L’intervento è centrato sui risultati di un lungo lavoro di ricerca empirica durato tre anni sui processi di costruzione identitaria in contesti di lavoro precario. Rispetto al piano empirico, sono state raccolte 35 testimonianze di giovani lavoratori atipici: persone che hanno un lavoro che offre garanzie limitate, in termini di durata del rapporto, di accesso alla copertura previdenziale e di ammortizzatori sociali. Nell’indagine si è scelto di porre l’attenzione sugli aspetti soggettivi e, quindi, sulle biografie individuali dei lavoratori poiché l’obiettivo è stato quello di comprendere - in senso weberiano - come l’instabilità si relazioni con il processo di definizione dell’identità. Negli ultimi tempi, il termine identità è sempre più spesso utilizzato aggettivato da mass media, politici e intellettuali: identità culturale, identità religiosa, identità nazionale, identità collettiva, identità personale, identità politica, ecc. Tra le varie “identità” che connotano le persone - e all’interno dei molteplici campi che riguardano il problema identitario - dal lavoro di ricerca effettuato emerge quanto sia rilevante il concetto di identità posto in relazione all’attività lavorativa. Le biografie si costruiscono giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, con il considerevole supporto della famiglia d’origine, la quale gioca un ruolo fondamentale nell’ammortizzare i rischi ai quali è esposto l’individuo oggi, sempre più spesso intrappolato in contratti di lavoro a breve termine. Infatti, il lavoro, nonostante il suo crescente «rarefarsi», costituisce ancora uno strumento indispensabile per definire se stessi e per raccontarsi agli altri . A tutt’oggi, le persone vengono individuate socialmente in primis in base alla loro attività lavorativa e allo status sociale, ma anche l’autostima e la costruzione sociale del Sé costituiscono elementi fortemente legati al lavoro. Robert M. Solow sottolinea che «il modo in cui gli altri ci guardano, ed il modo con il quale ci vediamo noi stessi dipende dal reddito e, ad un dato livello di red-dito, dal lavoro». Inoltre, Jean-Claude Barbier e Henri Nadel evidenziano che «l’esercizio del lavoro all’interno di una occupazione fornisce all’individuo il mezzo per partecipare ad un piacere collettivo, che costituisce una delle condizioni per la costruzione della sua identità»; come ha dimostrato lo stesso Émile Durkheim nel suo La divisione del lavoro sociale, il lavoro permette la realizzazione di sé e si situa al centro e alla base del legame sociale, giacché rappresenta quell’attività essenziale grazie alla quale l’uomo stabilisce un contatto con la sua esteriorità e con gli altri uomini . Attualmente, aspetti basilari della vita dell’individuo come il lavoro sono affidati a meccanismi di mercato, senza considerare che ciò può portare alla distruzione della società stessa, anche laddove essa metta in atto misure di auto-protezione che arginano l’espansione del mercato . Gli aspetti della sfera economica con effetti potenzialmente distruttivi sulla società sono numerosi e possono essere la causa dei conflitti che emergono e che si intersecano con le dinamiche proprie della sfera sociale. Questo è tanto più vero se si tiene conto del fatto che il mercato del lavoro - come ricorda Solow - è costituito da persone che sul lavoro costruiscono la propria vita e dal lavoro traggono i mezzi di sussistenza, compiendo scelte la cui responsabilità risulta essere strettamente individuale. Per questi motivi, esso dovrebbe essere considerato una vera e propria istituzione sociale. L’attenzione si concentra, dunque, su come il lavoratore atipico definisca la propria «concezione di sé», cioè ciò che percepisce come il suo «Io reale», e in che modo invece definisca l’«immagine di sé» all’esterno, cioè l’immagine di sé per gli altri. Da questa analisi dipenderanno le modalità di costruzione dell’«identità professionale di base» , che costituisce in parte un’identità sul lavoro, ma comprende anche la capacità di proiettare se stessi nel futuro, progettando, quindi, un percorso di carriera professionale, non tralasciando, in ogni caso, l’elemento formativo. Nasce, forse paradossalmente, una nuova e strettissima connessione tra individuo e società, nel senso che le crisi sociali divengono immediatamente evidenti nelle problematiche individuali. La crisi dei soggetti collettivi tradizionali ha spinto l’individuo verso la soddisfazione dei bisogni privati (processo di individualizzazione): egli è stato pertanto sottratto ai legami tradizionali che lo agganciavano, anche dal punto di vista identitario, alla collettività. Scoraggiamento rispetto al futuro, maggiore propensione alla relativizzazione e alla reversibilità delle scelte effettuate - riservandosi delle vie di fuga - navigazione a vista: l’identità del lavoratore precario disegna traiettorie e percorsi di vita senza avere la capacità di immaginarsi protagonista di questa o quella biografia, o carriera, con l’impossibilità di tradurre le preoccupazioni private in questioni pubbliche e, inversamente, di identificare e mettere in luce le questioni pubbliche nei problemi privati
Processi biografici e processi relazionali. Le contraddizioni identitarie nella Generazione della precarietà lavorativa / Colella, Francesca. - (2011). (Intervento presentato al convegno Raccontare, ascoltare, comprendere. Metodologia e ambiti di applicazione delle narrazioni nelle scienze sociali tenutosi a TRENTO nel 22-23 settembre 2011).
Processi biografici e processi relazionali. Le contraddizioni identitarie nella Generazione della precarietà lavorativa
COLELLA, FRANCESCA
2011
Abstract
L’intervento è centrato sui risultati di un lungo lavoro di ricerca empirica durato tre anni sui processi di costruzione identitaria in contesti di lavoro precario. Rispetto al piano empirico, sono state raccolte 35 testimonianze di giovani lavoratori atipici: persone che hanno un lavoro che offre garanzie limitate, in termini di durata del rapporto, di accesso alla copertura previdenziale e di ammortizzatori sociali. Nell’indagine si è scelto di porre l’attenzione sugli aspetti soggettivi e, quindi, sulle biografie individuali dei lavoratori poiché l’obiettivo è stato quello di comprendere - in senso weberiano - come l’instabilità si relazioni con il processo di definizione dell’identità. Negli ultimi tempi, il termine identità è sempre più spesso utilizzato aggettivato da mass media, politici e intellettuali: identità culturale, identità religiosa, identità nazionale, identità collettiva, identità personale, identità politica, ecc. Tra le varie “identità” che connotano le persone - e all’interno dei molteplici campi che riguardano il problema identitario - dal lavoro di ricerca effettuato emerge quanto sia rilevante il concetto di identità posto in relazione all’attività lavorativa. Le biografie si costruiscono giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, con il considerevole supporto della famiglia d’origine, la quale gioca un ruolo fondamentale nell’ammortizzare i rischi ai quali è esposto l’individuo oggi, sempre più spesso intrappolato in contratti di lavoro a breve termine. Infatti, il lavoro, nonostante il suo crescente «rarefarsi», costituisce ancora uno strumento indispensabile per definire se stessi e per raccontarsi agli altri . A tutt’oggi, le persone vengono individuate socialmente in primis in base alla loro attività lavorativa e allo status sociale, ma anche l’autostima e la costruzione sociale del Sé costituiscono elementi fortemente legati al lavoro. Robert M. Solow sottolinea che «il modo in cui gli altri ci guardano, ed il modo con il quale ci vediamo noi stessi dipende dal reddito e, ad un dato livello di red-dito, dal lavoro». Inoltre, Jean-Claude Barbier e Henri Nadel evidenziano che «l’esercizio del lavoro all’interno di una occupazione fornisce all’individuo il mezzo per partecipare ad un piacere collettivo, che costituisce una delle condizioni per la costruzione della sua identità»; come ha dimostrato lo stesso Émile Durkheim nel suo La divisione del lavoro sociale, il lavoro permette la realizzazione di sé e si situa al centro e alla base del legame sociale, giacché rappresenta quell’attività essenziale grazie alla quale l’uomo stabilisce un contatto con la sua esteriorità e con gli altri uomini . Attualmente, aspetti basilari della vita dell’individuo come il lavoro sono affidati a meccanismi di mercato, senza considerare che ciò può portare alla distruzione della società stessa, anche laddove essa metta in atto misure di auto-protezione che arginano l’espansione del mercato . Gli aspetti della sfera economica con effetti potenzialmente distruttivi sulla società sono numerosi e possono essere la causa dei conflitti che emergono e che si intersecano con le dinamiche proprie della sfera sociale. Questo è tanto più vero se si tiene conto del fatto che il mercato del lavoro - come ricorda Solow - è costituito da persone che sul lavoro costruiscono la propria vita e dal lavoro traggono i mezzi di sussistenza, compiendo scelte la cui responsabilità risulta essere strettamente individuale. Per questi motivi, esso dovrebbe essere considerato una vera e propria istituzione sociale. L’attenzione si concentra, dunque, su come il lavoratore atipico definisca la propria «concezione di sé», cioè ciò che percepisce come il suo «Io reale», e in che modo invece definisca l’«immagine di sé» all’esterno, cioè l’immagine di sé per gli altri. Da questa analisi dipenderanno le modalità di costruzione dell’«identità professionale di base» , che costituisce in parte un’identità sul lavoro, ma comprende anche la capacità di proiettare se stessi nel futuro, progettando, quindi, un percorso di carriera professionale, non tralasciando, in ogni caso, l’elemento formativo. Nasce, forse paradossalmente, una nuova e strettissima connessione tra individuo e società, nel senso che le crisi sociali divengono immediatamente evidenti nelle problematiche individuali. La crisi dei soggetti collettivi tradizionali ha spinto l’individuo verso la soddisfazione dei bisogni privati (processo di individualizzazione): egli è stato pertanto sottratto ai legami tradizionali che lo agganciavano, anche dal punto di vista identitario, alla collettività. Scoraggiamento rispetto al futuro, maggiore propensione alla relativizzazione e alla reversibilità delle scelte effettuate - riservandosi delle vie di fuga - navigazione a vista: l’identità del lavoratore precario disegna traiettorie e percorsi di vita senza avere la capacità di immaginarsi protagonista di questa o quella biografia, o carriera, con l’impossibilità di tradurre le preoccupazioni private in questioni pubbliche e, inversamente, di identificare e mettere in luce le questioni pubbliche nei problemi privatiI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.