Aura, sguardo e intersoggettività

This essay tries to rethink Benjamin’s notion of “aura” through the consideration of two authors such as G. Didi-Huberman and D. Costello. The aim is not to distinguish between auratic and postauratic (or non-auratic) works of art, but to rethink the problem of aesthetic perception in the age of mechanical reproduction. More specifically, Costello and Didi-Huberman point out the relation between “aura” and “subjectivity”: on the one hand, the intersubjective (and ethical) nature of an “authentic” (i.e., auratic) experience; on the other hand, the presence of the aura nowadays in the “interplay of gazes” between the (subject-)work and the (subject-)spectator. Works of art are indeed characterized by a “two-fold” or aesthetic “transcendence” – they are at once both inside and outside my world – which enables them to resist the reification into reproducible commodity

Il saggio prova a ripensare la nozione benjaminiana di “aura” attraverso la riflessione di G. Didi-Hubermann e D. Costello. Lo scopo non è quello di distinguere tra opere d’arte auratiche e post-auratiche (o non-auratiche), ma quello di ripensare il problema della percezione estetica nell’epoca della riproduzione tecnica. In particolare, Costello e Didi-Hubermann mettono in evidenza la relazione tra “aura” e “soggettività”: da un lato, la natura intersoggettiva (ed etica) di un’esperienza “autentica” (cioè auratica); dall’altro lato, la presenza oggi dell’aura nel “gioco di sguardi” tra il (soggetto-)opera e il (soggetto-)spettatore. Le opere d’arte sono infatti caratterizzate da una “duplicità” o “trascendenza” estetica – sono allo stesso tempo dentro e fuori il mondo” – che permette loro di resistere alla reificazione in merce riproducibile