La figura e l’opera di Alessandro Antonelli si possono considerare al margine delle aree di influenza che attualmente si riconoscono all’architetto ed all’ingegnere. Storicamente si inquadrano in una epoca in cui sta emergendo la figura dell’ingegnere quale tecnico addetto alla risoluzione delle problematiche relative al controllo della produzione, tra cui quella edilizia. Anche in Italia, soprattutto dopo la ventata innovativa del periodo napoleonico, questa figura, espressione di una certa cultura francese e dell’Ecole des Ponts et Chaussées, si affermerà rapidamente estendendo la sua sfera d’azione dapprima alle opere edilizie di particolare impegno e pubblica funzionalità per poi controllare anche le opere di ordinaria utilità. Con ciò viene ad essere relegato ad un ruolo secondario l’impegno dell’architetto. Quest’ultimo si trova di fronte a due possibili alternative: arroccarsi nell’ambito delle accademie, limitandosi al controllo degli aspetti formali della costruzione, oppure scendere in lizza coll’ingegnere per mantenere il ruolo di capo dei costruttori che gli era ormai proprio da alcuni secoli. Antonelli non ha dubbi: il suo ruolo positivo nella società in progresso deve estrinsecarsi in una attività direttamente produttiva che ponga a frutto le risorse del suo paese. Egli però non intende agire con le stesse metodologie dell’ingegnere ovvero non adotta il calcolo quale elemento di valutazione ma, nell’ambito della tradizione costruttiva muraria, assume l’empiria del cantiere ed il proporzionamento classico quali guide per la sua progettazione. Antonelli non rinuncerà per questo agli aspetti formali della progettazione, anzi la sua opera è precisamente definibile nell’alveo dell’architettura neoclassica anche se l’istanza strutturale delle sue opere, di eccezionale importanza rispetto a quelle coeve di altri architetti, impone dapprima modifiche all’ordine canonico e poi, gradualmente, fin quasi il suo abbandono per proporzioni sempre meno classiche e più influenzate dalla funzione strutturale. A cavallo tra i due schieramenti, Egli non avrà mai il consenso pieno degli ingegneri, perché alieno dal loro modo di intendere la progettazione strutturale attraverso l’approccio numerico, né l’approvazione degli architetti per la “bizzarria” delle sue opere che non rientrano nei canoni tradizionali. Antonelli prosegue però per il suo cammino, verso una costruzione razionale ed economica, con un atteggiamento di combattente solitario e coraggioso tipico dello spirito positivo e romantico che pervade l’epoca. La sua è un’attività intensissima che gli consente di produrre numerosi edifici e un notevole corpus di progetti. Con questa ampia produzione Antonelli ha modo di distillare, dall’esperienza diretta, dallo studio delle costruzioni antiche e attraverso le moderne suggestioni delle strutture metalliche, un metodo costruttivo che si pone al livello di quello romanico-gotico. Le costruzioni eccezionali di Antonelli possono forse solo attribuirsi alla genialità del personaggio e considerarsi frutto singolare di una particolare coincidenza di intenti e possibilità. Ma oltre ad esse Antonelli produce una metodologia costruttiva ed un approccio alla struttura che sono perfettamente ripetibili. Tant’è che furono immediatamente replicate dai suoi allievi . Certo non per edifici di tanto ardimento costruttivo quali la Mole o la cupola di San Gaudenzio, ma in edifici economici, per quel tempo, arditi anch’essi eppure saldi visto che ancor oggi permangono in perfetta funzione. L’eccezionalità delle opere maggiori fu dunque la sperimentazione necessaria per la maturazione di una procedura adottabile con successo ed economia nelle costruzioni ordinarie. Ma al di là di una possibile attualità per questa tecnologia, verificabile peraltro se la si considera quale particolare tipo di muratura armata, l’argomento proposto sembra comunque di particolare interesse nell’ambito di studi sulla conservazione dei monumenti. Uno specifico contributo attiene alla storia delle tecniche costruttive ma, oltre all’aspetto storico, costruttivo ed a quello strutturale delle costruzioni originarie, sembra pertinente anche un ulteriore ambito di interesse legato al loro restauro strutturale, per chiarire sia la possibilità di intervento così come la intese Antonelli stesso sia le modalità con cui fu realizzato sulle sue opere dopo la morte dell’Architetto. L’arditezza delle costruzioni eccezionali ed il collasso di una di esse fece sì che i dubbi sempre vivi sulle stabilità di questi edifici si materializzassero in interventi di restauro statico. Dallo studio di queste diverse posizioni è forse possibile desumere una attuale possibilità di intervento strutturale che viene peraltro indagata con analisi numeriche.

Tesi di dottorato in Storia delle scienze e delle tecniche costruttive VI ciclo: Alessandro Antonelli strutturista, costruttore, restauratore. L'ultimo architetto romantico nell'età del positivismo e della nascita della moderna ingegneria edile / DE CESARIS, Fabrizio. - STAMPA. - (1994).

Tesi di dottorato in Storia delle scienze e delle tecniche costruttive VI ciclo: Alessandro Antonelli strutturista, costruttore, restauratore. L'ultimo architetto romantico nell'età del positivismo e della nascita della moderna ingegneria edile

DE CESARIS, FABRIZIO
01/01/1994

Abstract

La figura e l’opera di Alessandro Antonelli si possono considerare al margine delle aree di influenza che attualmente si riconoscono all’architetto ed all’ingegnere. Storicamente si inquadrano in una epoca in cui sta emergendo la figura dell’ingegnere quale tecnico addetto alla risoluzione delle problematiche relative al controllo della produzione, tra cui quella edilizia. Anche in Italia, soprattutto dopo la ventata innovativa del periodo napoleonico, questa figura, espressione di una certa cultura francese e dell’Ecole des Ponts et Chaussées, si affermerà rapidamente estendendo la sua sfera d’azione dapprima alle opere edilizie di particolare impegno e pubblica funzionalità per poi controllare anche le opere di ordinaria utilità. Con ciò viene ad essere relegato ad un ruolo secondario l’impegno dell’architetto. Quest’ultimo si trova di fronte a due possibili alternative: arroccarsi nell’ambito delle accademie, limitandosi al controllo degli aspetti formali della costruzione, oppure scendere in lizza coll’ingegnere per mantenere il ruolo di capo dei costruttori che gli era ormai proprio da alcuni secoli. Antonelli non ha dubbi: il suo ruolo positivo nella società in progresso deve estrinsecarsi in una attività direttamente produttiva che ponga a frutto le risorse del suo paese. Egli però non intende agire con le stesse metodologie dell’ingegnere ovvero non adotta il calcolo quale elemento di valutazione ma, nell’ambito della tradizione costruttiva muraria, assume l’empiria del cantiere ed il proporzionamento classico quali guide per la sua progettazione. Antonelli non rinuncerà per questo agli aspetti formali della progettazione, anzi la sua opera è precisamente definibile nell’alveo dell’architettura neoclassica anche se l’istanza strutturale delle sue opere, di eccezionale importanza rispetto a quelle coeve di altri architetti, impone dapprima modifiche all’ordine canonico e poi, gradualmente, fin quasi il suo abbandono per proporzioni sempre meno classiche e più influenzate dalla funzione strutturale. A cavallo tra i due schieramenti, Egli non avrà mai il consenso pieno degli ingegneri, perché alieno dal loro modo di intendere la progettazione strutturale attraverso l’approccio numerico, né l’approvazione degli architetti per la “bizzarria” delle sue opere che non rientrano nei canoni tradizionali. Antonelli prosegue però per il suo cammino, verso una costruzione razionale ed economica, con un atteggiamento di combattente solitario e coraggioso tipico dello spirito positivo e romantico che pervade l’epoca. La sua è un’attività intensissima che gli consente di produrre numerosi edifici e un notevole corpus di progetti. Con questa ampia produzione Antonelli ha modo di distillare, dall’esperienza diretta, dallo studio delle costruzioni antiche e attraverso le moderne suggestioni delle strutture metalliche, un metodo costruttivo che si pone al livello di quello romanico-gotico. Le costruzioni eccezionali di Antonelli possono forse solo attribuirsi alla genialità del personaggio e considerarsi frutto singolare di una particolare coincidenza di intenti e possibilità. Ma oltre ad esse Antonelli produce una metodologia costruttiva ed un approccio alla struttura che sono perfettamente ripetibili. Tant’è che furono immediatamente replicate dai suoi allievi . Certo non per edifici di tanto ardimento costruttivo quali la Mole o la cupola di San Gaudenzio, ma in edifici economici, per quel tempo, arditi anch’essi eppure saldi visto che ancor oggi permangono in perfetta funzione. L’eccezionalità delle opere maggiori fu dunque la sperimentazione necessaria per la maturazione di una procedura adottabile con successo ed economia nelle costruzioni ordinarie. Ma al di là di una possibile attualità per questa tecnologia, verificabile peraltro se la si considera quale particolare tipo di muratura armata, l’argomento proposto sembra comunque di particolare interesse nell’ambito di studi sulla conservazione dei monumenti. Uno specifico contributo attiene alla storia delle tecniche costruttive ma, oltre all’aspetto storico, costruttivo ed a quello strutturale delle costruzioni originarie, sembra pertinente anche un ulteriore ambito di interesse legato al loro restauro strutturale, per chiarire sia la possibilità di intervento così come la intese Antonelli stesso sia le modalità con cui fu realizzato sulle sue opere dopo la morte dell’Architetto. L’arditezza delle costruzioni eccezionali ed il collasso di una di esse fece sì che i dubbi sempre vivi sulle stabilità di questi edifici si materializzassero in interventi di restauro statico. Dallo studio di queste diverse posizioni è forse possibile desumere una attuale possibilità di intervento strutturale che viene peraltro indagata con analisi numeriche.
1994
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