Lo scritto affronta il tema della remunerazione degli amministratori in un’ottica comparatistica con il fine di individuare, muovendo dall’analisi degli orientamenti e delle best practices diffuse nei principali ordinamenti occidentali, utili proposte di riforma della normativa italiana e “nuovi” rimedi civilistici e societari per disciplinare l’annoso problema dello squilibrio fra remunerazione e performance aziendali dei managers. Va ricordato infatti che cattive prassi rappresentano una delle principali cause dei dissesti e persino della globale recessione, spingendo a politiche opportunistiche per innalzare il valore delle azioni nel breve periodo e guadagnare una più ricca remunerazione. Pertanto, il tema della remunerazione degli amministratori ed in particolare dei manager (executive) soprattutto bancari è apparso tra le questioni centrali nei recenti dibattiti sulla stabilità dei mercati finanziari. Un’analisi comparata dei principali orientamenti del dibattito internazionale indica alcuni fondamentali interessi ritenuti meritevoli di tutela. In primo luogo, la correttezza della remunerazione, nel senso della sua ragionevolezza; una seconda istanza è data dall’informazione, essenziale strumento di monitoraggio degli azionisti a completamento della negoziazioni ma anche funzionale all’attività di controllo degli stakeholders e delle preposte autorità di vigilanza. Nuove regole sono quindi state messe a punto, anche a livello europeo, sulla spinta delle best practices e dei codici di autodisciplina, al fine di mitigare i possibili effetti distorsivi legati ai sistemi di remunerazione variabili dei manager, facendo leva su di un miglior collegamento proporzionale con l’andamento della gestione (e quindi con le performance) e su di una più ampia trasparenza informativa. Nonostante il descritto assetto regolamentare (che si arricchisce delle varie proposte di riforma avanzate, specialmente, dalla dottrina nordamericana e delle recenti iniziative a livello mondiale) permangono, con gli alti compensi, gli effetti distorsivi del comportamento del top management esecutivo che, nella prospettiva di un guadagno rapido e dunque con politiche cortomiranti e speculative compie operazioni destinate ad influire non solo sul valore e sulla quotazione dei titoli della società anche del gruppo ma altresì sull’economia aziendale, talora con danni irreversibili. Preso atto che la sproporzione rispetto alle performance è alla base di abusi ed eccessi di potere, lo scritto, oltre a proporre l’utilizzo di strumenti civilistici a rimedio degli squilibri contrattuali, individua il punto di risoluzione della composizione degli interessi nell’adozione di norme di ragionevolezza, auspicabilmente di natura primaria, volte a disciplinare ogni stadio della vicenda remunerativa, dalla negoziazione dell’accordo alla fase patologica.
La remunerazione degli amministratori: nuove norme per sanare cattive prassi / Santosuosso, Daniele Umberto. - In: RIVISTA DI DIRITTO SOCIETARIO. - ISSN 1972-9243. - 2:(2010), pp. 341-351.
La remunerazione degli amministratori: nuove norme per sanare cattive prassi
SANTOSUOSSO, Daniele Umberto
2010
Abstract
Lo scritto affronta il tema della remunerazione degli amministratori in un’ottica comparatistica con il fine di individuare, muovendo dall’analisi degli orientamenti e delle best practices diffuse nei principali ordinamenti occidentali, utili proposte di riforma della normativa italiana e “nuovi” rimedi civilistici e societari per disciplinare l’annoso problema dello squilibrio fra remunerazione e performance aziendali dei managers. Va ricordato infatti che cattive prassi rappresentano una delle principali cause dei dissesti e persino della globale recessione, spingendo a politiche opportunistiche per innalzare il valore delle azioni nel breve periodo e guadagnare una più ricca remunerazione. Pertanto, il tema della remunerazione degli amministratori ed in particolare dei manager (executive) soprattutto bancari è apparso tra le questioni centrali nei recenti dibattiti sulla stabilità dei mercati finanziari. Un’analisi comparata dei principali orientamenti del dibattito internazionale indica alcuni fondamentali interessi ritenuti meritevoli di tutela. In primo luogo, la correttezza della remunerazione, nel senso della sua ragionevolezza; una seconda istanza è data dall’informazione, essenziale strumento di monitoraggio degli azionisti a completamento della negoziazioni ma anche funzionale all’attività di controllo degli stakeholders e delle preposte autorità di vigilanza. Nuove regole sono quindi state messe a punto, anche a livello europeo, sulla spinta delle best practices e dei codici di autodisciplina, al fine di mitigare i possibili effetti distorsivi legati ai sistemi di remunerazione variabili dei manager, facendo leva su di un miglior collegamento proporzionale con l’andamento della gestione (e quindi con le performance) e su di una più ampia trasparenza informativa. Nonostante il descritto assetto regolamentare (che si arricchisce delle varie proposte di riforma avanzate, specialmente, dalla dottrina nordamericana e delle recenti iniziative a livello mondiale) permangono, con gli alti compensi, gli effetti distorsivi del comportamento del top management esecutivo che, nella prospettiva di un guadagno rapido e dunque con politiche cortomiranti e speculative compie operazioni destinate ad influire non solo sul valore e sulla quotazione dei titoli della società anche del gruppo ma altresì sull’economia aziendale, talora con danni irreversibili. Preso atto che la sproporzione rispetto alle performance è alla base di abusi ed eccessi di potere, lo scritto, oltre a proporre l’utilizzo di strumenti civilistici a rimedio degli squilibri contrattuali, individua il punto di risoluzione della composizione degli interessi nell’adozione di norme di ragionevolezza, auspicabilmente di natura primaria, volte a disciplinare ogni stadio della vicenda remunerativa, dalla negoziazione dell’accordo alla fase patologica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.