Il concetto di limite in architettura è basilare in quanto necessario al costituirsi della forma: questa infatti è la risultante delle superfici che delimitano l’interno rispetto all’esterno (pirmidi). Ma proprio attraverso la forma l’architettura trascende il limite della sua fisicità (cupola della basilica di S.Pietro). L’architettura dell’occidente romano/cristiano “inventa” lo spazio autonomo dalla materia che ne definisce il limite: Vestibolo della Piazza d’Oro a Villa Adriana, S. Sofia a Costantinopoli. Proprio per questo motivo la parete in quanto limite è irrinunciabile alla cultura italica permeata di calassicità, anche in epoca gotica, quando il resto dell’Europa vi rinuncia per abbracciare la struttura reticolare (S. Francesco d’Assisi). Sempre la parete sarà il luogo privilegiato di individuazione dello spazio prospettico rinascimentale. Un altro significato pregnante è connesso alla “limitazione delle esperienze”, tipico dell’architettura greca. Attraverso la riduzione delle forme ad alcuni codici molto dettagliati si riescono ad apprezzare minutissimi scostamenti. Analogamente nella determinazione del tipo architettonico attraverso l’individuazione di elementi definiti e perciò limitati si riesce ad apprezzare l’infinita varietà dei casi singoli (castelli medievali, palazzi rinascimentali). Per contro la totale assenza di regole di alcune realizzazioni contemporanee ne rende irrilevante, e perciò indifferenziato, l’aspetto architettonico (grandi magazzini). Grande rilevanza nell’attualità, infine, assume il termine in relazione alla presa di consapevolezza della finitezza delle risorse e della conseguente necessità di limitare la dimensione dell’attività umana: città ideali rinascimentali, esperienza urbanistica di Vienna (Ring), ecologia urbana e controllo del consumo di risorse (leeds).

Limite / Ivaldi, Paolo. - (2011). (Intervento presentato al convegno Reload tenutosi a Roma nel 10/01/2011 - 5/03/2011).

Limite

IVALDI, PAOLO
2011

Abstract

Il concetto di limite in architettura è basilare in quanto necessario al costituirsi della forma: questa infatti è la risultante delle superfici che delimitano l’interno rispetto all’esterno (pirmidi). Ma proprio attraverso la forma l’architettura trascende il limite della sua fisicità (cupola della basilica di S.Pietro). L’architettura dell’occidente romano/cristiano “inventa” lo spazio autonomo dalla materia che ne definisce il limite: Vestibolo della Piazza d’Oro a Villa Adriana, S. Sofia a Costantinopoli. Proprio per questo motivo la parete in quanto limite è irrinunciabile alla cultura italica permeata di calassicità, anche in epoca gotica, quando il resto dell’Europa vi rinuncia per abbracciare la struttura reticolare (S. Francesco d’Assisi). Sempre la parete sarà il luogo privilegiato di individuazione dello spazio prospettico rinascimentale. Un altro significato pregnante è connesso alla “limitazione delle esperienze”, tipico dell’architettura greca. Attraverso la riduzione delle forme ad alcuni codici molto dettagliati si riescono ad apprezzare minutissimi scostamenti. Analogamente nella determinazione del tipo architettonico attraverso l’individuazione di elementi definiti e perciò limitati si riesce ad apprezzare l’infinita varietà dei casi singoli (castelli medievali, palazzi rinascimentali). Per contro la totale assenza di regole di alcune realizzazioni contemporanee ne rende irrilevante, e perciò indifferenziato, l’aspetto architettonico (grandi magazzini). Grande rilevanza nell’attualità, infine, assume il termine in relazione alla presa di consapevolezza della finitezza delle risorse e della conseguente necessità di limitare la dimensione dell’attività umana: città ideali rinascimentali, esperienza urbanistica di Vienna (Ring), ecologia urbana e controllo del consumo di risorse (leeds).
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