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Modelli iper-realistici con le nuove tecnologie / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 14:(2008), pp. 11-11.
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