Comunicazione, oggetto, modello, tre termini che ripetiamo in continuazione e su cui ragioniamo e speculiamo. Tre termini strettamente legati tra loro. Comunicazione, non c’è comunicazione se non esiste l’oggetto della comunicazione. Oggetto, non possiamo comunicare nessun oggetto se non siamo capaci di costruirne un suo modello. Modello, non possiamo comunicare il modello se non usando una sua rappresentazione, se non siamo capaci di descriverlo attraverso i diversi strumenti della comunicazione: parole, disegni, numeri, ecc. Tre termini così legati tra loro che è difficile distinguerli. Comunicazione. Noi comunichiamo agli altri l’oggetto. Con questa azione, cerchiamo di dare un informazione adeguata ed esaustiva sulle caratteristiche proprie dell’oggetto. Sulle sue caratteristiche fisiche, sulle caratteristiche formali e funzionali, sulle caratteristiche percettive, oggettive o soggettive, sulle sue qualità e quantità. Oggetto. È opportuno distinguere due famiglie di oggetti: l’oggetto che esiste, è di fronte a noi nella sua realtà fisica e l’oggetto che non esiste, appartiene all’immaginario, è l’oggetto che sarà in un prossimo futuro. Proviamo a dare un nome alle due famiglie legato alla nostra comune esperienza di designer. Chiamiamo quindi oggetti-rilievo la famiglia di oggetti esistenti; e oggetti-progetto la famiglia di oggetti non ancora esistenti. Oggetti-rilievo. Gli interessi, nei confronti dell’oggetto, cambiano col mutare delle caratteristiche specifiche e professionali di chi osserva. Ne consegue che diverse saranno le conoscenze e le curiosità che si vogliono appagare con l’osservazione. Se il design sarà interessato principalmente alle forme e alle funzioni generali dell’oggetto e delle sue parti, l’ingegnere sarà interessato per le caratteristiche meccaniche e per le scelte tecnologiche; il chimico sarà incuriosito dalle caratteristiche più specifiche dei materiali. Ancora diverso sarà l’interesse per un economista, costi di ogni materiale e quindi costi di produzione ed ancora ricavo nella vendita del prodotto saranno le sue preoccupazioni. Diversi modi di conoscere l’oggetto che non devono per forza seguire una specifica gerarchia nei ruoli e nei tempi; quindi il lavoro di conoscenza del design, dell’ingegnere, del chimico o dell’economista può essere fatto senza che questo segua o preceda il lavoro di un altro esperto. Oggetti-progetto. Il design attraverso una serie di successive scelte, arriverà a definire l’oggetto nei suoi particolari formali e funzionali. Questo passa quindi nelle mani del tecnico adatto a definire tutte le caratteristiche tecniche per ogni pezzo che lo compone. I suggerimenti verranno discussi con il design e verificati fino a che i due professionisti non troveranno un adeguato compromesso. A questo punto il chimico suggerirà nuove soluzioni per i materiali, l’economista analizzerà i costi, ecc.. Come si può osservare all’oggetto-penna ci si arriva percorrendo una strada segnata da successive presenze di specialisti, spesso regolate secondo uno specifico ordine temporale d’intervento. Modello. Per modello siamo abituati ad intendere un qualche cosa che sia capace di riproporre tutte le caratteristiche dell’oggetto stesso. Per modello dobbiamo intendere la lettura critica che l’osservatore fa dell’oggetto. Il modello è diverso dall’oggetto ma è capace di far comprendere le caratteristiche più intime e specifiche dell’oggetto stesso. Si è spesso speculato su di un modello M capace di accettare in un unico ambiente modelli diversi, frutto delle diverse analisi e delle diverse esigenze di comunicazioni. Una banca dati, dove tutti i risultati delle osservazioni dei vari specialisti, potessero trovare posto e dove le informazioni potessero essere agevolmente richiamate da chiunque. Dovremo quindi immaginare un modello pluridimensionale interattivo, capace di elaborare dati che superano le dimensioni a cui ogni specialista è abituato. Un modello adatto a ricevere dati da diverse realtà, di processare dati e di dare informazioni frutto di questa interazione tra dati. Un nuovo modello M formato da ogni possibile modello influenzato dalla presenza di tutte le specificità proprie di ogni specifica descrizione. Il rapporto tra il designer e il modello fisico Se da una parte l’informatica ci permette d’immaginare il modello multidimensionale M frutto dell’interazione tra i diversi modelli, dall’altra ha accentuato la distanza tra essa e i modelli tradizionali. Il modello fisico, il prototipo, ha per il design un significato molto particolare ed unico; il designer lo guarda, lo tocca, lo soppesa, lo indossa, ci si appoggia sopra, lo appoggia al proprio corpo. E, qualora il risultato di questa analisi sensoriale fosse deludente, con l’aggiunta di stucco o con l’uso di sega, raspa e carta vetrata, altera le parti che non lo soddisfano fino a farlo diventare quello che dovrà essere, un oggetto di design. Schematizzando l’attuale processo progettuale dell’oggetto abbiamo che: dallo schizzo, passiamo al modello informatico e da questo, attraverso processi di prototipazione, alla realizzazione del modello fisico. E qui si ferma l’operazione. Cioè il prototipo è l’ultima fase dell’operazione progettuale. Se si vuole una variazione del oggetto-progetto bisogna agire sul modello informatico per poi ottenere un nuovo prototipo. Quel particolare e multisensoriale rapporto del designer con il prototipo è rotto. Ci siamo chiesti se fosse possibile ripristinare questo rapporto, cioè individuare i legami che permettano dal prototipo di passare al modello, in maniera il più possibile automatica. In poche parole, acquisire il prototipo, fisicamente modificato, e farlo aderire al modello informatico. Realizzando quindi quella volontà di riappropriarci del prototipo come modello attivo nella vita del progetto di design, nonché di farlo partecipare attivamente nel modello M. Il modello pluridimensionale La programmazione algoritmica, identifica una serie di “passi” che il software deve fare per giungere ad una soluzione. Per “passi” si intende un procedimento risolutivo caratterizzato dalla scomposizione del problema in un numero finito di passaggi più semplici e che garantiscono una gestione efficiente del processo. Stiamo parlando di disegno parametrico. Lo strumento parametrico, per sua natura associativo, costringe all’esplicitazione delle diverse informazioni che interagiscono nel progetto, garantendo la presenza di parametri che contemplino la forma, la funzione e la tecnica. Unire il movimento alla forma e studiare come queste qualità interagiscano tra di loro, ha aperto una nuova fase nella ricerca che ha prodotto un’indagine sulle superfici dinamiche e sulle superfici piegate articolate. In questa il disegno parametrico assume un importante ruolo, assolutamente nuovo e degno di considerazione. Oltre ad essere l’unico strumento capace di controllare e di rappresentare un oggetto dotato di tale libertà di forma e di configurazione spaziale, si propone come un nuovo e reale metodo di rappresentazione.

Rappresentazioni pluridimensionali e rilievo dell'oggetto di design / Casale, Andrea; Valenti, Graziano Mario; Calvano, Michele. - (2011), pp. 55-62. (Intervento presentato al convegno Realtà, simulazione e progetto/ Il ruolo del modello tenutosi a Milano).

Rappresentazioni pluridimensionali e rilievo dell'oggetto di design

CASALE, Andrea;VALENTI, Graziano Mario;CALVANO, MICHELE
2011

Abstract

Comunicazione, oggetto, modello, tre termini che ripetiamo in continuazione e su cui ragioniamo e speculiamo. Tre termini strettamente legati tra loro. Comunicazione, non c’è comunicazione se non esiste l’oggetto della comunicazione. Oggetto, non possiamo comunicare nessun oggetto se non siamo capaci di costruirne un suo modello. Modello, non possiamo comunicare il modello se non usando una sua rappresentazione, se non siamo capaci di descriverlo attraverso i diversi strumenti della comunicazione: parole, disegni, numeri, ecc. Tre termini così legati tra loro che è difficile distinguerli. Comunicazione. Noi comunichiamo agli altri l’oggetto. Con questa azione, cerchiamo di dare un informazione adeguata ed esaustiva sulle caratteristiche proprie dell’oggetto. Sulle sue caratteristiche fisiche, sulle caratteristiche formali e funzionali, sulle caratteristiche percettive, oggettive o soggettive, sulle sue qualità e quantità. Oggetto. È opportuno distinguere due famiglie di oggetti: l’oggetto che esiste, è di fronte a noi nella sua realtà fisica e l’oggetto che non esiste, appartiene all’immaginario, è l’oggetto che sarà in un prossimo futuro. Proviamo a dare un nome alle due famiglie legato alla nostra comune esperienza di designer. Chiamiamo quindi oggetti-rilievo la famiglia di oggetti esistenti; e oggetti-progetto la famiglia di oggetti non ancora esistenti. Oggetti-rilievo. Gli interessi, nei confronti dell’oggetto, cambiano col mutare delle caratteristiche specifiche e professionali di chi osserva. Ne consegue che diverse saranno le conoscenze e le curiosità che si vogliono appagare con l’osservazione. Se il design sarà interessato principalmente alle forme e alle funzioni generali dell’oggetto e delle sue parti, l’ingegnere sarà interessato per le caratteristiche meccaniche e per le scelte tecnologiche; il chimico sarà incuriosito dalle caratteristiche più specifiche dei materiali. Ancora diverso sarà l’interesse per un economista, costi di ogni materiale e quindi costi di produzione ed ancora ricavo nella vendita del prodotto saranno le sue preoccupazioni. Diversi modi di conoscere l’oggetto che non devono per forza seguire una specifica gerarchia nei ruoli e nei tempi; quindi il lavoro di conoscenza del design, dell’ingegnere, del chimico o dell’economista può essere fatto senza che questo segua o preceda il lavoro di un altro esperto. Oggetti-progetto. Il design attraverso una serie di successive scelte, arriverà a definire l’oggetto nei suoi particolari formali e funzionali. Questo passa quindi nelle mani del tecnico adatto a definire tutte le caratteristiche tecniche per ogni pezzo che lo compone. I suggerimenti verranno discussi con il design e verificati fino a che i due professionisti non troveranno un adeguato compromesso. A questo punto il chimico suggerirà nuove soluzioni per i materiali, l’economista analizzerà i costi, ecc.. Come si può osservare all’oggetto-penna ci si arriva percorrendo una strada segnata da successive presenze di specialisti, spesso regolate secondo uno specifico ordine temporale d’intervento. Modello. Per modello siamo abituati ad intendere un qualche cosa che sia capace di riproporre tutte le caratteristiche dell’oggetto stesso. Per modello dobbiamo intendere la lettura critica che l’osservatore fa dell’oggetto. Il modello è diverso dall’oggetto ma è capace di far comprendere le caratteristiche più intime e specifiche dell’oggetto stesso. Si è spesso speculato su di un modello M capace di accettare in un unico ambiente modelli diversi, frutto delle diverse analisi e delle diverse esigenze di comunicazioni. Una banca dati, dove tutti i risultati delle osservazioni dei vari specialisti, potessero trovare posto e dove le informazioni potessero essere agevolmente richiamate da chiunque. Dovremo quindi immaginare un modello pluridimensionale interattivo, capace di elaborare dati che superano le dimensioni a cui ogni specialista è abituato. Un modello adatto a ricevere dati da diverse realtà, di processare dati e di dare informazioni frutto di questa interazione tra dati. Un nuovo modello M formato da ogni possibile modello influenzato dalla presenza di tutte le specificità proprie di ogni specifica descrizione. Il rapporto tra il designer e il modello fisico Se da una parte l’informatica ci permette d’immaginare il modello multidimensionale M frutto dell’interazione tra i diversi modelli, dall’altra ha accentuato la distanza tra essa e i modelli tradizionali. Il modello fisico, il prototipo, ha per il design un significato molto particolare ed unico; il designer lo guarda, lo tocca, lo soppesa, lo indossa, ci si appoggia sopra, lo appoggia al proprio corpo. E, qualora il risultato di questa analisi sensoriale fosse deludente, con l’aggiunta di stucco o con l’uso di sega, raspa e carta vetrata, altera le parti che non lo soddisfano fino a farlo diventare quello che dovrà essere, un oggetto di design. Schematizzando l’attuale processo progettuale dell’oggetto abbiamo che: dallo schizzo, passiamo al modello informatico e da questo, attraverso processi di prototipazione, alla realizzazione del modello fisico. E qui si ferma l’operazione. Cioè il prototipo è l’ultima fase dell’operazione progettuale. Se si vuole una variazione del oggetto-progetto bisogna agire sul modello informatico per poi ottenere un nuovo prototipo. Quel particolare e multisensoriale rapporto del designer con il prototipo è rotto. Ci siamo chiesti se fosse possibile ripristinare questo rapporto, cioè individuare i legami che permettano dal prototipo di passare al modello, in maniera il più possibile automatica. In poche parole, acquisire il prototipo, fisicamente modificato, e farlo aderire al modello informatico. Realizzando quindi quella volontà di riappropriarci del prototipo come modello attivo nella vita del progetto di design, nonché di farlo partecipare attivamente nel modello M. Il modello pluridimensionale La programmazione algoritmica, identifica una serie di “passi” che il software deve fare per giungere ad una soluzione. Per “passi” si intende un procedimento risolutivo caratterizzato dalla scomposizione del problema in un numero finito di passaggi più semplici e che garantiscono una gestione efficiente del processo. Stiamo parlando di disegno parametrico. Lo strumento parametrico, per sua natura associativo, costringe all’esplicitazione delle diverse informazioni che interagiscono nel progetto, garantendo la presenza di parametri che contemplino la forma, la funzione e la tecnica. Unire il movimento alla forma e studiare come queste qualità interagiscano tra di loro, ha aperto una nuova fase nella ricerca che ha prodotto un’indagine sulle superfici dinamiche e sulle superfici piegate articolate. In questa il disegno parametrico assume un importante ruolo, assolutamente nuovo e degno di considerazione. Oltre ad essere l’unico strumento capace di controllare e di rappresentare un oggetto dotato di tale libertà di forma e di configurazione spaziale, si propone come un nuovo e reale metodo di rappresentazione.
2011
Realtà, simulazione e progetto/ Il ruolo del modello
rilievo; geometria; modello; forma
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Rappresentazioni pluridimensionali e rilievo dell'oggetto di design / Casale, Andrea; Valenti, Graziano Mario; Calvano, Michele. - (2011), pp. 55-62. (Intervento presentato al convegno Realtà, simulazione e progetto/ Il ruolo del modello tenutosi a Milano).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/407995
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