I materiali plastici sono spesso associati ad oggetti usa-e-getta: ci fanno pensare più ai sacchi della spazzatura che ai supertecnologici componenti delle navicelle spaziale; ai flaconi per l’ammorbidente più che alle affidabili valvole cardiache artificiali; alle pellicole per alimenti più che alle resistenti scocche delle auto da corsa. La loro immagine povera e facilmente deteriorabile mal si addice alla solidità strutturale e alla lunga durata richiesta dalle costruzioni architettoniche. In realtà negli edifici la presenza dei polimeri è molto consistente - tubature, guaine, membrane, isolanti, gusci per vespai, casseri, grigliati, intonaci, modanature – ma sono impiegati in massima parte come materiali e componenti “di servizio” o, se a vista, in modo mimetico, riducendone la visibilità, minimizzando la loro riconoscibilità spesso a favore dell’imitazione di altri materiali considerati più nobili. In edilizia viene sfruttato il loro basso costo, la facilità di movimentazione, la reperibilità, ma non le grandi possibilità formali, peculiari di questa eclettica ed eterogenea famiglia di materiali. Formabilità, brillantezza, trasparenza, colorabilità nella massa, possibilità di reazione cromatica alla luce e al calore, infinite variazioni nelle finiture, soft touch… caratteristiche prestazionali alla base di molti prodotti dei settori industriali avanzati - da quello del design di componenti di arredo, alla nautica, alla moda - nei quali i polimeri si connotano sempre più spesso come materiali ad alto contenuto tecnologico. Vi sono però sempre più numerose eccezioni. In alcune architetture recenti, dei materiali plastici cominciano ad essere sfruttate le potenzialità prestazionali anche dal punto di vista figurativo. Senza arrivare alle sperimentazioni estreme condotte da Gaetano Pesce nella Bahia House – casa in progress, non a caso di sua proprietà, costruita in resina di uretano, gomma riciclata e mattoni di polipropilene - architetti noti (da Nicholas Grimshaw a Shigeru Ban) e meno noti, impiegano le plastiche senza imbarazzi, “esibendole” al pari di altri materiali da costruzione. La tendenza di parte dell’architettura contemporanea di dotare l’involucro degli edifici di nuove e talvolta spettacolari funzioni, trova nelle materie plastiche e nei compositi molteplici possibilità: pannelli translucidi che consentono giochi di ombre cinesi; laminati decorati che “incartano” indifferentemente piani verticali ed orizzontali; schermi continui sui quali proiettare immagini in continuo movimento; schiume polimeriche che occultano la consueta durezza dei muri; pannelli fotocromatici e termocromatici che cambiano colore a secondo delle condizioni atmosferiche, trasformando le architetture in oggetti capaci di interagire con l’ambiente. Un affascinante caleidoscopio di possibilità nel quale, però, non è sempre facile orientarsi. Inoltre, se per i materiali tradizionali si può far riferimento ad una pratica del costruire consolidata, per i polimeri così non è; gli esempi sono ancora pochi, non in numero sufficiente per costituire una casistica affidabile. Dunque, il binomio plastiche-costruzioni richiede notevoli attenzioni e conoscenze sulle loro reali prestazioni, anche rispetto al fattore tempo, indispensabili per poter effettuare scelte consapevoli in un universo materico – quello appunto della famiglia dei polimeri – quanto mai vasto e variegato, nel quale la scoperta di nuove molecole, compositi, miscele dalle prestazioni sempre più mirate, è all’ordine del giorno. Infatti già da anni le industrie chimiche sono in grado di progettare materiali con prestazioni ad hoc per specifiche esigenze. Anche per quel che riguarda il rapporto con l’ambiente nella valutazione dei polimeri occorre una riflessione meno superficiale di quella che classifica i materiali naturali come “buoni” e quelli artificiali come “cattivi”. Nella più corretta ottica del Life Cycle Assessment che analizza l’impatto ambientale di un prodotto in tutte le fasi (lavorazione delle materie prime, produzione, trasporto, distribuzione, uso, manutenzione, riuso, riciclo e dismissione), le plastiche impiegate nell’ambito delle costruzioni possono determinare notevoli vantaggi anche sotto il profilo della sostenibilità. Basti pensare all’alto potere coibente degli espansi, o alla leggerezza dei polimeri che incide favorevolmente sul loro trasporto, sulla movimentazione e sulla riduzione del peso proprio degli edifici. O a tutto il settore delle pellicole polimeriche: da quelle a bassa emissività da applicare alle superfici vetrate che riducono la quantità di energia solare in ingresso filtrando circa il 75% del calore (consentendo così di minimizzare i sistemi di raffrescamento), alle pellicole per la protezione dalle onde elettromagnetiche, in grado di raggiungere all’interno degli ambienti valori di riduzione attorno al 90%. Pellicole polimeriche costituite da centinaia di strati con spessori dell’ordine di una lunghezza d’onda luminosa, sono impiegate per ottimizzare la luminosità, per riflettere e trasportare la luce. La tecnica della microreplicazione - ripetizione continua milioni di volte di una microstruttura 3D costituita da minuscoli prismi o infinitesime sfere invisibili ad occhio nudo - consente la realizzazione di superfici in grado di catturare la luce del sole da angoli diversi e distribuirla verso l’interno, o rifletterla verso l’esterno. Una proprietà sfruttabile sia in ambienti poco luminosi per limitare il ricorso all’illuminazione artificiale nelle ore diurne, che nella realizzazione dei più avanzati sistemi a risparmio energetico. Un altro impiego dei materiali plastici che può incidere positivamente sul rapporto costruzioni-ambiente è quello dei nuovi pannelli fotovoltaici nei quali il silicio è sostituito da film polimerici, una tecnologia che abbatte i costi di produzione e permette la realizzazione di pannelli flessibili, adattabili a qualsiasi geometria. Nel campo del restauro strutturale notevoli possibilità sono offerte dai compositi polimerici (Frp Fibre Reinforced Plastics), costituiti dall’unione di due elementi - la matrice e il rinforzo – che danno origine ad un materiale con ottime prestazioni meccaniche a fronte di un ridottissimo peso. La matrice è una resina polimerica continua - nella maggior parte dei casi termoindurente - che dà forma e protezione al prodotto e trasferisce i carichi al rinforzo. Quest’ultimo è costituito da filamenti o fibre di natura organica o inorganica (carbonio, aramidiche) che formano la struttura in grado di conferire rigidità e resistenza strutturale al composito. I polimeri e i compositi polimerici, dunque, possono essere una positiva risorsa per il settore delle costruzioni, a patto di supplire con una grande attenzione a quella mancanza di consuetudine d’uso che ci fa valutare istintivamente le prestazioni di materiali che ci sono più familiari. Ed è altresì necessario rifuggire da quella sorta di enfasi acritica verso il nuovo che ha talvolta prodotto progetti spettacolari sulla carta, perfetti per la pubblicazione, ma rivelatisi, specie alla prova del tempo, fallimentari. Ma ciò può avvenire anche con i materiali più tradizionali se usati impropriamente, come dimostrato da numerosi edifici.

Polimeri, un involucro per funzioni spettacolari / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 13:(2007), pp. 13-13.

Polimeri, un involucro per funzioni spettacolari

CECCHINI, Cecilia
2007

Abstract

I materiali plastici sono spesso associati ad oggetti usa-e-getta: ci fanno pensare più ai sacchi della spazzatura che ai supertecnologici componenti delle navicelle spaziale; ai flaconi per l’ammorbidente più che alle affidabili valvole cardiache artificiali; alle pellicole per alimenti più che alle resistenti scocche delle auto da corsa. La loro immagine povera e facilmente deteriorabile mal si addice alla solidità strutturale e alla lunga durata richiesta dalle costruzioni architettoniche. In realtà negli edifici la presenza dei polimeri è molto consistente - tubature, guaine, membrane, isolanti, gusci per vespai, casseri, grigliati, intonaci, modanature – ma sono impiegati in massima parte come materiali e componenti “di servizio” o, se a vista, in modo mimetico, riducendone la visibilità, minimizzando la loro riconoscibilità spesso a favore dell’imitazione di altri materiali considerati più nobili. In edilizia viene sfruttato il loro basso costo, la facilità di movimentazione, la reperibilità, ma non le grandi possibilità formali, peculiari di questa eclettica ed eterogenea famiglia di materiali. Formabilità, brillantezza, trasparenza, colorabilità nella massa, possibilità di reazione cromatica alla luce e al calore, infinite variazioni nelle finiture, soft touch… caratteristiche prestazionali alla base di molti prodotti dei settori industriali avanzati - da quello del design di componenti di arredo, alla nautica, alla moda - nei quali i polimeri si connotano sempre più spesso come materiali ad alto contenuto tecnologico. Vi sono però sempre più numerose eccezioni. In alcune architetture recenti, dei materiali plastici cominciano ad essere sfruttate le potenzialità prestazionali anche dal punto di vista figurativo. Senza arrivare alle sperimentazioni estreme condotte da Gaetano Pesce nella Bahia House – casa in progress, non a caso di sua proprietà, costruita in resina di uretano, gomma riciclata e mattoni di polipropilene - architetti noti (da Nicholas Grimshaw a Shigeru Ban) e meno noti, impiegano le plastiche senza imbarazzi, “esibendole” al pari di altri materiali da costruzione. La tendenza di parte dell’architettura contemporanea di dotare l’involucro degli edifici di nuove e talvolta spettacolari funzioni, trova nelle materie plastiche e nei compositi molteplici possibilità: pannelli translucidi che consentono giochi di ombre cinesi; laminati decorati che “incartano” indifferentemente piani verticali ed orizzontali; schermi continui sui quali proiettare immagini in continuo movimento; schiume polimeriche che occultano la consueta durezza dei muri; pannelli fotocromatici e termocromatici che cambiano colore a secondo delle condizioni atmosferiche, trasformando le architetture in oggetti capaci di interagire con l’ambiente. Un affascinante caleidoscopio di possibilità nel quale, però, non è sempre facile orientarsi. Inoltre, se per i materiali tradizionali si può far riferimento ad una pratica del costruire consolidata, per i polimeri così non è; gli esempi sono ancora pochi, non in numero sufficiente per costituire una casistica affidabile. Dunque, il binomio plastiche-costruzioni richiede notevoli attenzioni e conoscenze sulle loro reali prestazioni, anche rispetto al fattore tempo, indispensabili per poter effettuare scelte consapevoli in un universo materico – quello appunto della famiglia dei polimeri – quanto mai vasto e variegato, nel quale la scoperta di nuove molecole, compositi, miscele dalle prestazioni sempre più mirate, è all’ordine del giorno. Infatti già da anni le industrie chimiche sono in grado di progettare materiali con prestazioni ad hoc per specifiche esigenze. Anche per quel che riguarda il rapporto con l’ambiente nella valutazione dei polimeri occorre una riflessione meno superficiale di quella che classifica i materiali naturali come “buoni” e quelli artificiali come “cattivi”. Nella più corretta ottica del Life Cycle Assessment che analizza l’impatto ambientale di un prodotto in tutte le fasi (lavorazione delle materie prime, produzione, trasporto, distribuzione, uso, manutenzione, riuso, riciclo e dismissione), le plastiche impiegate nell’ambito delle costruzioni possono determinare notevoli vantaggi anche sotto il profilo della sostenibilità. Basti pensare all’alto potere coibente degli espansi, o alla leggerezza dei polimeri che incide favorevolmente sul loro trasporto, sulla movimentazione e sulla riduzione del peso proprio degli edifici. O a tutto il settore delle pellicole polimeriche: da quelle a bassa emissività da applicare alle superfici vetrate che riducono la quantità di energia solare in ingresso filtrando circa il 75% del calore (consentendo così di minimizzare i sistemi di raffrescamento), alle pellicole per la protezione dalle onde elettromagnetiche, in grado di raggiungere all’interno degli ambienti valori di riduzione attorno al 90%. Pellicole polimeriche costituite da centinaia di strati con spessori dell’ordine di una lunghezza d’onda luminosa, sono impiegate per ottimizzare la luminosità, per riflettere e trasportare la luce. La tecnica della microreplicazione - ripetizione continua milioni di volte di una microstruttura 3D costituita da minuscoli prismi o infinitesime sfere invisibili ad occhio nudo - consente la realizzazione di superfici in grado di catturare la luce del sole da angoli diversi e distribuirla verso l’interno, o rifletterla verso l’esterno. Una proprietà sfruttabile sia in ambienti poco luminosi per limitare il ricorso all’illuminazione artificiale nelle ore diurne, che nella realizzazione dei più avanzati sistemi a risparmio energetico. Un altro impiego dei materiali plastici che può incidere positivamente sul rapporto costruzioni-ambiente è quello dei nuovi pannelli fotovoltaici nei quali il silicio è sostituito da film polimerici, una tecnologia che abbatte i costi di produzione e permette la realizzazione di pannelli flessibili, adattabili a qualsiasi geometria. Nel campo del restauro strutturale notevoli possibilità sono offerte dai compositi polimerici (Frp Fibre Reinforced Plastics), costituiti dall’unione di due elementi - la matrice e il rinforzo – che danno origine ad un materiale con ottime prestazioni meccaniche a fronte di un ridottissimo peso. La matrice è una resina polimerica continua - nella maggior parte dei casi termoindurente - che dà forma e protezione al prodotto e trasferisce i carichi al rinforzo. Quest’ultimo è costituito da filamenti o fibre di natura organica o inorganica (carbonio, aramidiche) che formano la struttura in grado di conferire rigidità e resistenza strutturale al composito. I polimeri e i compositi polimerici, dunque, possono essere una positiva risorsa per il settore delle costruzioni, a patto di supplire con una grande attenzione a quella mancanza di consuetudine d’uso che ci fa valutare istintivamente le prestazioni di materiali che ci sono più familiari. Ed è altresì necessario rifuggire da quella sorta di enfasi acritica verso il nuovo che ha talvolta prodotto progetti spettacolari sulla carta, perfetti per la pubblicazione, ma rivelatisi, specie alla prova del tempo, fallimentari. Ma ciò può avvenire anche con i materiali più tradizionali se usati impropriamente, come dimostrato da numerosi edifici.
2007
Polimeri e architettura; componentistica avanzata; involucri edilizi
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Polimeri, un involucro per funzioni spettacolari / Cecchini, Cecilia. - In: EDILIZIA E TERRITORIO. - ISSN 1590-6078. - STAMPA. - 13:(2007), pp. 13-13.
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