This paper aims at providing a framework to support the understanding of the «trajectory of access» (Bruni, 2006) to the field, that is, in this case, a Complex Operative Unit (COU) of an hospital in Italy. Goffman’s dramaturgic metaphor (1959) is used to show how, by positioning and signifying the researcher – in the “acts” of accessing the field-, participants highlight the interal functioning of the organization and suggest interpretive paths to the researcher. Each act of accessing the field is played on a different stage: from the institutional access, toward the attempts of embedding the newcomer into local dynamics, to her acceptation within the private spaces of the ward.Along this process towards the centre of the professional community’s activities and meanings, the researcher has been observed, “interpreted” and differently positioned in the field by the participants according to their categories of significance. The access of the researcher to the field becomes the first “key of access” to the organization’s knowledge. In fact, self-presentation acts proposed by both the researcher and the organization, offer suggestions to interpret what is relevant to deep and where to look. In particular, the focus is on the socio-materiality of the organization: the physical spaces of the COU, the artifacts used by members of the professional community, including «boundary making artifacts» (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti, 2013), which, in a certain way, embed the rules of access. For this reason, at the core of the analyses provided in this paper, they are the expressions of organizational functioning that emerge in the initial phases of the research are analyzed.

Il presente articolo si pone l’obiettivo di fornire una chiave interpretativa che supporti comprensione della «traiettoria di accesso al campo» (Bruni, 2006) ad una Unità Operativa Complessa (U.O.C) di un ospedale romano. Viene utilizzata la metafora drammaturgica goffmaniana per mostrare come, attraverso i posizionamenti e i significati attribuiti dai partecipanti alla ricercatrice – sul piano dell’azione – durante i diversi “atti” dell’accesso al campo, l’organizzazione metta in luce alcuni funzionamenti interni e suggerisca percorsi interpretativi. Ogni atto dell’accesso al campo presentato nell’articolo è giocato su una scena diversa (Goffman, 1959): dall’accesso istituzionale alla negoziazione della presenza con il personale ospedaliero nei reparti, dai tentativi di incorporazione della nuova figura alla costruzione della sua identità attraverso la partecipazione alle pratiche quotidiane, fino all’accettazione della ricercatrice all’interno degli spazi extra-lavorativi. Lungo questo percorso verso il centro delle attività e dei significati della «comunità di pratica» (Wenger, 1988), si vuole evidenziare come la ricercatrice venga variamente identificata nel ruolo che i partecipanti le attribuiscono sulla base delle loro categorie di significazione. L’attenzione verrà posta, di volta in volta, sugli spazi fisici di attraversamento, gli artefatti usati dai membri dell’organizzazione, tra cui quelli « di soglia» (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti, 2013). Essi costituiscono la componente materica delle scene, oltre che una parte costitutiva delle rappresentazioni e delle impressioni costruite dall’organizzazione e dalla ricercatrice nello spazio della loro interazione “faccia a faccia”. La riflessione sulle modalità di accesso nel contesto di indagine diventa, in quest’ottica, una prima fondamentale chiave di comprensione e una forma di conoscenza del contesto organizzativo in cui viene condotta l’indagine: «the negotiation of access may be an important moment of observation per se», suggerisce Bruni (2006: 138). Ovvero, l’accesso al campo offre un osservatorio privilegiato in cui identificare – già dalle prime battute – questioni, caratterizzazioni e salienze del contesto. Non solo conta come il ricercatore presenta se stesso e la sua ricerca (Kawulich, 2010), ma altrettanto centrale è ciò che l’istituzione già nelle prime fasi di contatto decide di comunicare di sé all’esterno. Come a dire che i contesti e i loro attori danno suggerimenti di lettura e di interpretazione, orientando il ricercatore verso alcuni specifici ambiti di approfondimento (Autore B et al., 2007). Nel caso specifico della ricerca qui raccontata, ad essere analizzate e descritte sono proprio quelle espressioni del funzionamento organizzativo che la ricercatrice incontrerà nelle fasi iniziali della ricerca e nel suo personale percorso di costruzione di un posizionamento interno al contesto.

Soglie, scene, spazi e artefatti come strumenti di conoscenza dell’organizzazione. L’accesso al campo ad una Unità Operativa Complessa Ospedaliera / Mellini, Barbara; Giorgi, Sabina; Talamo, Alessandra. - In: STUDI ORGANIZZATIVI. - ISSN 1972-4969. - STAMPA. - 1/2014:(2014), pp. 97-125. [10.3280/SO2014-001005]

Soglie, scene, spazi e artefatti come strumenti di conoscenza dell’organizzazione. L’accesso al campo ad una Unità Operativa Complessa Ospedaliera

MELLINI, BARBARA;GIORGI, SABINA;TALAMO, Alessandra
2014

Abstract

This paper aims at providing a framework to support the understanding of the «trajectory of access» (Bruni, 2006) to the field, that is, in this case, a Complex Operative Unit (COU) of an hospital in Italy. Goffman’s dramaturgic metaphor (1959) is used to show how, by positioning and signifying the researcher – in the “acts” of accessing the field-, participants highlight the interal functioning of the organization and suggest interpretive paths to the researcher. Each act of accessing the field is played on a different stage: from the institutional access, toward the attempts of embedding the newcomer into local dynamics, to her acceptation within the private spaces of the ward.Along this process towards the centre of the professional community’s activities and meanings, the researcher has been observed, “interpreted” and differently positioned in the field by the participants according to their categories of significance. The access of the researcher to the field becomes the first “key of access” to the organization’s knowledge. In fact, self-presentation acts proposed by both the researcher and the organization, offer suggestions to interpret what is relevant to deep and where to look. In particular, the focus is on the socio-materiality of the organization: the physical spaces of the COU, the artifacts used by members of the professional community, including «boundary making artifacts» (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti, 2013), which, in a certain way, embed the rules of access. For this reason, at the core of the analyses provided in this paper, they are the expressions of organizational functioning that emerge in the initial phases of the research are analyzed.
2014
Il presente articolo si pone l’obiettivo di fornire una chiave interpretativa che supporti comprensione della «traiettoria di accesso al campo» (Bruni, 2006) ad una Unità Operativa Complessa (U.O.C) di un ospedale romano. Viene utilizzata la metafora drammaturgica goffmaniana per mostrare come, attraverso i posizionamenti e i significati attribuiti dai partecipanti alla ricercatrice – sul piano dell’azione – durante i diversi “atti” dell’accesso al campo, l’organizzazione metta in luce alcuni funzionamenti interni e suggerisca percorsi interpretativi. Ogni atto dell’accesso al campo presentato nell’articolo è giocato su una scena diversa (Goffman, 1959): dall’accesso istituzionale alla negoziazione della presenza con il personale ospedaliero nei reparti, dai tentativi di incorporazione della nuova figura alla costruzione della sua identità attraverso la partecipazione alle pratiche quotidiane, fino all’accettazione della ricercatrice all’interno degli spazi extra-lavorativi. Lungo questo percorso verso il centro delle attività e dei significati della «comunità di pratica» (Wenger, 1988), si vuole evidenziare come la ricercatrice venga variamente identificata nel ruolo che i partecipanti le attribuiscono sulla base delle loro categorie di significazione. L’attenzione verrà posta, di volta in volta, sugli spazi fisici di attraversamento, gli artefatti usati dai membri dell’organizzazione, tra cui quelli « di soglia» (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti, 2013). Essi costituiscono la componente materica delle scene, oltre che una parte costitutiva delle rappresentazioni e delle impressioni costruite dall’organizzazione e dalla ricercatrice nello spazio della loro interazione “faccia a faccia”. La riflessione sulle modalità di accesso nel contesto di indagine diventa, in quest’ottica, una prima fondamentale chiave di comprensione e una forma di conoscenza del contesto organizzativo in cui viene condotta l’indagine: «the negotiation of access may be an important moment of observation per se», suggerisce Bruni (2006: 138). Ovvero, l’accesso al campo offre un osservatorio privilegiato in cui identificare – già dalle prime battute – questioni, caratterizzazioni e salienze del contesto. Non solo conta come il ricercatore presenta se stesso e la sua ricerca (Kawulich, 2010), ma altrettanto centrale è ciò che l’istituzione già nelle prime fasi di contatto decide di comunicare di sé all’esterno. Come a dire che i contesti e i loro attori danno suggerimenti di lettura e di interpretazione, orientando il ricercatore verso alcuni specifici ambiti di approfondimento (Autore B et al., 2007). Nel caso specifico della ricerca qui raccontata, ad essere analizzate e descritte sono proprio quelle espressioni del funzionamento organizzativo che la ricercatrice incontrerà nelle fasi iniziali della ricerca e nel suo personale percorso di costruzione di un posizionamento interno al contesto.
Unità Operativa Complessa ospedaliera; ricerca etnografica; artefatti di soglia
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Soglie, scene, spazi e artefatti come strumenti di conoscenza dell’organizzazione. L’accesso al campo ad una Unità Operativa Complessa Ospedaliera / Mellini, Barbara; Giorgi, Sabina; Talamo, Alessandra. - In: STUDI ORGANIZZATIVI. - ISSN 1972-4969. - STAMPA. - 1/2014:(2014), pp. 97-125. [10.3280/SO2014-001005]
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