Negli anni recenti settori importanti di ricerca si stanno concentrando sugli involucri degli edifici, aprendo così ai progettisti nuove ed inedite possibilità. I progressi tecnologici nel campo dei sistemi e dei materiali offrono soluzioni capaci di garantire, con spessori sottili e ampie zone trasparenti, ottime prestazioni di comfort ambientale, anche migliori di quelle dei tradizionali involucri massivi realizzati in pietra, in laterizio o in calcestruzzo, materiali generalmente impiegati come masse di accumulo termico. Nel cammino dell’architettura verso la leggerezza e verso buoni livelli di comfort, a fronte di necessità energetiche contenute, lo strato di separazione tra interno ed esterno è diventato terreno delle più avanzate sperimentazioni tecnologiche. E’ proprio sulla pelle degli edifici, infatti, che si gioca buona parte del controllo degli scambi termici tra microclima indoor e ambiente esterno e, di conseguenza, la possibilità di realizzare costruzioni sostenibili, nelle quali il ricorso alle tradizionali dotazioni impiantistiche risulti contenuto. E’ ovvio, infatti, che un buon isolamento, ma soprattutto la ricerca del miglior punto di equilibrio tra la quantità di energia solare in entrata e di energia termica in uscita, costituisce indispensabile condizione di partenza per evitare edifici energivori. Nel contempo è alla pelle degli edifici che vengono delegate funzioni comunicative sempre più spinte. Infatti, più che sulla spettacolarizzazione delle forme, gran parte dell’architettura contemporanea sembra puntare sullo strato esterno degli edifici per renderli comunicativi, interattivi, riconoscibili come segni urbani al pari di opere d’arte alla grande scala, o di giganteschi monitor su cui proiettare immagini in movimento . La scommessa è coniugare, nelle realizzazioni delle star dell’architettura, così come nell’edilizia “comune”, le esigenze di qualità formale, funzionale e ambientale. L’unica strada è un attento studio dell’intero pacchetto che costituisce l’involucro – di cui la “pelle” è solo lo strato più esterno – tassello fondamentale nell’impostazione non solo architettonica, ma anche energetica degli edifici. Questa ultima, infatti, non può che essere il frutto di una serie di scelte integrate che comprendono il loro orientamento, la forma, l’impiego di energie rinnovabili (solare, microeolico), l’adozione di impianti ad alta efficienza (cogenerazione, trigenerazione, caldaie a condensazione, teleriscaldamento). Scelte che a loro volta debbono derivare dall’analisi dei dati climatici del sito (irraggiamento, temperatura, angolo di elevazione del sole, direzione prevalente e intensità dei venti), dalla valutazione delle preesistenze circostanti, dall’orografia, dalla sua destinazione d’uso (valutando, ad esempio, la presenza di macchinari che producono calore). Oggi esistono sul mercato innumerevoli prodotti e sistemi isolanti – tra i quali è spesso difficile orientarsi - capaci di governare i flussi interno-esterno dell’edificio, mediante la riduzione delle dispersioni termiche invernali e la limitazione del surriscaldamento estivo. Sono prodotti adatti ad ogni esigenza (aventi diversa conduttività termica, densità, capacità termica, resistenza alla diffusione del vapore) che, unitamente a sistemi di ombreggiatura-schermatura intelligentemente progettati (orizzontali, verticali, combinati, fissi, mobili, orientabili, interni, esterni, integrati nei serramenti) e ad un’accorta ventilazione naturale, costituiscono un reale aiuto al contenimento dei consumi. Un involucro ben progettato deve infatti riuscire a soddisfare in modo passivo buona parte delle necessità energetiche dell’edificio. Ma, come ricordato precedentemente, quello del controllo dei flussi non è che un aspetto, seppure prioritario, di un insieme di funzioni proprie dell’involucro che lo hanno trasformato da semplice elemento-barriera di protezione dagli agenti atmosferici, a sistema-filtro polivalente, selettivo e dinamico, capace di reagire alle diverse condizioni climatiche e di sfruttare a proprio favore il calore, la luce e l’aria. La tradizionale parete esterna monolitica si sta così sempre più trasformando in sistema integrato, costituito da più strati che lavorano in sinergia: dalla semplice muratura “a cassetta” ad una serie di strati funzionali specializzati, che riescono a massimizzare la risposta prestazionale dell’intero pacchetto. In questo tipo di soluzioni tecnologiche avanzate spesso la buffer zone, costituita dallo spazio intermedio tra lo strato esterno e quello più interno, non è più un piccolo spessore chiuso e inaccessibile, ma si dilata dimensionalmente per motivi prestazionali, acquistando notevole importanza non solo dal punto di vista funzionale, ma anche compositivo, come nel caso, per citare uno dei sempre più numerosi esempi, della famosa Mediateca di Toyo Ito. La ricerca, sia teorica che applicata, per quel che riguarda i sistemi dell’involucro, è a tutto campo: dall’applicazione delle nanotecnologie allo studio delle TWD (le pareti con isolamento termico traslucente), ai vetri a selettività energetica, a quelli con fotovoltaico integrato, ai vetri cromogenici, elettrocromici, termocromici... Uno dei materiali la cui applicazione in questo campo apre interessanti possibilità è l’Aerogel chiamato comunemente “fumo solido” per l’impalpabile consistenza, frutto della sua composizione: 96% di aria e 4% diossido di silicio, densità volumetrica 3 kg/mc. L’altissima percentuale di aria gli conferisce eccezionali proprietà isolanti a fronte di un ridottissimo peso e di un aspetto opalescente, adatto a realizzare pareti isolanti come un muro di mattoni, ma sottili e permeabili alla luce. Per contro è un materiale igroscopico e fragile, dunque deve essere protetto dagli urti, dall’acqua e dall’aria, da cui assorbe l’umidità. Può essere prodotto – mediante un complesso processo che si è andato via via perfezionando negli anni - sia in piccoli granuli, che in lastre di spessori variabili tra gli 8 e i 20 mm, inseribili tra due vetri che fungono da protezione. La prima significativa applicazione dell’Aerogel nell’involucro è stata condotta da Thomas Herzog – che è anche uno dei suoi brevettatori - nell’edificio sede del proprio studio di Monaco di Baviera, costruito anni prima dell’immissione dei componenti di Aerogel sul mercato, al fine di testarli. Ancora oggi è meta di architetti e ricercatori di tutto il mondo. Un altro esempio è la “casa energeticamente autosufficiente”, progettata dal Fraunhofer Institut Fur Solar Energiesysteme e costruita a Friburgo, anche in questo caso l’Aerogel è impiegato nell’involucro sfruttando al meglio sia le sue proprietà isolanti, che la capacità di consentire una illuminazione naturale diffusa, in grado di ridurre considerevolmente le necessità energetiche. Oggi la realizzazione di tali componenti è ancora molto costosa e soggetta a forti vincoli dimensionali, ma in un futuro non lontano è ipotizzabile la produzione di “pacchetti” combinati vetri-Aerogel con processi semplificati e continui, in grado di abbattere i loro costi e renderli accessibili ad un mercato non solo di nicchia. Una possibilità in più nel panorama sempre più ricco di componenti di facciata attenti alle necessità energetiche degli edifici.
Veste a strati per involucri ad alte performance / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 38:(2007), pp. 11-11.
Veste a strati per involucri ad alte performance
CECCHINI, Cecilia
2007
Abstract
Negli anni recenti settori importanti di ricerca si stanno concentrando sugli involucri degli edifici, aprendo così ai progettisti nuove ed inedite possibilità. I progressi tecnologici nel campo dei sistemi e dei materiali offrono soluzioni capaci di garantire, con spessori sottili e ampie zone trasparenti, ottime prestazioni di comfort ambientale, anche migliori di quelle dei tradizionali involucri massivi realizzati in pietra, in laterizio o in calcestruzzo, materiali generalmente impiegati come masse di accumulo termico. Nel cammino dell’architettura verso la leggerezza e verso buoni livelli di comfort, a fronte di necessità energetiche contenute, lo strato di separazione tra interno ed esterno è diventato terreno delle più avanzate sperimentazioni tecnologiche. E’ proprio sulla pelle degli edifici, infatti, che si gioca buona parte del controllo degli scambi termici tra microclima indoor e ambiente esterno e, di conseguenza, la possibilità di realizzare costruzioni sostenibili, nelle quali il ricorso alle tradizionali dotazioni impiantistiche risulti contenuto. E’ ovvio, infatti, che un buon isolamento, ma soprattutto la ricerca del miglior punto di equilibrio tra la quantità di energia solare in entrata e di energia termica in uscita, costituisce indispensabile condizione di partenza per evitare edifici energivori. Nel contempo è alla pelle degli edifici che vengono delegate funzioni comunicative sempre più spinte. Infatti, più che sulla spettacolarizzazione delle forme, gran parte dell’architettura contemporanea sembra puntare sullo strato esterno degli edifici per renderli comunicativi, interattivi, riconoscibili come segni urbani al pari di opere d’arte alla grande scala, o di giganteschi monitor su cui proiettare immagini in movimento . La scommessa è coniugare, nelle realizzazioni delle star dell’architettura, così come nell’edilizia “comune”, le esigenze di qualità formale, funzionale e ambientale. L’unica strada è un attento studio dell’intero pacchetto che costituisce l’involucro – di cui la “pelle” è solo lo strato più esterno – tassello fondamentale nell’impostazione non solo architettonica, ma anche energetica degli edifici. Questa ultima, infatti, non può che essere il frutto di una serie di scelte integrate che comprendono il loro orientamento, la forma, l’impiego di energie rinnovabili (solare, microeolico), l’adozione di impianti ad alta efficienza (cogenerazione, trigenerazione, caldaie a condensazione, teleriscaldamento). Scelte che a loro volta debbono derivare dall’analisi dei dati climatici del sito (irraggiamento, temperatura, angolo di elevazione del sole, direzione prevalente e intensità dei venti), dalla valutazione delle preesistenze circostanti, dall’orografia, dalla sua destinazione d’uso (valutando, ad esempio, la presenza di macchinari che producono calore). Oggi esistono sul mercato innumerevoli prodotti e sistemi isolanti – tra i quali è spesso difficile orientarsi - capaci di governare i flussi interno-esterno dell’edificio, mediante la riduzione delle dispersioni termiche invernali e la limitazione del surriscaldamento estivo. Sono prodotti adatti ad ogni esigenza (aventi diversa conduttività termica, densità, capacità termica, resistenza alla diffusione del vapore) che, unitamente a sistemi di ombreggiatura-schermatura intelligentemente progettati (orizzontali, verticali, combinati, fissi, mobili, orientabili, interni, esterni, integrati nei serramenti) e ad un’accorta ventilazione naturale, costituiscono un reale aiuto al contenimento dei consumi. Un involucro ben progettato deve infatti riuscire a soddisfare in modo passivo buona parte delle necessità energetiche dell’edificio. Ma, come ricordato precedentemente, quello del controllo dei flussi non è che un aspetto, seppure prioritario, di un insieme di funzioni proprie dell’involucro che lo hanno trasformato da semplice elemento-barriera di protezione dagli agenti atmosferici, a sistema-filtro polivalente, selettivo e dinamico, capace di reagire alle diverse condizioni climatiche e di sfruttare a proprio favore il calore, la luce e l’aria. La tradizionale parete esterna monolitica si sta così sempre più trasformando in sistema integrato, costituito da più strati che lavorano in sinergia: dalla semplice muratura “a cassetta” ad una serie di strati funzionali specializzati, che riescono a massimizzare la risposta prestazionale dell’intero pacchetto. In questo tipo di soluzioni tecnologiche avanzate spesso la buffer zone, costituita dallo spazio intermedio tra lo strato esterno e quello più interno, non è più un piccolo spessore chiuso e inaccessibile, ma si dilata dimensionalmente per motivi prestazionali, acquistando notevole importanza non solo dal punto di vista funzionale, ma anche compositivo, come nel caso, per citare uno dei sempre più numerosi esempi, della famosa Mediateca di Toyo Ito. La ricerca, sia teorica che applicata, per quel che riguarda i sistemi dell’involucro, è a tutto campo: dall’applicazione delle nanotecnologie allo studio delle TWD (le pareti con isolamento termico traslucente), ai vetri a selettività energetica, a quelli con fotovoltaico integrato, ai vetri cromogenici, elettrocromici, termocromici... Uno dei materiali la cui applicazione in questo campo apre interessanti possibilità è l’Aerogel chiamato comunemente “fumo solido” per l’impalpabile consistenza, frutto della sua composizione: 96% di aria e 4% diossido di silicio, densità volumetrica 3 kg/mc. L’altissima percentuale di aria gli conferisce eccezionali proprietà isolanti a fronte di un ridottissimo peso e di un aspetto opalescente, adatto a realizzare pareti isolanti come un muro di mattoni, ma sottili e permeabili alla luce. Per contro è un materiale igroscopico e fragile, dunque deve essere protetto dagli urti, dall’acqua e dall’aria, da cui assorbe l’umidità. Può essere prodotto – mediante un complesso processo che si è andato via via perfezionando negli anni - sia in piccoli granuli, che in lastre di spessori variabili tra gli 8 e i 20 mm, inseribili tra due vetri che fungono da protezione. La prima significativa applicazione dell’Aerogel nell’involucro è stata condotta da Thomas Herzog – che è anche uno dei suoi brevettatori - nell’edificio sede del proprio studio di Monaco di Baviera, costruito anni prima dell’immissione dei componenti di Aerogel sul mercato, al fine di testarli. Ancora oggi è meta di architetti e ricercatori di tutto il mondo. Un altro esempio è la “casa energeticamente autosufficiente”, progettata dal Fraunhofer Institut Fur Solar Energiesysteme e costruita a Friburgo, anche in questo caso l’Aerogel è impiegato nell’involucro sfruttando al meglio sia le sue proprietà isolanti, che la capacità di consentire una illuminazione naturale diffusa, in grado di ridurre considerevolmente le necessità energetiche. Oggi la realizzazione di tali componenti è ancora molto costosa e soggetta a forti vincoli dimensionali, ma in un futuro non lontano è ipotizzabile la produzione di “pacchetti” combinati vetri-Aerogel con processi semplificati e continui, in grado di abbattere i loro costi e renderli accessibili ad un mercato non solo di nicchia. Una possibilità in più nel panorama sempre più ricco di componenti di facciata attenti alle necessità energetiche degli edifici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


