Quando la famiglia non è in grado di assolvere al compito affettivo, educativo e formativo che le compete e quindi se trattasi di famiglia problematica, e laddove nei casi di separazione/divorzio la idoneità genitoriale venga sottoposta a valutazione, la necessità di tutela del minore comporta l’esigenza di stabilirne l’affidamento optando per il regime considerato più idoneo nel caso specifico. La valutazione della capacità genitoriale è una tematica complessa e delicata, e quanto mai nei casi di separazione della coppia coniugale. Le figure professionali che intervengono – Consulenti di Ufficio e di Parte, Psicologi, Educatori, Assistenti sociali – vengono molto spesso coinvolte, ed è necessario chiarire quanto ciò avvenga inconsapevolmente, in dinamiche emotive e psicologiche di prevaricazione e rivendicazione personale che sono molto lontane dalla necessità di garantire la migliore tutela possibile per la prole minorenne, che anzi in tali casi viene spesso addotta come referente privilegiato di mancanze, trascuratezze ed errori. Tali condizioni, certamente più evidenti in epoche ante L. 54/2006, non sono meno frequenti successivamente alla introduzione della suddetta normativa. Eppure, l’intenzione legislativa che ha portato all’entrata in vigore della Legge sull’affido condiviso era proprio quella di capovolgere il precedente sistema in materia di affidamento dei minori, in base al quale come è noto i figli venivano affidati all'uno o all'altro genitore secondo le intese raggiunte dai coniugi in stato di separazione oppure, in mancanza delle stesse, secondo la prudente valutazione effettuata dal Giudice individuando il genitore “più idoneo” all’esercizio della potestà genitoriale. Con la Legge n° 54 dell’8 febbraio 2006, attuando il principio di “bigenitorialità o parigenitorialità” che già era presente in altri ordinamenti legislativi europei, si applica la regola di affidare i figli ad entrambi i genitori, laddove piuttosto l’affidamento esclusivo o monogenitoriale costituisce un’eccezione da applicarsi nel caso in cui l’affidamento condiviso determini una condizione pregiudizievole e “contraria all’interesse del minore” (art. 155 bis c.c.). La regola su cui poggia la legge è ben esplicitata nel testo che la compone, in quella nuova dicitura dell’Art. 155 c.c. che stabilisce che “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi”. L’applicazione della Legge 54/2006 ha peraltro determinato delle modifiche in termini procedurali, in particolar modo per quanto stabilito dalla nomina del CTU nei casi di valutazione della idoneità genitoriale allorquando si ponga in discussione l’applicabilità del regime di affidamento condiviso. Prima dell’entrata in vigore della legge, l’intervento del CTU veniva richiesto, a volte, per valutare l’idoneità delle capacità dell’uno e dell’altro genitore: in altre parole, quando il Magistrato necessitava di elementi tecnici obiettivi che, basati anche su valutazioni psichiatriche o psicologiche specialistiche, gli consentissero di adottare provvedimenti di affido adeguati nell’interesse del minore, ovvero stabilendo la continuativa permanenza del minore con uno solo dei due genitori, con frequentazioni periodiche e cadenzate con l’altro. Le regola dell’affidamento condiviso adottata dalla nuova legge relega a circostanza residuale l’affidamento monogenitoriale, nel caso in cui con provvedimento motivato il Magistrato ritenga il regime del condiviso dannoso per il minore. È in tali circostanze che si inserisce soprattutto il ruolo del CTU: poiché attraverso l’introduzione dell’Art. 155 bis c.c. in qualsiasi momento uno dei due genitori può richiedere l’affidamento esclusivo laddove sussistano le condizioni indicate al primo comma (ovvero, che le condizioni di affido condiviso siano contrarie all’interesse del minore), in questo caso il CTU ha il compito di esaminare e verificare che quanto palesato dal genitore “accusatore” sia veritiero, così da consentire al Magistrato di applicare quella categoria residuale dell’affidamento monogenitoriale. Allora, sebbene la temporalità dell’intervento del CTU sia cambiata, il ruolo svolto da tale esperto potrebbe non mostrarsi meno scomodo, tanto più che la direzione non è cambiata: la differenza consiste nel fatto che, mentre prima il Giudice si avvaleva delle considerazioni di tale professionista per attuare la scelta di uno solo tra i due genitori, adesso il suo intervento è necessario laddove la prassi utilizzata tramite l’affido condiviso si presume essere lesivo dell’interesse del minore, e sia dunque opportuno applicare un affidamento monogenitoriale o, addirittura, a terzi. La presentazione congressuale tratterà di queste ed altre importanti innovazioni introdotte dalla legge 54/2006, che come verrà spiegato pur nella sua “dinamicità” è volta a garantire l’esclusivo interesse morale e materiale della prole.

La Consulenza Tecnica di Ufficio: quali cambiamenti dopo l'attuazione della Legge 54/2006? / Pomilla, Antonella. - (2010). (Intervento presentato al convegno Affido Condiviso: esperienze e fallimenti. Problematiche psicodinamiche nella cura dell'evoluzione del minore tenutosi a Viterbo nel 9 ottobre 2010).

La Consulenza Tecnica di Ufficio: quali cambiamenti dopo l'attuazione della Legge 54/2006?

POMILLA, ANTONELLA
2010

Abstract

Quando la famiglia non è in grado di assolvere al compito affettivo, educativo e formativo che le compete e quindi se trattasi di famiglia problematica, e laddove nei casi di separazione/divorzio la idoneità genitoriale venga sottoposta a valutazione, la necessità di tutela del minore comporta l’esigenza di stabilirne l’affidamento optando per il regime considerato più idoneo nel caso specifico. La valutazione della capacità genitoriale è una tematica complessa e delicata, e quanto mai nei casi di separazione della coppia coniugale. Le figure professionali che intervengono – Consulenti di Ufficio e di Parte, Psicologi, Educatori, Assistenti sociali – vengono molto spesso coinvolte, ed è necessario chiarire quanto ciò avvenga inconsapevolmente, in dinamiche emotive e psicologiche di prevaricazione e rivendicazione personale che sono molto lontane dalla necessità di garantire la migliore tutela possibile per la prole minorenne, che anzi in tali casi viene spesso addotta come referente privilegiato di mancanze, trascuratezze ed errori. Tali condizioni, certamente più evidenti in epoche ante L. 54/2006, non sono meno frequenti successivamente alla introduzione della suddetta normativa. Eppure, l’intenzione legislativa che ha portato all’entrata in vigore della Legge sull’affido condiviso era proprio quella di capovolgere il precedente sistema in materia di affidamento dei minori, in base al quale come è noto i figli venivano affidati all'uno o all'altro genitore secondo le intese raggiunte dai coniugi in stato di separazione oppure, in mancanza delle stesse, secondo la prudente valutazione effettuata dal Giudice individuando il genitore “più idoneo” all’esercizio della potestà genitoriale. Con la Legge n° 54 dell’8 febbraio 2006, attuando il principio di “bigenitorialità o parigenitorialità” che già era presente in altri ordinamenti legislativi europei, si applica la regola di affidare i figli ad entrambi i genitori, laddove piuttosto l’affidamento esclusivo o monogenitoriale costituisce un’eccezione da applicarsi nel caso in cui l’affidamento condiviso determini una condizione pregiudizievole e “contraria all’interesse del minore” (art. 155 bis c.c.). La regola su cui poggia la legge è ben esplicitata nel testo che la compone, in quella nuova dicitura dell’Art. 155 c.c. che stabilisce che “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi”. L’applicazione della Legge 54/2006 ha peraltro determinato delle modifiche in termini procedurali, in particolar modo per quanto stabilito dalla nomina del CTU nei casi di valutazione della idoneità genitoriale allorquando si ponga in discussione l’applicabilità del regime di affidamento condiviso. Prima dell’entrata in vigore della legge, l’intervento del CTU veniva richiesto, a volte, per valutare l’idoneità delle capacità dell’uno e dell’altro genitore: in altre parole, quando il Magistrato necessitava di elementi tecnici obiettivi che, basati anche su valutazioni psichiatriche o psicologiche specialistiche, gli consentissero di adottare provvedimenti di affido adeguati nell’interesse del minore, ovvero stabilendo la continuativa permanenza del minore con uno solo dei due genitori, con frequentazioni periodiche e cadenzate con l’altro. Le regola dell’affidamento condiviso adottata dalla nuova legge relega a circostanza residuale l’affidamento monogenitoriale, nel caso in cui con provvedimento motivato il Magistrato ritenga il regime del condiviso dannoso per il minore. È in tali circostanze che si inserisce soprattutto il ruolo del CTU: poiché attraverso l’introduzione dell’Art. 155 bis c.c. in qualsiasi momento uno dei due genitori può richiedere l’affidamento esclusivo laddove sussistano le condizioni indicate al primo comma (ovvero, che le condizioni di affido condiviso siano contrarie all’interesse del minore), in questo caso il CTU ha il compito di esaminare e verificare che quanto palesato dal genitore “accusatore” sia veritiero, così da consentire al Magistrato di applicare quella categoria residuale dell’affidamento monogenitoriale. Allora, sebbene la temporalità dell’intervento del CTU sia cambiata, il ruolo svolto da tale esperto potrebbe non mostrarsi meno scomodo, tanto più che la direzione non è cambiata: la differenza consiste nel fatto che, mentre prima il Giudice si avvaleva delle considerazioni di tale professionista per attuare la scelta di uno solo tra i due genitori, adesso il suo intervento è necessario laddove la prassi utilizzata tramite l’affido condiviso si presume essere lesivo dell’interesse del minore, e sia dunque opportuno applicare un affidamento monogenitoriale o, addirittura, a terzi. La presentazione congressuale tratterà di queste ed altre importanti innovazioni introdotte dalla legge 54/2006, che come verrà spiegato pur nella sua “dinamicità” è volta a garantire l’esclusivo interesse morale e materiale della prole.
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