E’ convinzione diffusa che la mutazione recente di culture e stili di vita delle comunità urbane contemporanee sta operando una traslazione di coordinate sempre più decisa della città verso la dimensione del management. La partita del nuovo “prodotto città” si va giocando sempre più sul tavolo dei modelli organizzativi di coordinamento e gestione dell’intero ciclo di piani, programmi e progetti , governando con un ampio ventaglio di strumenti, profili e nuove competenze la complessità delle traiettorie d’interazione tra i diversi portatori d’interesse orbitanti sugli scenari di trasformazione dello spazio urbano. I soggetti ispiratori dei progetti e le pubbliche amministrazioni (talvolta coincidenti ma spesso distinti) sono ormai coscienti che obiettivi di fondo delle politiche di rigenerazione urbana quali valorizzazione del capitale sociale, rilancio dello sviluppo locale, qualità dello spazio pubblico, efficienza dei servizi, messa in valore del patrimonio identitario degli insediamenti hanno maggiori probabilità di essere conseguiti attraverso l’attenzione alla dimensione gestionale della costruzione della città, curando con grande attenzione gli aspetti di coordinamento delle estese e articolate forme di conoscenza e di expertise necessarie al management dello spazio urbano “in divenire”. Nel solco delle forme evolutive di pilotaggio del ciclo del progetto si staglia la dialettica tra l’iperspecializzazione delle competenze e la domanda di profili in grado di orchestrare la “felice collisione” di forme di saperi e posizioni culturali tanto eterogenee. Da qui la necessità di “mettere a sistema”, ricompattare organicamente le diverse sfaccettature delle componenti coinvolte nella “maitrise d’ouvrage” del prodotto città. L’ensemblier, la nuova figura cardine del management integrato dell’intero ciclo del programma/progetto urbano contemporaneo, intende rispondere a tali esigenze proponendosi come forma evolutiva e più matura dell’originario project manager. Le sue attribuzioni riguardano non solo la possibilità di integrare le tradizionali conoscenze di settore, ma soprattutto la capacità di dar vita e gestire autorevolmente la cabina di regia di operazioni urbanistiche complesse mitigando la dimensione verticale delle competenze e ricomponendo verso obiettivi cooperativi comuni l’articolata panoplia di interessi altrimenti destinati al conflitto. Ma può esistere concretamente un tale profilo in un’epoca superspecializzata come quella attuale ? Non siamo più all’epoca della flessibilità progettuale ed esecutiva dei capimastri, costruttori delle cattedrali medioevali , o della geniale versatilità degli artisti del Rinascimento e del Barocco. L’ensemblier che la cultura transalpina sta mettendo a fuoco come declinazione evoluta del tradizionale amenageur , appare in realtà una figura ideale, difficilmente identificabile in una singola personalità, più credibile come costruzione d’equipe, una task force di competenze multiple organicamente coordinata e pronta a gestire le fasi dei programmi di rigenerazione o dei progetti urbani facendo fronte a criticità fisiologiche, cambiamenti di strategia, fasi d’incertezza. D’altra parte l’idea della dimensione coordinata è connaturata al concetto di governo della città; più ancora della tradizionale disciplina del fare urbanistica sottende fisiologicamente competenze plurime (giuridica, sociale, economica, ambientale, geografica, morfologico-spaziale, ….) Anzi, oggi è ormai maturo lo sguardo al ruolo della civitas, nelle sue articolate componenti, come soggetto, o meglio come insieme di soggetti concorrenti ai processi di assunzione delle decisioni e di costruzione della città. Nei casi di democrazia deliberativa particolarmente virtuosi i gruppi d’interesse civico possono arrivare a cooperare alla definizione degli assi strategici di trasformazione insediativa o delle linee guida delle politiche urbane. Urban Center: luogo di convergenza e confronto di saperi e competenze per il pilotaggio di programmi e progetti Da qui l’idea - e i concreti riscontri che in Francia e in altri paesi sono già verificabili - che l’ensemblier possa essere incarnato da un gruppo di esperti portatori di articolate competenze e saperi legati non soltanto ai tradizionali attori privilegiati del rapporto pubblico-privato (pubbliche amministrazioni e promoters) ma anche ai diversi stakeholders minori, portatori di interessi diffusi e recessivi che tuttavia sono ricchi di conoscenze spesso trascurate dai registri tradizionali dei modelli di diagnostica, ideazione e implementazione dei progetti. Nel contesto delle politiche di rinnovo urbano, tra le competenze da rafforzare per la costruzione del nuovo profilo dell’ensemblier , la cultura francese colloca in posizione strategica la dimensione informativo-comunicativa e concertativa dei progetti con, sullo sfondo, la questione della democrazia deliberativa. Sulla scia della maturazione delle politiche di partecipazione e di coinvolgimento di un vasto parterre di attori rappresentativi delle comunità secondo i modelli consolidati negli USA già nella prima parte del secolo scorso, anche in Europa - come è noto - il fenomeno degli Urban Center ha conosciuto una stagione di grande sviluppo negli ultimi decenni. Forme interpretative e stili di attivazione di tali strutture sono legate alla cultura giuridica e di governo della cosa pubblica. In Italia a una prima fase nella quale il modello più diffuso ha visto il protagonismo della pubblica amministrazione come soggetto ispiratore e detentore dei canali informativo-comunicativi attivati negli Urban Center negli ultimi tempi si fa strada una forma di ibridazione del privato (Fondazioni bancarie, Camere di Commercio, Società di utilities…). Nell’ottica della maturazione dei principi di allargamento della democrazia partecipative e deliberativa, perché non pensare dunque agli Urban Center come luoghi di confluenza dei portati culturali e delle diverse competenze in gioco nei programmi di trasformazione urbana, spazi elettivi per coagulare le diverse forme di saperi e conoscenze utili alla stabilizzazione e concreta attuazione del ciclo del progetto ? Avventura Urbana, Urban Center Metropolitano di Torino, Urban Center di Bologna presentano con stili diversi forme d’interpretazione attiva dell’accumulazione di saperi e competenze finalizzate all’accompagnamento dei progetti in stretta collaborazione con l’amministrazione comunale. Si presenta dunque di estremo interesse il confronto dialettico delle articolate declinazioni sul tema, alla luce della vivacità e della concretezza delle politiche di rigenerazione in atto in quelle realtà urbane.

NON SPRECARE LA CRISI. L’ENSEMBLIER, PROFILO EMERGENTE DELLA RIGENERAZIONE URBANA / Monardo, Bruno; Ricci, Manuela; A. L., Palazzo. - (2009).

NON SPRECARE LA CRISI. L’ENSEMBLIER, PROFILO EMERGENTE DELLA RIGENERAZIONE URBANA

MONARDO, Bruno;RICCI, Manuela;
2009

Abstract

E’ convinzione diffusa che la mutazione recente di culture e stili di vita delle comunità urbane contemporanee sta operando una traslazione di coordinate sempre più decisa della città verso la dimensione del management. La partita del nuovo “prodotto città” si va giocando sempre più sul tavolo dei modelli organizzativi di coordinamento e gestione dell’intero ciclo di piani, programmi e progetti , governando con un ampio ventaglio di strumenti, profili e nuove competenze la complessità delle traiettorie d’interazione tra i diversi portatori d’interesse orbitanti sugli scenari di trasformazione dello spazio urbano. I soggetti ispiratori dei progetti e le pubbliche amministrazioni (talvolta coincidenti ma spesso distinti) sono ormai coscienti che obiettivi di fondo delle politiche di rigenerazione urbana quali valorizzazione del capitale sociale, rilancio dello sviluppo locale, qualità dello spazio pubblico, efficienza dei servizi, messa in valore del patrimonio identitario degli insediamenti hanno maggiori probabilità di essere conseguiti attraverso l’attenzione alla dimensione gestionale della costruzione della città, curando con grande attenzione gli aspetti di coordinamento delle estese e articolate forme di conoscenza e di expertise necessarie al management dello spazio urbano “in divenire”. Nel solco delle forme evolutive di pilotaggio del ciclo del progetto si staglia la dialettica tra l’iperspecializzazione delle competenze e la domanda di profili in grado di orchestrare la “felice collisione” di forme di saperi e posizioni culturali tanto eterogenee. Da qui la necessità di “mettere a sistema”, ricompattare organicamente le diverse sfaccettature delle componenti coinvolte nella “maitrise d’ouvrage” del prodotto città. L’ensemblier, la nuova figura cardine del management integrato dell’intero ciclo del programma/progetto urbano contemporaneo, intende rispondere a tali esigenze proponendosi come forma evolutiva e più matura dell’originario project manager. Le sue attribuzioni riguardano non solo la possibilità di integrare le tradizionali conoscenze di settore, ma soprattutto la capacità di dar vita e gestire autorevolmente la cabina di regia di operazioni urbanistiche complesse mitigando la dimensione verticale delle competenze e ricomponendo verso obiettivi cooperativi comuni l’articolata panoplia di interessi altrimenti destinati al conflitto. Ma può esistere concretamente un tale profilo in un’epoca superspecializzata come quella attuale ? Non siamo più all’epoca della flessibilità progettuale ed esecutiva dei capimastri, costruttori delle cattedrali medioevali , o della geniale versatilità degli artisti del Rinascimento e del Barocco. L’ensemblier che la cultura transalpina sta mettendo a fuoco come declinazione evoluta del tradizionale amenageur , appare in realtà una figura ideale, difficilmente identificabile in una singola personalità, più credibile come costruzione d’equipe, una task force di competenze multiple organicamente coordinata e pronta a gestire le fasi dei programmi di rigenerazione o dei progetti urbani facendo fronte a criticità fisiologiche, cambiamenti di strategia, fasi d’incertezza. D’altra parte l’idea della dimensione coordinata è connaturata al concetto di governo della città; più ancora della tradizionale disciplina del fare urbanistica sottende fisiologicamente competenze plurime (giuridica, sociale, economica, ambientale, geografica, morfologico-spaziale, ….) Anzi, oggi è ormai maturo lo sguardo al ruolo della civitas, nelle sue articolate componenti, come soggetto, o meglio come insieme di soggetti concorrenti ai processi di assunzione delle decisioni e di costruzione della città. Nei casi di democrazia deliberativa particolarmente virtuosi i gruppi d’interesse civico possono arrivare a cooperare alla definizione degli assi strategici di trasformazione insediativa o delle linee guida delle politiche urbane. Urban Center: luogo di convergenza e confronto di saperi e competenze per il pilotaggio di programmi e progetti Da qui l’idea - e i concreti riscontri che in Francia e in altri paesi sono già verificabili - che l’ensemblier possa essere incarnato da un gruppo di esperti portatori di articolate competenze e saperi legati non soltanto ai tradizionali attori privilegiati del rapporto pubblico-privato (pubbliche amministrazioni e promoters) ma anche ai diversi stakeholders minori, portatori di interessi diffusi e recessivi che tuttavia sono ricchi di conoscenze spesso trascurate dai registri tradizionali dei modelli di diagnostica, ideazione e implementazione dei progetti. Nel contesto delle politiche di rinnovo urbano, tra le competenze da rafforzare per la costruzione del nuovo profilo dell’ensemblier , la cultura francese colloca in posizione strategica la dimensione informativo-comunicativa e concertativa dei progetti con, sullo sfondo, la questione della democrazia deliberativa. Sulla scia della maturazione delle politiche di partecipazione e di coinvolgimento di un vasto parterre di attori rappresentativi delle comunità secondo i modelli consolidati negli USA già nella prima parte del secolo scorso, anche in Europa - come è noto - il fenomeno degli Urban Center ha conosciuto una stagione di grande sviluppo negli ultimi decenni. Forme interpretative e stili di attivazione di tali strutture sono legate alla cultura giuridica e di governo della cosa pubblica. In Italia a una prima fase nella quale il modello più diffuso ha visto il protagonismo della pubblica amministrazione come soggetto ispiratore e detentore dei canali informativo-comunicativi attivati negli Urban Center negli ultimi tempi si fa strada una forma di ibridazione del privato (Fondazioni bancarie, Camere di Commercio, Società di utilities…). Nell’ottica della maturazione dei principi di allargamento della democrazia partecipative e deliberativa, perché non pensare dunque agli Urban Center come luoghi di confluenza dei portati culturali e delle diverse competenze in gioco nei programmi di trasformazione urbana, spazi elettivi per coagulare le diverse forme di saperi e conoscenze utili alla stabilizzazione e concreta attuazione del ciclo del progetto ? Avventura Urbana, Urban Center Metropolitano di Torino, Urban Center di Bologna presentano con stili diversi forme d’interpretazione attiva dell’accumulazione di saperi e competenze finalizzate all’accompagnamento dei progetti in stretta collaborazione con l’amministrazione comunale. Si presenta dunque di estremo interesse il confronto dialettico delle articolate declinazioni sul tema, alla luce della vivacità e della concretezza delle politiche di rigenerazione in atto in quelle realtà urbane.
2009
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/420011
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