Secondo la Free Software Foundation l'accesso al software determina chi può partecipare a una società digitale. Quindi le libertà di usare, copiare, modificare e ridistribuire il software, consentono a tutti una pari possibilità di partecipazione all'era dell'informazione. Alla luce dell'affermazione sopra riportata, ad un tecnico (architetto, ingegnere, geometra) rimane da capire se vi è “software libero” (nell’accezione di senza costo) in grado di sostituire gli applicativi commerciali finora utilizzati; se vi è una convenienza in termini economici, di prestazioni, di gestione del lavoro pregresso eseguito proprio con i programmi commerciali. La risposta a tutte le domande è affermativa. In termini economici un “software libero” non costa nulla. Questo vuol dire che può essere installato su tutte le macchine che si vuole, senza limitazioni. Se lo studio dispone di 6 computer, lo si può installare su tutte le piattaforme a costo nullo. Non è la stessa cosa per i software proprietari o commerciali, dove difficilmente vengono venduti pacchetti multipiattaforma, per cui si ricorre spesso all’acquisto di una sola licenza, con la conseguente limitazione nella produttività dello studio. In termini di prestazioni i “software liberi” consentono di avere gli stessi risultati degli applicativi commerciali. Il “software libero”, esattamente come quello commerciale, viene continuamente migliorato da sviluppatori che credono nei quattro gradi di libertà in precedenza riportati. La differenza dello sviluppo di un “software proprietario” (di una azienda che produce applicativi) rispetto ad uno libero è nella modalità di organizzazione del lavoro di sviluppo. Un “software proprietario” ha delle persone che sono pagate per migliorare un programma. Un “software libero” ha una “comunity” che ci lavora sopra, persone che non necessariamente risiedono nello stesso posto. È, d’altronde, questo il vero punto di forza della nuova era digitale, la possibilità di lavorare sulla stessa cosa pur essendo in diversi punti del globo, senza ricevere compensi per tale lavoro, che viene portato avanti per motivi “etici”. Per poter effettuare le operazioni di implementazione di un software bisogna averne a disposizione i “codici sorgente”, e, per tale motivo, il “software libero” in inglese viene definito “open source” (sorgente libera). In termini di gestione il lavoro precedentemente eseguito con gli applicativi commerciali non viene buttato via. Infatti i “software liberi” od “open source” riescono a leggere i formati dei principali software commerciali e in tali formati riescono ad esportare il prodotto del lavoro.
Software libero per la progettazione / Empler, Tommaso. - In: PONTE. - ISSN 1129-3918. - STAMPA. - 9/10 settembre/ottobre 2008:(2008), pp. 34-37.
Software libero per la progettazione
EMPLER, TOMMASO
2008
Abstract
Secondo la Free Software Foundation l'accesso al software determina chi può partecipare a una società digitale. Quindi le libertà di usare, copiare, modificare e ridistribuire il software, consentono a tutti una pari possibilità di partecipazione all'era dell'informazione. Alla luce dell'affermazione sopra riportata, ad un tecnico (architetto, ingegnere, geometra) rimane da capire se vi è “software libero” (nell’accezione di senza costo) in grado di sostituire gli applicativi commerciali finora utilizzati; se vi è una convenienza in termini economici, di prestazioni, di gestione del lavoro pregresso eseguito proprio con i programmi commerciali. La risposta a tutte le domande è affermativa. In termini economici un “software libero” non costa nulla. Questo vuol dire che può essere installato su tutte le macchine che si vuole, senza limitazioni. Se lo studio dispone di 6 computer, lo si può installare su tutte le piattaforme a costo nullo. Non è la stessa cosa per i software proprietari o commerciali, dove difficilmente vengono venduti pacchetti multipiattaforma, per cui si ricorre spesso all’acquisto di una sola licenza, con la conseguente limitazione nella produttività dello studio. In termini di prestazioni i “software liberi” consentono di avere gli stessi risultati degli applicativi commerciali. Il “software libero”, esattamente come quello commerciale, viene continuamente migliorato da sviluppatori che credono nei quattro gradi di libertà in precedenza riportati. La differenza dello sviluppo di un “software proprietario” (di una azienda che produce applicativi) rispetto ad uno libero è nella modalità di organizzazione del lavoro di sviluppo. Un “software proprietario” ha delle persone che sono pagate per migliorare un programma. Un “software libero” ha una “comunity” che ci lavora sopra, persone che non necessariamente risiedono nello stesso posto. È, d’altronde, questo il vero punto di forza della nuova era digitale, la possibilità di lavorare sulla stessa cosa pur essendo in diversi punti del globo, senza ricevere compensi per tale lavoro, che viene portato avanti per motivi “etici”. Per poter effettuare le operazioni di implementazione di un software bisogna averne a disposizione i “codici sorgente”, e, per tale motivo, il “software libero” in inglese viene definito “open source” (sorgente libera). In termini di gestione il lavoro precedentemente eseguito con gli applicativi commerciali non viene buttato via. Infatti i “software liberi” od “open source” riescono a leggere i formati dei principali software commerciali e in tali formati riescono ad esportare il prodotto del lavoro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.