La progettazione a tavolino delle prestazioni che i materiali debbono di volta in volta soddisfare nelle loro diverse applicazioni, apre nuove imprevedibili possibilità e rimette continuamente in gioco le consolidate relazioni materia-forma-prestazione. Gli engineered materials, gli smart materials, sono il risultato di studi trasversali, crocevia tra chimica, fisica, ingegneria, economia e marketing. La parte del leone in questo nuovo universo materico appartiene ai polimeri, la loro natura di materiali di sintesi realizzati dall’uomo in laboratorio li rende, per “vocazione”, massimamente progettabili, come dimostrano gli innumerevoli brevetti di nuove molecole depositati annualmente, all’origine di una moltitudine di materiali mai esistiti prima. Ma non solo, la sterminata famiglia delle plastiche è in compagnia dei ceramici avanzati, dei metalli superleggeri, dei superconduttori. E delle loro ibridazioni, alla costante ricerca del superamento dei limiti fisici della materia. Più che di materiali sarebbe più corretto parlare di semilavorati, dall’identità incerta e in continuo divenire, capaci - pur utilizzando generalmente una minor quantità di materia - di aumentare le prestazioni, di integrare più funzioni. E, in molti casi, di avere forti valenze sensoriali e comunicative, ottenute grazie ad approfonditi studi semiotico-percettivi. Basta sfogliare il libro Transmaterial - A Catalog of Materials that Redefine our Physical Environment, designato per il book award 2007 dal Royal Institute of British Architects (in pubblicazione il secondo volume), per avere un assaggio del mondo incredibilmente ricco del “possibile della materia”. Per quel che riguarda l’incremento delle prestazioni fisico-meccaniche dei materiali si tratta nella maggior parte dei casi di compositi, nei quali la matrice, ma soprattutto il rinforzo è realizzato con materiali altamente performanti – fibre di carbonio, di kevlar, … - ed è posizionato solo dove, e nel modo in cui serve (tessuti, fili, barre, fibre disperse nella matrice), secondo anisotropie progettate che consentono la realizzazione di strutture ultraleggere ma resistentissime. In questo continuo divenire, il confine tra materiali naturali e materiali artificiali è sempre più labile e confuso. Oggi anche quelli considerati tradizionalmente naturali – legni, vetri, pietre - sono in misura crescente prodotti “con artificio”, attraverso lavorazioni e tecnologie sempre più sofisticate, tese a migliorare le loro prestazioni. Di fronte a legni flessibili, calcestruzzi trasparenti, marmi ricomposti, carte resistenti al fuoco, cristalli che diventano opalescenti nel giro di qualche secondo, si fatica ad associarli agli archetipi che, per secoli, hanno tradizionalmente connotato la loro immagine. Si tratta di materiali che stupiscono i nostri sensi, risultato di lavorazioni più o meno complesse (miscelazioni, laminazioni, costampaggi, spalmaggi, spruzzaggi…) che spesso sovvertono anche le tecniche e gli strumenti di lavorazione cui ogni materiale è, “atavicamente”, correlato. Nonostante qualsiasi sforzo di aggiornamento tecnico, l’innovazione nel campo dei materiali corre talmente veloce che è difficile tenerne il passo, alimentata dalle spinte concorrenti della ricerca scientifica e della domanda di mercato, soprattutto di settori avanzati quale quelli aeronautico, militare, elettromedicale, dei trasporti, dell’elettronica, dello sport. E, a cascata, irrompe nella produzione degli oggetti di uso quotidiano. Infine, l’onda lunga dell’era della materia progettata sta raggiungendo, seppur lentamente, il settore delle costruzioni. Un sempre più veloce e globale transfert tecnologico mette in moto una migrazione continua di materiali e lavorazioni studiate nell’ambito di comparti produttivi avanzati che possono, vogliono e, per tradizione, investono in ricerca, verso altri nei quali tali investimenti sono più limitati o del tutto assenti. Come nel comparto delle costruzioni, che infatti prende a prestito molte innovazioni da altri settori e le adatta ai propri usi. Talvolta con risultati impensabili e sorprendenti. I molteplici volti dell’innovazione passano non solo per la scoperta, ma anche per il modo e il contesto nel quale materiali e tecnologie produttive vengono usate: non è innovativo solo ciò che non è mai comparso sul mercato, può esserlo anche la sua applicazione in ambiti diversi. E’ ciò che avviene in misura crescente anche nell’architettura contemporanea, dove la spettacolarizzazione delle forme e il miglioramento delle performance ambientali sono in molti casi possibili grazie a sperimentazioni condotte in altri settori. Come nel caso dei compositi, superleggeri e resistentissimi di provenienza aerospaziale, che consentono un drastico abbattimento delle dimensioni delle sezioni resistenti e, nel restauro, una preziosa adattabilità alle forme più complesse. O dell’impalpabile, lattiginoso aerogel - 99% di aria, 1% di silicio – anch’esso inizialmente utilizzato nel settore aerospaziale, per catturare in orbita polvere di stelle, poi usato per la realizzazione di impalpabili e caldissime giacche a vento per spedizioni antartiche ed oggi impiegato, per il suo altissimo potere isolante, nei doppi vetri sotto forma di granuli. O, ancora, dei pannelli fotovoltaici che, al posto del silicio, impiegano materiali polimerici, rendendoli così flessibili, resistenti e, soprattutto, economici. E poi: la laminazione in strati sottili che consente la produzione di pellicole schermanti per il controllo solare; tecnologie mutuate dal tessile per la realizzazione di tessuti che abbattono le onde elettromagnetiche; materiali termo e/o fotosensibili che reagiscono ai parametri ambientali cambiando densità o colore, in grado di far mutare l’aspetto di una facciata durante l’arco della giornata; pitture autopulenti nate nel settore automobilistico che riducono drasticamente la necessità di operazioni manutentive… Uno sterminato campo di possibilità dalle enormi potenzialità di sviluppo, alimentato dalla trasversalità e dalla creatività, che deve necessariamente essere governato da un rigoroso controllo tecnico, unica garanzia per non trasformare una innovazione potenzialmente positiva in una sterile rincorsa all’ultima novità. Tanto più pericolosa se applicata irresponsabilmente nell’ambito del settore delle costruzioni, nel quale la sicurezza e la durata non possono essere considerati optional. E con un’attenzione particolare all’uso corretto dei materiali rispetto alla compatibilità ambientale e alla funzione che possono svolgere rispetto a tale imprescindibile aspetto, evitando che l’uomo, sostituendosi alla natura nella creazione dei materiali, non ne rispetti le regole e non governi i processi messi in moto. Secondo tale ottica verrebbero anche superati obsoleti preconcetti che dividono i materiali in buoni - quelli tradizionali, identificati come naturali - e cattivi, tutti gli altri, senza comprendere che qualsiasi materiali può contribuire a distruggere o a preservare l’ambiente, aiutare o minacciare la salute dell’uomo, secondo l’uso che ne viene fatto.

La corsa dell’innovazione porta l’hi-tech in cantiere / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 30:(2007), pp. 11-11.

La corsa dell’innovazione porta l’hi-tech in cantiere

CECCHINI, Cecilia
2007

Abstract

La progettazione a tavolino delle prestazioni che i materiali debbono di volta in volta soddisfare nelle loro diverse applicazioni, apre nuove imprevedibili possibilità e rimette continuamente in gioco le consolidate relazioni materia-forma-prestazione. Gli engineered materials, gli smart materials, sono il risultato di studi trasversali, crocevia tra chimica, fisica, ingegneria, economia e marketing. La parte del leone in questo nuovo universo materico appartiene ai polimeri, la loro natura di materiali di sintesi realizzati dall’uomo in laboratorio li rende, per “vocazione”, massimamente progettabili, come dimostrano gli innumerevoli brevetti di nuove molecole depositati annualmente, all’origine di una moltitudine di materiali mai esistiti prima. Ma non solo, la sterminata famiglia delle plastiche è in compagnia dei ceramici avanzati, dei metalli superleggeri, dei superconduttori. E delle loro ibridazioni, alla costante ricerca del superamento dei limiti fisici della materia. Più che di materiali sarebbe più corretto parlare di semilavorati, dall’identità incerta e in continuo divenire, capaci - pur utilizzando generalmente una minor quantità di materia - di aumentare le prestazioni, di integrare più funzioni. E, in molti casi, di avere forti valenze sensoriali e comunicative, ottenute grazie ad approfonditi studi semiotico-percettivi. Basta sfogliare il libro Transmaterial - A Catalog of Materials that Redefine our Physical Environment, designato per il book award 2007 dal Royal Institute of British Architects (in pubblicazione il secondo volume), per avere un assaggio del mondo incredibilmente ricco del “possibile della materia”. Per quel che riguarda l’incremento delle prestazioni fisico-meccaniche dei materiali si tratta nella maggior parte dei casi di compositi, nei quali la matrice, ma soprattutto il rinforzo è realizzato con materiali altamente performanti – fibre di carbonio, di kevlar, … - ed è posizionato solo dove, e nel modo in cui serve (tessuti, fili, barre, fibre disperse nella matrice), secondo anisotropie progettate che consentono la realizzazione di strutture ultraleggere ma resistentissime. In questo continuo divenire, il confine tra materiali naturali e materiali artificiali è sempre più labile e confuso. Oggi anche quelli considerati tradizionalmente naturali – legni, vetri, pietre - sono in misura crescente prodotti “con artificio”, attraverso lavorazioni e tecnologie sempre più sofisticate, tese a migliorare le loro prestazioni. Di fronte a legni flessibili, calcestruzzi trasparenti, marmi ricomposti, carte resistenti al fuoco, cristalli che diventano opalescenti nel giro di qualche secondo, si fatica ad associarli agli archetipi che, per secoli, hanno tradizionalmente connotato la loro immagine. Si tratta di materiali che stupiscono i nostri sensi, risultato di lavorazioni più o meno complesse (miscelazioni, laminazioni, costampaggi, spalmaggi, spruzzaggi…) che spesso sovvertono anche le tecniche e gli strumenti di lavorazione cui ogni materiale è, “atavicamente”, correlato. Nonostante qualsiasi sforzo di aggiornamento tecnico, l’innovazione nel campo dei materiali corre talmente veloce che è difficile tenerne il passo, alimentata dalle spinte concorrenti della ricerca scientifica e della domanda di mercato, soprattutto di settori avanzati quale quelli aeronautico, militare, elettromedicale, dei trasporti, dell’elettronica, dello sport. E, a cascata, irrompe nella produzione degli oggetti di uso quotidiano. Infine, l’onda lunga dell’era della materia progettata sta raggiungendo, seppur lentamente, il settore delle costruzioni. Un sempre più veloce e globale transfert tecnologico mette in moto una migrazione continua di materiali e lavorazioni studiate nell’ambito di comparti produttivi avanzati che possono, vogliono e, per tradizione, investono in ricerca, verso altri nei quali tali investimenti sono più limitati o del tutto assenti. Come nel comparto delle costruzioni, che infatti prende a prestito molte innovazioni da altri settori e le adatta ai propri usi. Talvolta con risultati impensabili e sorprendenti. I molteplici volti dell’innovazione passano non solo per la scoperta, ma anche per il modo e il contesto nel quale materiali e tecnologie produttive vengono usate: non è innovativo solo ciò che non è mai comparso sul mercato, può esserlo anche la sua applicazione in ambiti diversi. E’ ciò che avviene in misura crescente anche nell’architettura contemporanea, dove la spettacolarizzazione delle forme e il miglioramento delle performance ambientali sono in molti casi possibili grazie a sperimentazioni condotte in altri settori. Come nel caso dei compositi, superleggeri e resistentissimi di provenienza aerospaziale, che consentono un drastico abbattimento delle dimensioni delle sezioni resistenti e, nel restauro, una preziosa adattabilità alle forme più complesse. O dell’impalpabile, lattiginoso aerogel - 99% di aria, 1% di silicio – anch’esso inizialmente utilizzato nel settore aerospaziale, per catturare in orbita polvere di stelle, poi usato per la realizzazione di impalpabili e caldissime giacche a vento per spedizioni antartiche ed oggi impiegato, per il suo altissimo potere isolante, nei doppi vetri sotto forma di granuli. O, ancora, dei pannelli fotovoltaici che, al posto del silicio, impiegano materiali polimerici, rendendoli così flessibili, resistenti e, soprattutto, economici. E poi: la laminazione in strati sottili che consente la produzione di pellicole schermanti per il controllo solare; tecnologie mutuate dal tessile per la realizzazione di tessuti che abbattono le onde elettromagnetiche; materiali termo e/o fotosensibili che reagiscono ai parametri ambientali cambiando densità o colore, in grado di far mutare l’aspetto di una facciata durante l’arco della giornata; pitture autopulenti nate nel settore automobilistico che riducono drasticamente la necessità di operazioni manutentive… Uno sterminato campo di possibilità dalle enormi potenzialità di sviluppo, alimentato dalla trasversalità e dalla creatività, che deve necessariamente essere governato da un rigoroso controllo tecnico, unica garanzia per non trasformare una innovazione potenzialmente positiva in una sterile rincorsa all’ultima novità. Tanto più pericolosa se applicata irresponsabilmente nell’ambito del settore delle costruzioni, nel quale la sicurezza e la durata non possono essere considerati optional. E con un’attenzione particolare all’uso corretto dei materiali rispetto alla compatibilità ambientale e alla funzione che possono svolgere rispetto a tale imprescindibile aspetto, evitando che l’uomo, sostituendosi alla natura nella creazione dei materiali, non ne rispetti le regole e non governi i processi messi in moto. Secondo tale ottica verrebbero anche superati obsoleti preconcetti che dividono i materiali in buoni - quelli tradizionali, identificati come naturali - e cattivi, tutti gli altri, senza comprendere che qualsiasi materiali può contribuire a distruggere o a preservare l’ambiente, aiutare o minacciare la salute dell’uomo, secondo l’uso che ne viene fatto.
2007
Materiali ad alte prestazioni; tailor made materials; mutamenti dell'universo materico
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
La corsa dell’innovazione porta l’hi-tech in cantiere / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 30:(2007), pp. 11-11.
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