La parete, elemento importante del fare architettonico, ha sempre avuto un duplice ruolo. La giustapposizione di diversi edifici, fa si che questa diventi “la quinta” di uno spazio urbano; inoltre, per il singolo edificio, la parete rappresenta il guscio di luoghi privati. La "pelle", che divide lo spazio privato interno dallo spazio pubblico esterno, ha assunto nel nostro tempo un ruolo e un valore diverso, dando la possibilità ai due spazi di interconnettersi, modificando l’elemento limite per farlo diventare meccanismo iper-espressivo. La superficie, un tempo solo bidimensionale, si articola, si modifica, altera le sue condizioni fisiche e percettive per adeguarsi a esigenze diverse, trasformandosi anche in spazio comunicativo. Essa assume un nuovo significato: specifici condizionamenti progettuali, trasformano la parete in funzione di imput esterni. La superficie architettonica supera lo spazio bidimensionale, diventando uno spazio interattivo, capace di alterare le proprie caratteristiche fisiche per reagire a specifici condizionamenti. Inoltre è in grado di adattarsi e confrontarsi in maniera dinamica con la realtà che la circonda, gestendo la propria percezione e diventando strumento per la comunicazione. La sperimentazione nell'arte cinetica di A. Calder o di G. Colombo, le opere optical di V. Vasarely o di J. Le Parc, gli studi grafici sulle texture sia piane che tridimensionali tanto care alla ricerca artistica degli anni ‘50 e ’60, diventano prototipi, suggerimenti utili, ad alterare in maniera concreta la staticità fisica e comunicativa della superficie. Il colore, la luce che disegna il chiaroscuro, il movimento, sono gli ingredienti principali in grado di alterare la percezione ed esaltare la comunicazione. Questi si fondono con la forma e la funzione per costruire una realtà alternativa, strettamente legata alle nuove tecnologie sia fisiche che informatiche. Gli input esterni ed interni vengono razionalizzati attraverso la reiterazione di azioni semplici che per mezzo di algoritmi, costruiscono e gestiscono la superficie articolata esposta alla luce. La definizione parametrica, oltre che specificare il comportamento della superficie in funzione di dati esterni, si arricchisce ulteriormente in funzione di nuovi input che gestiscono il suo comportamento cromatico, percettivo e comunicativo.
Colore e Comunicazione. La percezione del colore sulle pareti articolate / Casale, Andrea; Valenti, Graziano Mario; Calvano, Michele. - STAMPA. - (2012).
Colore e Comunicazione. La percezione del colore sulle pareti articolate
CASALE, Andrea;VALENTI, Graziano Mario;CALVANO, MICHELE
2012
Abstract
La parete, elemento importante del fare architettonico, ha sempre avuto un duplice ruolo. La giustapposizione di diversi edifici, fa si che questa diventi “la quinta” di uno spazio urbano; inoltre, per il singolo edificio, la parete rappresenta il guscio di luoghi privati. La "pelle", che divide lo spazio privato interno dallo spazio pubblico esterno, ha assunto nel nostro tempo un ruolo e un valore diverso, dando la possibilità ai due spazi di interconnettersi, modificando l’elemento limite per farlo diventare meccanismo iper-espressivo. La superficie, un tempo solo bidimensionale, si articola, si modifica, altera le sue condizioni fisiche e percettive per adeguarsi a esigenze diverse, trasformandosi anche in spazio comunicativo. Essa assume un nuovo significato: specifici condizionamenti progettuali, trasformano la parete in funzione di imput esterni. La superficie architettonica supera lo spazio bidimensionale, diventando uno spazio interattivo, capace di alterare le proprie caratteristiche fisiche per reagire a specifici condizionamenti. Inoltre è in grado di adattarsi e confrontarsi in maniera dinamica con la realtà che la circonda, gestendo la propria percezione e diventando strumento per la comunicazione. La sperimentazione nell'arte cinetica di A. Calder o di G. Colombo, le opere optical di V. Vasarely o di J. Le Parc, gli studi grafici sulle texture sia piane che tridimensionali tanto care alla ricerca artistica degli anni ‘50 e ’60, diventano prototipi, suggerimenti utili, ad alterare in maniera concreta la staticità fisica e comunicativa della superficie. Il colore, la luce che disegna il chiaroscuro, il movimento, sono gli ingredienti principali in grado di alterare la percezione ed esaltare la comunicazione. Questi si fondono con la forma e la funzione per costruire una realtà alternativa, strettamente legata alle nuove tecnologie sia fisiche che informatiche. Gli input esterni ed interni vengono razionalizzati attraverso la reiterazione di azioni semplici che per mezzo di algoritmi, costruiscono e gestiscono la superficie articolata esposta alla luce. La definizione parametrica, oltre che specificare il comportamento della superficie in funzione di dati esterni, si arricchisce ulteriormente in funzione di nuovi input che gestiscono il suo comportamento cromatico, percettivo e comunicativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.