The television and their potential users are fighting, for already more than a decade, with new frontiers of use and production. These call into the question, sometimes radically, older production and communication models. It is worth affirming some trends, summarized in a Decalogue: 1. The television networks will have to deal with the changes caused by the Internet with its own logic. 2. In addition to the consumption approved we begin to affirm those of the distinction, in line with the increasing attention to the quality of life, with the trend towards customization and the creation of community around lifestyle niche. 3. Change the mode of use and the strategies of approach to the audio-visual content. 4. To imagine winning strategies, we must set aside the old patterns, communicative recipes, in favour of innovative strategies, based on continuous monitoring of changes in lifestyles and patterns of society. 5. Emerging new production models and new business models.

Senza alcun dubbio, stiamo affrontando una stagione televisiva e mediatica senza precedenti. Il semplice tentativo di soffermarsi sulle parole fa emergere immediatamente il cambiamento di paradigma. Se nel primo decennio del terzo millennio si era affermata la diade analogico vs. digitale, scoprendo all’improvviso che la vecchia tv aveva un nome qualificante dal punto di vista tecnologico (analogica, appunto), a partire dal 2012, in un panorama ormai all digital (a prescindere dalla piattaforma distributiva) si ritorna a un minimo comun denominatore. Si parla di tv (senza che sia necessario specificare la dimensione tecnica) o, più in generale, di contenuto audiovisivo distribuito attraverso varie piattaforme. Tutte digitali. Persino i vecchi players del duopolio Rai e Fininvest sono pienamente inseriti nello scenario tecnologico digitale, che permette la moltiplicazione dei canali (solo i canali di servizio pubblico sono 14, mentre i canali Mediaset Dtt sono altrettanti, ai quali si aggiunge una ormai corposa offerta premium) e genera profondi cambiamenti non solo negli scenari di consumo, ma anche nei modelli di business. Si afferma la consapevolezza diffusa che il digitale può coltivare la struttura socio-culturale, garantendo risposte a tutte le platee dei pubblici e l’universalità dell’accesso a prescindere dalle piattaforme distributive (digitale terrestre, satellitare, web, etc.). Dal punto di vista del ruolo dei pubblici, si accredita una commistione tra la condizione di consumer e produttore di contenuti, caratterizzati da competenze e pratiche di fruizione multitasking. Tuttavia, all’aumento delle platee e delle audience corrisponde una diminuzione dei ricavi pubblicitari e un disorientamento rispetto agli investimenti strategici. Ma cosa sta succedendo? La complessità dei nuovi scenari risulta piuttosto difficile da sintetizzare nelle poche battute di un articolo. Descriviamo solo alcune tendenze. Le ultime stagioni vedono la convivenza tra varie piattaforme trasmissive, con un predominio inequivocabile della tecnologia digitale. Una situazione senza precedenti finora, che in uno scenario ideale permetterebbe, accanto alla moltiplicazione dei canali, un’incentivazione dell’interattività evoluta, generando radicali trasformazioni nelle abitudini di consumo e nei modelli di business. Si afferma la consapevolezza diffusa che il digitale si pone come strategia di continuità con il passato e come opportunità per recuperare/valorizzare linguaggi e formati collettivamente condivisi sul piano sociale e culturale rendendoli disponibili in formule e fruizioni diverse. Ma anche entro uno scenario apparentemente idilliaco diventa prioritario far luce sulla situazione reale dell’Italia. Effettivamente, rispetto al passato, le categorie interpretative cambiano: a ‘la tv’ si sostituiscono ‘le tv’, così come ‘la radio’ viene sostituita da ‘le radio’. L’evoluzione degli scenari tecnologici condiziona sia la domanda che l’offerta di contenuti televisivi. Dal punto di vista della domanda, si delinea, a livello nazionale e internazionale, la tendenza verso una minore omogeneizzazione dei gusti e delle scelte dei telespettatori, idonea ad aprire nuovi segmenti di mercato che potrebbero essere soddisfatti dall’offerta di nuovi operatori. Emblematica, in questo senso, la rappresentazione della società italiana in funzione del suo rapporto con la tv. Scompare (2012) la tv analogica, aumenta in maniera rilevante il digitale terrestre e, anche se solo di pochi punti percentuali, il digitale satellitare e la web tv. Appare, dunque, quanto mai evidente la disponibilità delle persone a cambiare abitudini di fruizione e piattaforme, spesso navigando tra le offerte disponibili. Quello che accade nel periodo a cavallo tra il secondo e il terzo millennio è, infatti, tutt’altro che crisi. Anzi, si registra un aumento delle audience mai raggiunto precedentemente, che prepara una stagione di rivisitazione del rapporto con il mezzo televisivo, naturale in una fase di saturazione del mercato disponibile e di forti rivoluzioni tecnologiche. Si apre così la via verso l’ultimo stadio evolutivo sperimentato dal mezzo, con il relativo impatto sui pubblici, in bilico tra le offerte tradizionali e lo sconvolgimento prodotto dalla potenza di Internet e delle tecnologie. Accanto al business della produzione tradizionale si afferma quello delle piattaforme di fruizione, di distribuzione e di condivisione on line, che fanno sì che al centro delle dinamiche di fruizione si trovi non più il brand della rete tv, così come accade nel mainstream, ma quello del contenuto trasmesso. Alla forza centripeta della televisione tradizionale si aggiunge, paradossalmente, quella centrifuga delle nuove forme di consumo, che vede i pubblici disseminati nelle larghe e dispersive maglie della rete, per poi ricongiungerli all’interno delle community e delle piattaforme di social tv. Quel che appare evidente a questo punto è che, piuttosto che temere un’erosione del livello di attenzione dei pubblici a vantaggio dei social network, la televisione, intesa non come “schermo” ma come insieme di contenuti, scelga quotidianamente di ripensare se stessa sviluppando interessanti sinergie di forme e linguaggi e sfruttando il continuum tra i diversi media che oggi consente possibilità di comunicazione inedite a fasce di pubblico molto più ampie ed eterogenee. In quest’ottica i social network, non si limitano più a convivere pacificamente con la tv, ma rappresentano uno strumento estremamente potente, per coinvolgere e raggiungere in maniera più incisiva il telespettatore. Un esempio eclatante è quanto accaduto durante l’ultima edizione di Sanremo, quando pubblici della rete e della tv hanno generato un’amplificazione del brand con il consequenziale ringiovanimento della platea dello show televisivo. L’insieme di queste tendenze sta portando a un aumento del consumo di contenuti video televisivi e, nello stesso tempo, a una redistribuzione delle audience su piattaforme e dispositivi oltre i confini imposti dalle emittenti e dallo schermo televisivo tradizionale in genere. Questi sviluppi nel complesso comportano effetti considerevoli sugli assetti di mercato: aumenta, infatti, la competitività tra i broadcaster e le reti pay e tra essi e i nuovi player provenienti in larga parte dal Web. Insomma, un mondo che cambia e che coinvolge inevitabilmente anche le nuove dinamiche della produzione, che si sta attrezzando per affrontare i propri pubblici creando dei veri e propri brand, spesso coltivati molto prima dell’uscita dei nuovi prodotti. E’ quanto accade, ad esempio, nell’universo delle serie (attraverso i teaser, ad esempio, ovvero dei promo che sostanzialmente anticipano l’atmosfera della serie tv) e anche al di là della serie che viene lanciata sul mercato. La reputazione e il successo di un prodotto, infatti, vengono spesso gestiti e anticipati attraverso l’analisi dei comportamenti degli utenti all’interno dei social network, ambienti di condivisione di contenuti e soprattutto di emozioni e sentimenti (Un modello matematico di previsione del successo di un prodotto cinematografico o audiovisivo, attraverso l’analisi dei Twitt viene elaborato da Sitaram Asur e Bernardo A. Huberman del Social Computing Lab - HP Labs, Palo Alto, California, nello studio Predicting the Future With Social Media, disponibile on line all’indirizzo: http://www.scribd.com/doc/29333985/Predicting-the-Future-With-Social-Media#). Il ruolo finora preponderante delle emittenti televisive tradizionali viene insidiato, dunque, da nuovi protagonisti; nello stesso tempo, l’industria del piccolo schermo si trova ad affrontare le sfide imposte dal digitale e dalla rete. Queste dinamiche hanno un indiscusso protagonista: il pubblico e la sua opinione. Lo stesso pubblico che decide di riunirsi, con la stessa facilità, nei flash mob della Rete oppure intorno alle grandi cerimonie della tv mainstream come gli spettacoli di Benigni, la grande partita della Nazionale di calcio o un reinventato Sanremo.

Il pubblico nell'età dell'abbondanza / Gavrila, Mihaela. - In: FORMICHE. - ISSN 1824-9914. - STAMPA. - (2013), pp. 78-80.

Il pubblico nell'età dell'abbondanza

GAVRILA, Mihaela
2013

Abstract

The television and their potential users are fighting, for already more than a decade, with new frontiers of use and production. These call into the question, sometimes radically, older production and communication models. It is worth affirming some trends, summarized in a Decalogue: 1. The television networks will have to deal with the changes caused by the Internet with its own logic. 2. In addition to the consumption approved we begin to affirm those of the distinction, in line with the increasing attention to the quality of life, with the trend towards customization and the creation of community around lifestyle niche. 3. Change the mode of use and the strategies of approach to the audio-visual content. 4. To imagine winning strategies, we must set aside the old patterns, communicative recipes, in favour of innovative strategies, based on continuous monitoring of changes in lifestyles and patterns of society. 5. Emerging new production models and new business models.
2013
Senza alcun dubbio, stiamo affrontando una stagione televisiva e mediatica senza precedenti. Il semplice tentativo di soffermarsi sulle parole fa emergere immediatamente il cambiamento di paradigma. Se nel primo decennio del terzo millennio si era affermata la diade analogico vs. digitale, scoprendo all’improvviso che la vecchia tv aveva un nome qualificante dal punto di vista tecnologico (analogica, appunto), a partire dal 2012, in un panorama ormai all digital (a prescindere dalla piattaforma distributiva) si ritorna a un minimo comun denominatore. Si parla di tv (senza che sia necessario specificare la dimensione tecnica) o, più in generale, di contenuto audiovisivo distribuito attraverso varie piattaforme. Tutte digitali. Persino i vecchi players del duopolio Rai e Fininvest sono pienamente inseriti nello scenario tecnologico digitale, che permette la moltiplicazione dei canali (solo i canali di servizio pubblico sono 14, mentre i canali Mediaset Dtt sono altrettanti, ai quali si aggiunge una ormai corposa offerta premium) e genera profondi cambiamenti non solo negli scenari di consumo, ma anche nei modelli di business. Si afferma la consapevolezza diffusa che il digitale può coltivare la struttura socio-culturale, garantendo risposte a tutte le platee dei pubblici e l’universalità dell’accesso a prescindere dalle piattaforme distributive (digitale terrestre, satellitare, web, etc.). Dal punto di vista del ruolo dei pubblici, si accredita una commistione tra la condizione di consumer e produttore di contenuti, caratterizzati da competenze e pratiche di fruizione multitasking. Tuttavia, all’aumento delle platee e delle audience corrisponde una diminuzione dei ricavi pubblicitari e un disorientamento rispetto agli investimenti strategici. Ma cosa sta succedendo? La complessità dei nuovi scenari risulta piuttosto difficile da sintetizzare nelle poche battute di un articolo. Descriviamo solo alcune tendenze. Le ultime stagioni vedono la convivenza tra varie piattaforme trasmissive, con un predominio inequivocabile della tecnologia digitale. Una situazione senza precedenti finora, che in uno scenario ideale permetterebbe, accanto alla moltiplicazione dei canali, un’incentivazione dell’interattività evoluta, generando radicali trasformazioni nelle abitudini di consumo e nei modelli di business. Si afferma la consapevolezza diffusa che il digitale si pone come strategia di continuità con il passato e come opportunità per recuperare/valorizzare linguaggi e formati collettivamente condivisi sul piano sociale e culturale rendendoli disponibili in formule e fruizioni diverse. Ma anche entro uno scenario apparentemente idilliaco diventa prioritario far luce sulla situazione reale dell’Italia. Effettivamente, rispetto al passato, le categorie interpretative cambiano: a ‘la tv’ si sostituiscono ‘le tv’, così come ‘la radio’ viene sostituita da ‘le radio’. L’evoluzione degli scenari tecnologici condiziona sia la domanda che l’offerta di contenuti televisivi. Dal punto di vista della domanda, si delinea, a livello nazionale e internazionale, la tendenza verso una minore omogeneizzazione dei gusti e delle scelte dei telespettatori, idonea ad aprire nuovi segmenti di mercato che potrebbero essere soddisfatti dall’offerta di nuovi operatori. Emblematica, in questo senso, la rappresentazione della società italiana in funzione del suo rapporto con la tv. Scompare (2012) la tv analogica, aumenta in maniera rilevante il digitale terrestre e, anche se solo di pochi punti percentuali, il digitale satellitare e la web tv. Appare, dunque, quanto mai evidente la disponibilità delle persone a cambiare abitudini di fruizione e piattaforme, spesso navigando tra le offerte disponibili. Quello che accade nel periodo a cavallo tra il secondo e il terzo millennio è, infatti, tutt’altro che crisi. Anzi, si registra un aumento delle audience mai raggiunto precedentemente, che prepara una stagione di rivisitazione del rapporto con il mezzo televisivo, naturale in una fase di saturazione del mercato disponibile e di forti rivoluzioni tecnologiche. Si apre così la via verso l’ultimo stadio evolutivo sperimentato dal mezzo, con il relativo impatto sui pubblici, in bilico tra le offerte tradizionali e lo sconvolgimento prodotto dalla potenza di Internet e delle tecnologie. Accanto al business della produzione tradizionale si afferma quello delle piattaforme di fruizione, di distribuzione e di condivisione on line, che fanno sì che al centro delle dinamiche di fruizione si trovi non più il brand della rete tv, così come accade nel mainstream, ma quello del contenuto trasmesso. Alla forza centripeta della televisione tradizionale si aggiunge, paradossalmente, quella centrifuga delle nuove forme di consumo, che vede i pubblici disseminati nelle larghe e dispersive maglie della rete, per poi ricongiungerli all’interno delle community e delle piattaforme di social tv. Quel che appare evidente a questo punto è che, piuttosto che temere un’erosione del livello di attenzione dei pubblici a vantaggio dei social network, la televisione, intesa non come “schermo” ma come insieme di contenuti, scelga quotidianamente di ripensare se stessa sviluppando interessanti sinergie di forme e linguaggi e sfruttando il continuum tra i diversi media che oggi consente possibilità di comunicazione inedite a fasce di pubblico molto più ampie ed eterogenee. In quest’ottica i social network, non si limitano più a convivere pacificamente con la tv, ma rappresentano uno strumento estremamente potente, per coinvolgere e raggiungere in maniera più incisiva il telespettatore. Un esempio eclatante è quanto accaduto durante l’ultima edizione di Sanremo, quando pubblici della rete e della tv hanno generato un’amplificazione del brand con il consequenziale ringiovanimento della platea dello show televisivo. L’insieme di queste tendenze sta portando a un aumento del consumo di contenuti video televisivi e, nello stesso tempo, a una redistribuzione delle audience su piattaforme e dispositivi oltre i confini imposti dalle emittenti e dallo schermo televisivo tradizionale in genere. Questi sviluppi nel complesso comportano effetti considerevoli sugli assetti di mercato: aumenta, infatti, la competitività tra i broadcaster e le reti pay e tra essi e i nuovi player provenienti in larga parte dal Web. Insomma, un mondo che cambia e che coinvolge inevitabilmente anche le nuove dinamiche della produzione, che si sta attrezzando per affrontare i propri pubblici creando dei veri e propri brand, spesso coltivati molto prima dell’uscita dei nuovi prodotti. E’ quanto accade, ad esempio, nell’universo delle serie (attraverso i teaser, ad esempio, ovvero dei promo che sostanzialmente anticipano l’atmosfera della serie tv) e anche al di là della serie che viene lanciata sul mercato. La reputazione e il successo di un prodotto, infatti, vengono spesso gestiti e anticipati attraverso l’analisi dei comportamenti degli utenti all’interno dei social network, ambienti di condivisione di contenuti e soprattutto di emozioni e sentimenti (Un modello matematico di previsione del successo di un prodotto cinematografico o audiovisivo, attraverso l’analisi dei Twitt viene elaborato da Sitaram Asur e Bernardo A. Huberman del Social Computing Lab - HP Labs, Palo Alto, California, nello studio Predicting the Future With Social Media, disponibile on line all’indirizzo: http://www.scribd.com/doc/29333985/Predicting-the-Future-With-Social-Media#). Il ruolo finora preponderante delle emittenti televisive tradizionali viene insidiato, dunque, da nuovi protagonisti; nello stesso tempo, l’industria del piccolo schermo si trova ad affrontare le sfide imposte dal digitale e dalla rete. Queste dinamiche hanno un indiscusso protagonista: il pubblico e la sua opinione. Lo stesso pubblico che decide di riunirsi, con la stessa facilità, nei flash mob della Rete oppure intorno alle grandi cerimonie della tv mainstream come gli spettacoli di Benigni, la grande partita della Nazionale di calcio o un reinventato Sanremo.
audience; Televisione; società; cambiamento
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Il pubblico nell'età dell'abbondanza / Gavrila, Mihaela. - In: FORMICHE. - ISSN 1824-9914. - STAMPA. - (2013), pp. 78-80.
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