Il saggio, che costituisce ad un tempo una forma di dialogo a distanza con altri autori della dottrina processualcivilistica, affronta alcune delicate questioni originate da un delicato e noto caso arbitrale, con particolare riferimento al tema dell’intervento in arbitrato (e dei suoi presupposti di ammissibilità) del litisconsorte necessario che non abbia stipulato il patto compromissorio (e dunque non paciscente). Preliminarmente a tale profilo, l’articolo esamina altresì: i) la questione del diverso atteggiarsi delle domande autodeterminate rispetto alla dinamica del processo, rispetto alla quale l’Autore, tenendo ferma la distinzione tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati, si fa carico di precisare che ovviamente anche in relazione ai primi l’attività di allegazione dei fatti costitutivi non individuatori non potrà essere compiuta alluvionalmente in qualunque fase del processo ma secondo congrue cadenze processuali (ravvisabili nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. ove si tratti di processo civile di cognizione e nella memoria destinata alla precisazione e modificazione delle domande, ove si tratti di giudizio arbitrale); ii) la questione se un terzo formale intestatario di azioni la cui proprietà sia controversa tra altre parti sia da considerarsi litisconsorte necessario pretermesso (qualità che, rispetto al caso in concreto esaminato, l’autore esclude motivatamente riconducendo la fattispecie all’intervento adesivo). Con riferimento al principale tema oggetto dell’indagine – ossia se il litisconsorte necessario pretermesso (o l’interveniente adesivo, a seconda dell’interpretazione del caso concreto), non paciscente possa intervenire nel giudizio arbitrale pendente senza il consenso delle parti e degli arbitri – l’autore propende in modo argomentato a favore di questa possibilità. Ciò in quanto il consenso delle altri parti è già rintracciabile nella stipula della convenzione di arbitrato e quindi nella loro scelta che quella lite (o quel novero di liti) venga deciso nel merito dagli arbitri; di talché proprio l’intervento svolto dal litisconsorte necessario pretermesso salva il procedimento dalla declaratoria di inammissibilità e consente alle altre parti (senza che venga ampliato l’oggetto del giudizio) di realizzare proprio quanto da esse voluto con la convenzione arbitrale. Tale ricostruzione trova del resto conforto nell’art. 816 quinquies c.p.c., quale norma in generale riferibile all’intervento di “terzi” non paciscenti, ove si legge che l’intervento del litisconsorte necessario pretermesso è “sempre ammesso”. In tale direzione, l’interesse che si tutela con la previsione che ammette l’intervento del litisconsorte necessario pretermesso (svincolandolo dalla reiterazione del consenso delle parti originarie) è proprio quello dei paciscenti in buona fede a vedere attuata la convenzione arbitrale, quando la errata stipula di quest’ultima sia dovuta a dimenticanza o ad una erronea, in quanto non sempre agevole, ricognizione della fattispecie sostanziale; mentre l’ipotesi in cui il terzo sia stato scientemente escluso da una delle parti (al fine di riservarsi tatticamente la futura improcedibilità del processo arbitrale o la futura nullità del lodo) non merita di trovare tutela in danno del paciscente che in buona fede aveva scelto la via arbitrale.
Domande autodeterminate e litisconsorzio necessario nel giudizio arbitrale / Consolo, Claudio. - In: RIVISTA DI DIRITTO PROCESSUALE. - ISSN 0035-6182. - STAMPA. - (2013), pp. 1406-1422.
Domande autodeterminate e litisconsorzio necessario nel giudizio arbitrale
CONSOLO, CLAUDIO
2013
Abstract
Il saggio, che costituisce ad un tempo una forma di dialogo a distanza con altri autori della dottrina processualcivilistica, affronta alcune delicate questioni originate da un delicato e noto caso arbitrale, con particolare riferimento al tema dell’intervento in arbitrato (e dei suoi presupposti di ammissibilità) del litisconsorte necessario che non abbia stipulato il patto compromissorio (e dunque non paciscente). Preliminarmente a tale profilo, l’articolo esamina altresì: i) la questione del diverso atteggiarsi delle domande autodeterminate rispetto alla dinamica del processo, rispetto alla quale l’Autore, tenendo ferma la distinzione tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati, si fa carico di precisare che ovviamente anche in relazione ai primi l’attività di allegazione dei fatti costitutivi non individuatori non potrà essere compiuta alluvionalmente in qualunque fase del processo ma secondo congrue cadenze processuali (ravvisabili nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. ove si tratti di processo civile di cognizione e nella memoria destinata alla precisazione e modificazione delle domande, ove si tratti di giudizio arbitrale); ii) la questione se un terzo formale intestatario di azioni la cui proprietà sia controversa tra altre parti sia da considerarsi litisconsorte necessario pretermesso (qualità che, rispetto al caso in concreto esaminato, l’autore esclude motivatamente riconducendo la fattispecie all’intervento adesivo). Con riferimento al principale tema oggetto dell’indagine – ossia se il litisconsorte necessario pretermesso (o l’interveniente adesivo, a seconda dell’interpretazione del caso concreto), non paciscente possa intervenire nel giudizio arbitrale pendente senza il consenso delle parti e degli arbitri – l’autore propende in modo argomentato a favore di questa possibilità. Ciò in quanto il consenso delle altri parti è già rintracciabile nella stipula della convenzione di arbitrato e quindi nella loro scelta che quella lite (o quel novero di liti) venga deciso nel merito dagli arbitri; di talché proprio l’intervento svolto dal litisconsorte necessario pretermesso salva il procedimento dalla declaratoria di inammissibilità e consente alle altre parti (senza che venga ampliato l’oggetto del giudizio) di realizzare proprio quanto da esse voluto con la convenzione arbitrale. Tale ricostruzione trova del resto conforto nell’art. 816 quinquies c.p.c., quale norma in generale riferibile all’intervento di “terzi” non paciscenti, ove si legge che l’intervento del litisconsorte necessario pretermesso è “sempre ammesso”. In tale direzione, l’interesse che si tutela con la previsione che ammette l’intervento del litisconsorte necessario pretermesso (svincolandolo dalla reiterazione del consenso delle parti originarie) è proprio quello dei paciscenti in buona fede a vedere attuata la convenzione arbitrale, quando la errata stipula di quest’ultima sia dovuta a dimenticanza o ad una erronea, in quanto non sempre agevole, ricognizione della fattispecie sostanziale; mentre l’ipotesi in cui il terzo sia stato scientemente escluso da una delle parti (al fine di riservarsi tatticamente la futura improcedibilità del processo arbitrale o la futura nullità del lodo) non merita di trovare tutela in danno del paciscente che in buona fede aveva scelto la via arbitrale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.