Negli ultimi anni si è assistito a un crescente impegno verso la progettazione, l’implementazione e la valutazione di programmi di prevenzione nei confronti di comportamenti dannosi o potenzialmente dannosi per la salute come ad esempio l’uso di sostanze psicoattive, il fumo di sigarette, il consumo di bevande alcoliche, l’alimentazione disturbata e le esperienze sessuali senza protezione. La scelta della scuola risulta particolarmente indicata perché permette di raggiungere contemporaneamente un gran numero di individui negli anni durante i quali molti hanno la possibilità per la prima volta di sperimentare alcuni dei comportamenti a rischio. Per quanto riguarda il consumo di sostanze lo scopo principale degli interventi è naturalmente limitarne l’uso e il possibile abuso, ma spesso vi è anche un obiettivo più immediato, ma non per questo meno importante: posticipare il più possibile la prima esperienza. Molte ricerche hanno infatti dimostrato come il precoce coinvolgimento nei comportamenti a rischio ne determini anche una più forte “radicazione” e una maggiore persistenza negli anni successivi. I primi interventi di prevenzione realizzati e implementati nelle scuole sono stati di carattere teorico e pragmatico. Gli obiettivi di tali interventi sono stati esclusivamente di carattere informativo mirati solo a fornire informazioni dettagliate. La comunicazione di informazioni relative ai rischi associati ai diversi comportamenti come ad esempio l’uso di alcol, tabacco o altre droghe si è ripetutamente dimostrata non efficace nella riduzione del consumo di queste ultime. Inoltre, alcuni studi dimostrano che interventi basati sulla sola informazione possono risultare dannosi, contribuendo ad aumentare l’uso delle sostanze. Anche “informare” su attività alternative ai comportamenti a rischio, ad esempio proponendo direttamente l’esercizio fisico come mezzo per raggiungere le stesse sensazioni ottenibili dalla droga non si sono dimostrati efficaci nel prevenire tali attività. L’aumento di conoscenze, conseguenza diretta dell’implementazione dei programmi di prevenzione sviluppati e in diversi paesi ha permesso la progettazione di nuovi programmi basati più su un orientamento basato su prove empiriche (research based prevention) che sul buon senso dei ricercatori. Nel presente lavoro, dopo un’introduzione sui principali modelli teorici di base, incentreremo l’attenzione su due approcci formativi maggiormente diffusi e innovativi degli ultimi anni: le life skills education e la peer education.
Modelli di Educazione alla Salute / Guarino, Angela; Serantoni, Grazia. - STAMPA. - 08/1:(2008), pp. 29-42.
Modelli di Educazione alla Salute.
GUARINO, Angela;SERANTONI, GRAZIA
2008
Abstract
Negli ultimi anni si è assistito a un crescente impegno verso la progettazione, l’implementazione e la valutazione di programmi di prevenzione nei confronti di comportamenti dannosi o potenzialmente dannosi per la salute come ad esempio l’uso di sostanze psicoattive, il fumo di sigarette, il consumo di bevande alcoliche, l’alimentazione disturbata e le esperienze sessuali senza protezione. La scelta della scuola risulta particolarmente indicata perché permette di raggiungere contemporaneamente un gran numero di individui negli anni durante i quali molti hanno la possibilità per la prima volta di sperimentare alcuni dei comportamenti a rischio. Per quanto riguarda il consumo di sostanze lo scopo principale degli interventi è naturalmente limitarne l’uso e il possibile abuso, ma spesso vi è anche un obiettivo più immediato, ma non per questo meno importante: posticipare il più possibile la prima esperienza. Molte ricerche hanno infatti dimostrato come il precoce coinvolgimento nei comportamenti a rischio ne determini anche una più forte “radicazione” e una maggiore persistenza negli anni successivi. I primi interventi di prevenzione realizzati e implementati nelle scuole sono stati di carattere teorico e pragmatico. Gli obiettivi di tali interventi sono stati esclusivamente di carattere informativo mirati solo a fornire informazioni dettagliate. La comunicazione di informazioni relative ai rischi associati ai diversi comportamenti come ad esempio l’uso di alcol, tabacco o altre droghe si è ripetutamente dimostrata non efficace nella riduzione del consumo di queste ultime. Inoltre, alcuni studi dimostrano che interventi basati sulla sola informazione possono risultare dannosi, contribuendo ad aumentare l’uso delle sostanze. Anche “informare” su attività alternative ai comportamenti a rischio, ad esempio proponendo direttamente l’esercizio fisico come mezzo per raggiungere le stesse sensazioni ottenibili dalla droga non si sono dimostrati efficaci nel prevenire tali attività. L’aumento di conoscenze, conseguenza diretta dell’implementazione dei programmi di prevenzione sviluppati e in diversi paesi ha permesso la progettazione di nuovi programmi basati più su un orientamento basato su prove empiriche (research based prevention) che sul buon senso dei ricercatori. Nel presente lavoro, dopo un’introduzione sui principali modelli teorici di base, incentreremo l’attenzione su due approcci formativi maggiormente diffusi e innovativi degli ultimi anni: le life skills education e la peer education.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.