Henri Ciriani’s architecture roots directly in the figurative avant-gardes, to the source of those cubist and purist suggestions which are the lifeblood of the rationalist revolution led by its mentor, Le Corbusier. Having met and interviewed Ciriani a few years ago in a Paris bistro, has given us the opportunity to clarify methods and objectives of his design practice, deepen his faith in the project centrality and the modernist abstract language and, above all, to be able to browse his notebooks, full of small fascinating gouache-painted sketches. His color comes along with the form in his detailed drawings, to differentiate elements, establish hierarchies and anticipate the visual effects. He is not interested in materials color but in painting his concrete surfaces. He openly claims a relentless curiosity about masters as Picasso, Matisse and Leger as well as underestimated artists such as Kobro, and contemporary artists such as Tapies and Mitchell, Kelly or Rafael Soto.

“Se potessi utilizzare soltanto il cemento, sarei molto contento. Fare degli edifici con le pareti che voglio trasparenti in vetro, libere, e le pareti che voglio opache in cemento. Mi basta questo. E poi si tratta di aggiungere qualche colore. Porte come quadri; se ogni porta o elemento mobile potesse essere dipinta da Matisse, che meraviglia… Cemento, vetro e porte dipinte da Matisse” (H. Ciriani, 1997). L’architettura di Henri Edouard Ciriani affonda le sue radici cromatiche direttamente nell’avventura delle avanguardie figurative, alla fonte di quelle suggestioni cubiste e puriste che costituiscono la linfa vitale della rivoluzione razionalista condotta dal suo omonimo mentore, Le Corbusier. Averlo incontrato ed intervistato qualche anno fa in un bistròt parigino, mi ha concesso l’opportunità di chiarire metodi e obiettivi della sua pratica progettuale, di approfondire la sua profonda fede nella centralità del progetto e del linguaggio astratto modernista e, soprattutto, di poter sfogliare i suoi taccuini pieni di piccoli ed affascinanti schizzi colorati a gouache. Il suo colore nasce assieme alla forma, nel disegno, un disegno sempre estremamente dettagliato, che permette di differenziare gli elementi, di fissare le gerarchie e di anticipare l’effetto visivo della forma progettata. E poi il colore viene dipinto sulle superfici cementizie, assai più importante del colore dei materiali stessi. Il suo lavoro deonta una incessante curiosità verso l’opera non solo di grandi maestri affermati come Picasso, Matisse e Leger, ma anche di sottovalutati sperimentatori come Katarzyna Kobro, o di artisti contemporanei come Antoni Tàpies e Joan Mitchell, Ellsworth Kelly o Jesus Rafael Soto. A volte sono i colori primari di Rietveld ad essere stesi sulle facciate della torre a l’Aia per contestualizzarne l’inserimento, a volte sono quelli puristi ad essere utilizzati per valorizzare le variazioni solari. Altrove è direttamente il blu del cielo a suggerire il colore delle lastre vetrate con cui rivestire il Musée Archéologique ad Arles allo scopo di smaterializzarne il profilo triangolare, neppure possiamo dimenticare l’influenza ancestrale della natura lussureggiante del Perù e dell’artigianato tradizionale inca assorbito in gioventù nel suo paese d’origine. Nell’arco di 50 anni di disegni e realizzazioni, Ciriani ha utilizzato il colore con una molteplicità di criteri, tesi, da una parte, ad evidenziare le componenti genetiche dell’edificio e, dall’altra, a manipolare otticamente la percezione dei volumi esterni ed interni. Negli ultimi anni, dopo aver chiuso l’atelier parigino ed essere tornato a Lima, Ciriani si sta dedicando a grandi progetti residenziali, che oltre a ricucire certi fili interrotti della ricerca modernista sulle Unitè d’habitation, esibiscono uno spregiudicato uso di colori saturi, che attraverso le geometrie spezzate di Lauweriks o di Hablik, sembrano ripristinare l’ancestrale legame con le pitture e le trame tessili degli Inca.

“Cement, glass and Matisse’s colours”: notes on Henri E. Ciriani’s chromatic surfaces / Colonnese, Fabio. - (2013), pp. 324-332. ( IX Conferenza del Colore Firenze 19-20 settembre 2013).

“Cement, glass and Matisse’s colours”: notes on Henri E. Ciriani’s chromatic surfaces

COLONNESE, Fabio
2013

Abstract

Henri Ciriani’s architecture roots directly in the figurative avant-gardes, to the source of those cubist and purist suggestions which are the lifeblood of the rationalist revolution led by its mentor, Le Corbusier. Having met and interviewed Ciriani a few years ago in a Paris bistro, has given us the opportunity to clarify methods and objectives of his design practice, deepen his faith in the project centrality and the modernist abstract language and, above all, to be able to browse his notebooks, full of small fascinating gouache-painted sketches. His color comes along with the form in his detailed drawings, to differentiate elements, establish hierarchies and anticipate the visual effects. He is not interested in materials color but in painting his concrete surfaces. He openly claims a relentless curiosity about masters as Picasso, Matisse and Leger as well as underestimated artists such as Kobro, and contemporary artists such as Tapies and Mitchell, Kelly or Rafael Soto.
2013
IX Conferenza del Colore
“Se potessi utilizzare soltanto il cemento, sarei molto contento. Fare degli edifici con le pareti che voglio trasparenti in vetro, libere, e le pareti che voglio opache in cemento. Mi basta questo. E poi si tratta di aggiungere qualche colore. Porte come quadri; se ogni porta o elemento mobile potesse essere dipinta da Matisse, che meraviglia… Cemento, vetro e porte dipinte da Matisse” (H. Ciriani, 1997). L’architettura di Henri Edouard Ciriani affonda le sue radici cromatiche direttamente nell’avventura delle avanguardie figurative, alla fonte di quelle suggestioni cubiste e puriste che costituiscono la linfa vitale della rivoluzione razionalista condotta dal suo omonimo mentore, Le Corbusier. Averlo incontrato ed intervistato qualche anno fa in un bistròt parigino, mi ha concesso l’opportunità di chiarire metodi e obiettivi della sua pratica progettuale, di approfondire la sua profonda fede nella centralità del progetto e del linguaggio astratto modernista e, soprattutto, di poter sfogliare i suoi taccuini pieni di piccoli ed affascinanti schizzi colorati a gouache. Il suo colore nasce assieme alla forma, nel disegno, un disegno sempre estremamente dettagliato, che permette di differenziare gli elementi, di fissare le gerarchie e di anticipare l’effetto visivo della forma progettata. E poi il colore viene dipinto sulle superfici cementizie, assai più importante del colore dei materiali stessi. Il suo lavoro deonta una incessante curiosità verso l’opera non solo di grandi maestri affermati come Picasso, Matisse e Leger, ma anche di sottovalutati sperimentatori come Katarzyna Kobro, o di artisti contemporanei come Antoni Tàpies e Joan Mitchell, Ellsworth Kelly o Jesus Rafael Soto. A volte sono i colori primari di Rietveld ad essere stesi sulle facciate della torre a l’Aia per contestualizzarne l’inserimento, a volte sono quelli puristi ad essere utilizzati per valorizzare le variazioni solari. Altrove è direttamente il blu del cielo a suggerire il colore delle lastre vetrate con cui rivestire il Musée Archéologique ad Arles allo scopo di smaterializzarne il profilo triangolare, neppure possiamo dimenticare l’influenza ancestrale della natura lussureggiante del Perù e dell’artigianato tradizionale inca assorbito in gioventù nel suo paese d’origine. Nell’arco di 50 anni di disegni e realizzazioni, Ciriani ha utilizzato il colore con una molteplicità di criteri, tesi, da una parte, ad evidenziare le componenti genetiche dell’edificio e, dall’altra, a manipolare otticamente la percezione dei volumi esterni ed interni. Negli ultimi anni, dopo aver chiuso l’atelier parigino ed essere tornato a Lima, Ciriani si sta dedicando a grandi progetti residenziali, che oltre a ricucire certi fili interrotti della ricerca modernista sulle Unitè d’habitation, esibiscono uno spregiudicato uso di colori saturi, che attraverso le geometrie spezzate di Lauweriks o di Hablik, sembrano ripristinare l’ancestrale legame con le pitture e le trame tessili degli Inca.
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
“Cement, glass and Matisse’s colours”: notes on Henri E. Ciriani’s chromatic surfaces / Colonnese, Fabio. - (2013), pp. 324-332. ( IX Conferenza del Colore Firenze 19-20 settembre 2013).
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