Although the problems of relative chronology are not few, the tendency to consider the cultural aspects of the Iron Home in northern Syria and the coast, in south-eastern Anatolia and the southern Levant as the "Dark Ages" has been strongly denied, in the last decade, historical and archaeological survey (Caubet, 1993: 123-131

Sebbene le problematiche di cronologia relativa non siano poche, la tendenza a considerare gli aspetti culturali del Ferro Iniziale nella Siria settentrionale e costiera, in Anatolia sud-orientale e nel Levante meridionale come «Età Oscura» è stata fortemente smentita, in questo ultimo decennio, dall’indagine storico-archeologica (Caubet 1993: 123-131; Mazzoni 1995: 181-191; Hawkins 1995: 87-100; Dever 1995: 416-430) e storico-artistica (Mazzoni 1997: 289-314; Mazzoni 1998: 1044-1055; Matthiae 1997: 175-249). Specificatamente, nel territorio che si estende dallo Afrin all’Eufrate si è infatti più volte sottolineato come l’avvento dei Popoli del Mare non sembrerebbe aver avuto un’incidenza disastrosa e, soprattutto, l’identità culturale dei popoli residenti in queste aree non dovette subire pressioni insostenibili; la nuova organizzazione a carattere regionale è leggibile come fattore strutturale di una crescita endogena, esito di ben più antichi rapporti diplomatici e culturali (Hawkins 1982: 388-390). In questo vasto territorio è attestata non solo una forte dilatazione temporale della documentazione di cultura materiale, ma anche una maggiore concentrazione e permanenza dei Patterns insediamentali ed è ormai risultato evidente che all’origine di tale continuità è l’effetto di nuove condizioni geoeconomiche, tra cui lo sfruttamento sistematico dei ricchi giacimenti metalliferi anatolici (Mazzoni 1981: 311-334 vs Schwartz 1989: 275-291), che avrebbe interagito positivamente con quella serie ampia di cambiamenti tecnologici, economici e sociali avvenuti nel passaggio dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro (per i quali si veda: Liverani 1988: 629-660). Per quanto riguarda propriamente gli aspetti di continuità estetico-simbolica, che legano i centri della Siria Settentrionale nell’Età del Ferro alle radicali di sviluppo economico e culturale locali, è però bene ribadire che solo l’applicazione delle nuove metodiche di analisi storico-artistica ha riconsegnato spessore semantico proprio all’esistenza di una Cultura dell’Età del Ferro Siriana; essa è capace di porsi in modo dialettico con le manifestazioni culturali e simboliche neoassire e neohittite, senza per questo disperdere il proprio sostrato di tradizioni acquisite e tramandate (Matthiae 1992: 191-209; Matthiae 1997: 175-225; Mazzoni 2000: 1043-1055). Lo stereotipo, prodotto del più ottuso evoluzionismo, che profilava l’esistenza di una popolazione locale barbara, poi civilizzata artisticamente dall’impero assiro, come le ibride definizioni classificatorie geografiche (cultura siro-hittita) sono risultate - nel tempo - maglie troppo strette per costringere il corpo di informazioni storiche e artistiche in continua crescita (Matthiae 1997: 197). Almeno nella Siria interna, tra l’alto corso dell’Eufrate e l’Afrin, la fioritura della cultura economica, artistica e architettonica neosiriana si origina dell’interno dei milieux Paleo e Medio Siriani. La sua importanza risiede, innanzitutto, nella capacità che ebbe di entrare in contatto con il mondo circostante; non solo trasformando originalmente stimoli e suggestioni, ma riflettendo e promuovendo quella sua «peculiare originalità» acquisita nell’ambito di conoscenze teoriche e tecniche. Nel lavoro che segue, a partire dalle varianti tipologiche presenti nei maggiori edifici di culto tripartiti a cella lunga della Siria interna, tenteremo di investigare uno degli aspetti più noti di questa peculiare originalità: la persistenza cronologica e la distribuzione geografica di questa classe templare (forse la più rappresentativa del mondo religioso siriano preclassico) e la sua eventuale trasformazione tecnico-formale in ambiti sociali ed economici diversi. La codificazione formale della pianta di ogni edificio pubblico è infatti espressione indiretta di una forte condivisione “sociale” degli intenti funzionali cui sarà destinata anche se, in particolare per tutti i luoghi sacri, non è possibile risalire attraverso di essa alle norme del comportamento religioso; esse sono quanto di più variabile e indiretto ci si possa attendere, poiché fanno riferimento a quella concezione metafisica della vita, idealmente soggettiva, che si è trasformata di continuo sotto l’azione di scelte politiche. Il Tempio di ‘Ayn Dara nel regno di Unqi (Hawkins 1982: 389) e il Tempio di Salomone a Gerusalemme (da ultimo: Holladay 1995: 368-398) si inseriscono perfettamente nel quadro di queste problematiche: storiche e archeologiche al tempo stesso. I due edifici sacri indicano, senza alcun dubbio, il termine della formalizzazione della pianta, ma mentre il primo è archeologicamente documentato, del secondo è rimasto solo il «Muro del Pianto», che appartiene alle fondamenta della ricostruzione erodiana, e il racconto sacro (nella descrizione del I Libro dei Re e nella Visione di Ezechiele), riflesso unico e straordinario - purtroppo indiretto - della sua assoluta magnificenza e preziosità (Si veda l’ipotesi ricostruttiva in Busink 1970: 162-217). Dopo aver ripercorso la storia di questa tipologia (§4) ne generalizzeremo i caratteri distintivi e tenteremo di confrontarli (sovrapporli) a quelli enucleati dalla descrizione biblica (§5) per quanto attiene la pianta del Tempio (§6.1) e il suo arredo interno (§6.2). Al recupero della morfologia planimetrica della classe seguirà una breve descrizione delle maggiori variabili tipologiche riscontrate al fine di definire le suscettibilità possibili dell’impianto base e individuarne alcune delle ragioni funzionali. Allo stesso tempo, su un piano formale-planimetrico, sarà costruito un modello ideal-tipico del Tempio che useremo come termine di confronto con quanto analiticamente descritto nel I Libro dei Re e nella Visione di Ezechiele (sull’uso in chiave storica dell’ideal-tipo weberiano si veda: Topolsky 1981: 75-121). Una volta stabilita la semiosfera storica della pianta del Tempio di Salomone l’operazione di ricerca sarà rivolta ad isolare quegli elementi significanti della pianta e del suo arredo interno che informano non solo sulle caratteristiche qualitative dell’entourage artistico gerosolimitano, ma soprattutto dettagliano l’agire politico ed ideologico di Salomone (960-920 a.C.). In questa prospettiva, l’Antico Testamento - come osserveremo - costituisce tuttora una fonte di straordinaria ricchezza, dietro il «rivestimento mitico» degli accadimenti e delle descrizioni sono presenti, seppelliti nella complessa stratigrafia vivente della sua genesi (Dever 1998: 39-52; Dever 2000: 323-331), i codici di quelle scelte politiche ed ideologiche che ispirarono il senso di antiche trasmissioni simboliche e, verosimilmente, i ruoli sociali e culturali che assolsero in antico: ruoli che, soprattutto, si specchiano nei valori storico-culturali della nascente monarchia salomonica (per i quali si veda: Dever 1997: 217-249).

La tradizione dei «Longroom Temples» in Siria e Palestina. Retrospettiva sulla monarchia salomonica / Ramazzotti, Marco. - In: ORIENTALIA. - ISSN 0030-5367. - (In corso di stampa).

La tradizione dei «Longroom Temples» in Siria e Palestina. Retrospettiva sulla monarchia salomonica

RAMAZZOTTI, Marco
In corso di stampa

Abstract

Although the problems of relative chronology are not few, the tendency to consider the cultural aspects of the Iron Home in northern Syria and the coast, in south-eastern Anatolia and the southern Levant as the "Dark Ages" has been strongly denied, in the last decade, historical and archaeological survey (Caubet, 1993: 123-131
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Sebbene le problematiche di cronologia relativa non siano poche, la tendenza a considerare gli aspetti culturali del Ferro Iniziale nella Siria settentrionale e costiera, in Anatolia sud-orientale e nel Levante meridionale come «Età Oscura» è stata fortemente smentita, in questo ultimo decennio, dall’indagine storico-archeologica (Caubet 1993: 123-131; Mazzoni 1995: 181-191; Hawkins 1995: 87-100; Dever 1995: 416-430) e storico-artistica (Mazzoni 1997: 289-314; Mazzoni 1998: 1044-1055; Matthiae 1997: 175-249). Specificatamente, nel territorio che si estende dallo Afrin all’Eufrate si è infatti più volte sottolineato come l’avvento dei Popoli del Mare non sembrerebbe aver avuto un’incidenza disastrosa e, soprattutto, l’identità culturale dei popoli residenti in queste aree non dovette subire pressioni insostenibili; la nuova organizzazione a carattere regionale è leggibile come fattore strutturale di una crescita endogena, esito di ben più antichi rapporti diplomatici e culturali (Hawkins 1982: 388-390). In questo vasto territorio è attestata non solo una forte dilatazione temporale della documentazione di cultura materiale, ma anche una maggiore concentrazione e permanenza dei Patterns insediamentali ed è ormai risultato evidente che all’origine di tale continuità è l’effetto di nuove condizioni geoeconomiche, tra cui lo sfruttamento sistematico dei ricchi giacimenti metalliferi anatolici (Mazzoni 1981: 311-334 vs Schwartz 1989: 275-291), che avrebbe interagito positivamente con quella serie ampia di cambiamenti tecnologici, economici e sociali avvenuti nel passaggio dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro (per i quali si veda: Liverani 1988: 629-660). Per quanto riguarda propriamente gli aspetti di continuità estetico-simbolica, che legano i centri della Siria Settentrionale nell’Età del Ferro alle radicali di sviluppo economico e culturale locali, è però bene ribadire che solo l’applicazione delle nuove metodiche di analisi storico-artistica ha riconsegnato spessore semantico proprio all’esistenza di una Cultura dell’Età del Ferro Siriana; essa è capace di porsi in modo dialettico con le manifestazioni culturali e simboliche neoassire e neohittite, senza per questo disperdere il proprio sostrato di tradizioni acquisite e tramandate (Matthiae 1992: 191-209; Matthiae 1997: 175-225; Mazzoni 2000: 1043-1055). Lo stereotipo, prodotto del più ottuso evoluzionismo, che profilava l’esistenza di una popolazione locale barbara, poi civilizzata artisticamente dall’impero assiro, come le ibride definizioni classificatorie geografiche (cultura siro-hittita) sono risultate - nel tempo - maglie troppo strette per costringere il corpo di informazioni storiche e artistiche in continua crescita (Matthiae 1997: 197). Almeno nella Siria interna, tra l’alto corso dell’Eufrate e l’Afrin, la fioritura della cultura economica, artistica e architettonica neosiriana si origina dell’interno dei milieux Paleo e Medio Siriani. La sua importanza risiede, innanzitutto, nella capacità che ebbe di entrare in contatto con il mondo circostante; non solo trasformando originalmente stimoli e suggestioni, ma riflettendo e promuovendo quella sua «peculiare originalità» acquisita nell’ambito di conoscenze teoriche e tecniche. Nel lavoro che segue, a partire dalle varianti tipologiche presenti nei maggiori edifici di culto tripartiti a cella lunga della Siria interna, tenteremo di investigare uno degli aspetti più noti di questa peculiare originalità: la persistenza cronologica e la distribuzione geografica di questa classe templare (forse la più rappresentativa del mondo religioso siriano preclassico) e la sua eventuale trasformazione tecnico-formale in ambiti sociali ed economici diversi. La codificazione formale della pianta di ogni edificio pubblico è infatti espressione indiretta di una forte condivisione “sociale” degli intenti funzionali cui sarà destinata anche se, in particolare per tutti i luoghi sacri, non è possibile risalire attraverso di essa alle norme del comportamento religioso; esse sono quanto di più variabile e indiretto ci si possa attendere, poiché fanno riferimento a quella concezione metafisica della vita, idealmente soggettiva, che si è trasformata di continuo sotto l’azione di scelte politiche. Il Tempio di ‘Ayn Dara nel regno di Unqi (Hawkins 1982: 389) e il Tempio di Salomone a Gerusalemme (da ultimo: Holladay 1995: 368-398) si inseriscono perfettamente nel quadro di queste problematiche: storiche e archeologiche al tempo stesso. I due edifici sacri indicano, senza alcun dubbio, il termine della formalizzazione della pianta, ma mentre il primo è archeologicamente documentato, del secondo è rimasto solo il «Muro del Pianto», che appartiene alle fondamenta della ricostruzione erodiana, e il racconto sacro (nella descrizione del I Libro dei Re e nella Visione di Ezechiele), riflesso unico e straordinario - purtroppo indiretto - della sua assoluta magnificenza e preziosità (Si veda l’ipotesi ricostruttiva in Busink 1970: 162-217). Dopo aver ripercorso la storia di questa tipologia (§4) ne generalizzeremo i caratteri distintivi e tenteremo di confrontarli (sovrapporli) a quelli enucleati dalla descrizione biblica (§5) per quanto attiene la pianta del Tempio (§6.1) e il suo arredo interno (§6.2). Al recupero della morfologia planimetrica della classe seguirà una breve descrizione delle maggiori variabili tipologiche riscontrate al fine di definire le suscettibilità possibili dell’impianto base e individuarne alcune delle ragioni funzionali. Allo stesso tempo, su un piano formale-planimetrico, sarà costruito un modello ideal-tipico del Tempio che useremo come termine di confronto con quanto analiticamente descritto nel I Libro dei Re e nella Visione di Ezechiele (sull’uso in chiave storica dell’ideal-tipo weberiano si veda: Topolsky 1981: 75-121). Una volta stabilita la semiosfera storica della pianta del Tempio di Salomone l’operazione di ricerca sarà rivolta ad isolare quegli elementi significanti della pianta e del suo arredo interno che informano non solo sulle caratteristiche qualitative dell’entourage artistico gerosolimitano, ma soprattutto dettagliano l’agire politico ed ideologico di Salomone (960-920 a.C.). In questa prospettiva, l’Antico Testamento - come osserveremo - costituisce tuttora una fonte di straordinaria ricchezza, dietro il «rivestimento mitico» degli accadimenti e delle descrizioni sono presenti, seppelliti nella complessa stratigrafia vivente della sua genesi (Dever 1998: 39-52; Dever 2000: 323-331), i codici di quelle scelte politiche ed ideologiche che ispirarono il senso di antiche trasmissioni simboliche e, verosimilmente, i ruoli sociali e culturali che assolsero in antico: ruoli che, soprattutto, si specchiano nei valori storico-culturali della nascente monarchia salomonica (per i quali si veda: Dever 1997: 217-249).
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
La tradizione dei «Longroom Temples» in Siria e Palestina. Retrospettiva sulla monarchia salomonica / Ramazzotti, Marco. - In: ORIENTALIA. - ISSN 0030-5367. - (In corso di stampa).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/465037
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