Il grande pittore Aleksandr Andreevic Ivanov (1806-1858) passò a Roma più di metà della sua non lunga esistenza: giunto in città alla fine del 1830, la lasciò solo nella primavera del 1858, e con grande rammarico, pochi mesi prima della sua fine improvvisa. In quei lunghi anni, in cui la sua vita subì grandi cambiamenti - dalla salute al carattere, dalla poetica ai riconoscimenti professionali, alla fede, ecc. -, Ivanov si immerse nella vita romana, soprattutto artistica, al punto di apparire completamente romanizzato a Ivan Turgenev, in visita a Roma nel 1857. Ad onta della lunghezza del soggiorno e della documentazione esistente al riguardo (si vedano l’epistolario, le memorie dei contemporanei, i taccuini di viaggio dell’artista), l’importanza del periodo romano nella formazione del gusto e della poetica di Ivanov non ha avuto ancora gli approfondimenti e il riconoscimento che merita. Nell’articolo viene analizzare il ruolo che l’ambiente romano giocò nello sviluppo del talento, del gusto, dell’orientamento artistico del pittore. In questo senso appaiono particolarmente importanti i rapporti che questi intrattenne coi pittori tedeschi Nazareni attivi a Roma (soprattutto con J. F. Overbeck) e coi “puristi”, che dei Nazareni furono i diretti continuatori. La curiosità, l’interesse e l’influsso che la teoria artistica dei Nazareni esercitarono su Ivanov, portarono il pittore a compiere ripetuti viaggi nell’Italia del Centro e del Nord (1834, 1837, 1839) per conoscere e studiare le opere dei pittori “primitivi”, precedenti a Raffaello, in cui si era dato un singolare, irripetibile connubio di arte e fede, assunto poi a mito in epoca romantica. Come nel caso di Gogol’, anch’egli grandemente debitore all’ambiente romano-nazareno di elementi di poetica, la critica ha generalmente sottovalutato, quando non totalmente ignorato, l’importanza del rapporto che unì Ivanov ai nazareni-puristi romani, rapporto che non solo fu fondamentale per l’artista negli anni Trenta, ma che rimase importante anche nei decenni successivi, giungendo a improntare di sé perfino l’ultimo periodo di Ivanov, in una consonanza non solo di poetica, ma della stessa concezione dell’arte e del ruolo dell’artista.
Aleksandr Ivanov i nazarejcy v Rime [Aleksandr Ivanov e i Nazareni a Roma] / Giuliani, Rita. - STAMPA. - (2013), pp. 306-314. (Intervento presentato al convegno Dialog kul’tur: “ital’janskij tekst” v russkoj literature i “russkij tekst” v ital’janskoj literature tenutosi a Mosca (Federazione Russa) nel 9-11 giugno 2011).
Aleksandr Ivanov i nazarejcy v Rime [Aleksandr Ivanov e i Nazareni a Roma]
GIULIANI, Rita
2013
Abstract
Il grande pittore Aleksandr Andreevic Ivanov (1806-1858) passò a Roma più di metà della sua non lunga esistenza: giunto in città alla fine del 1830, la lasciò solo nella primavera del 1858, e con grande rammarico, pochi mesi prima della sua fine improvvisa. In quei lunghi anni, in cui la sua vita subì grandi cambiamenti - dalla salute al carattere, dalla poetica ai riconoscimenti professionali, alla fede, ecc. -, Ivanov si immerse nella vita romana, soprattutto artistica, al punto di apparire completamente romanizzato a Ivan Turgenev, in visita a Roma nel 1857. Ad onta della lunghezza del soggiorno e della documentazione esistente al riguardo (si vedano l’epistolario, le memorie dei contemporanei, i taccuini di viaggio dell’artista), l’importanza del periodo romano nella formazione del gusto e della poetica di Ivanov non ha avuto ancora gli approfondimenti e il riconoscimento che merita. Nell’articolo viene analizzare il ruolo che l’ambiente romano giocò nello sviluppo del talento, del gusto, dell’orientamento artistico del pittore. In questo senso appaiono particolarmente importanti i rapporti che questi intrattenne coi pittori tedeschi Nazareni attivi a Roma (soprattutto con J. F. Overbeck) e coi “puristi”, che dei Nazareni furono i diretti continuatori. La curiosità, l’interesse e l’influsso che la teoria artistica dei Nazareni esercitarono su Ivanov, portarono il pittore a compiere ripetuti viaggi nell’Italia del Centro e del Nord (1834, 1837, 1839) per conoscere e studiare le opere dei pittori “primitivi”, precedenti a Raffaello, in cui si era dato un singolare, irripetibile connubio di arte e fede, assunto poi a mito in epoca romantica. Come nel caso di Gogol’, anch’egli grandemente debitore all’ambiente romano-nazareno di elementi di poetica, la critica ha generalmente sottovalutato, quando non totalmente ignorato, l’importanza del rapporto che unì Ivanov ai nazareni-puristi romani, rapporto che non solo fu fondamentale per l’artista negli anni Trenta, ma che rimase importante anche nei decenni successivi, giungendo a improntare di sé perfino l’ultimo periodo di Ivanov, in una consonanza non solo di poetica, ma della stessa concezione dell’arte e del ruolo dell’artista.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.