I problemi connessi con la necessità di far crescere le aree meno provvedute potevano identificarsi nell'esigenza del processo di sviluppo di avvalersi di una frazione delle risorse di cui la collettività poteva disporre da destinare alla creazione delle condizioni e degli strumenti idonei a dare impulso all’attività produttiva. Il sottosviluppo di alcune regioni è stato posto con particolare evidenza nel secondo dopoguerra al raggiungimento della indipendenza nazionale da parte, soprattutto, di paesi prima sottoposti a regime coloniale. Cessati gli investimenti che in precedenza la potenza coloniale andava erogando per il proprio interesse e in quello, quasi sempre connesso, dell’economia locale, dovevano essere ricercate nuove e diverse fonti ed incoraggiare quelle preesistenti. Tra l’altro, ciò che si è verificato e continua ancora oggi a verificarsi in alcune parti del mondo, è che l’afflusso di nuovi capitali è spesso scoraggiato dal timore, non sempre infondato, di rappresaglie, di nazionalizzazioni e di sequestri da parte dei nuovi stati oltre che dalla incertezza delle prospettive future di sviluppo economico e di stabilità politica. Per questo motivo alcuni stati sentirono la necessità di promuovere norme e misure atte ad impedire il disinvestimento dei capitali già esistenti, nonché a costituire incentivi per i nuovi investimenti di capitali, allo scopo di soddisfarne il fabbisogno. Obiettivo del presente lavoro è quello di esaminare l’atteggiamento delle imprese italiane nel secondo dopoguerra, in un periodo storico particolare quale è stato quello della decolonizzazione, e in un contesto regionale preciso, l’Eritrea, prima colonia italiana, non trascurando le implicazioni ed i rapporti economici, sociali e politici intercorsi dopo la creazione della federazione con l’Etiopia.

IMPRESE ITALIANE IN ERITREA E IN ETIOPIA (1952-1970) / Strangio, Donatella; F., Ruggia. - ELETTRONICO. - 62 (settembre), Working paper:(2009), pp. 1-18.

IMPRESE ITALIANE IN ERITREA E IN ETIOPIA (1952-1970)

STRANGIO, Donatella;
2009

Abstract

I problemi connessi con la necessità di far crescere le aree meno provvedute potevano identificarsi nell'esigenza del processo di sviluppo di avvalersi di una frazione delle risorse di cui la collettività poteva disporre da destinare alla creazione delle condizioni e degli strumenti idonei a dare impulso all’attività produttiva. Il sottosviluppo di alcune regioni è stato posto con particolare evidenza nel secondo dopoguerra al raggiungimento della indipendenza nazionale da parte, soprattutto, di paesi prima sottoposti a regime coloniale. Cessati gli investimenti che in precedenza la potenza coloniale andava erogando per il proprio interesse e in quello, quasi sempre connesso, dell’economia locale, dovevano essere ricercate nuove e diverse fonti ed incoraggiare quelle preesistenti. Tra l’altro, ciò che si è verificato e continua ancora oggi a verificarsi in alcune parti del mondo, è che l’afflusso di nuovi capitali è spesso scoraggiato dal timore, non sempre infondato, di rappresaglie, di nazionalizzazioni e di sequestri da parte dei nuovi stati oltre che dalla incertezza delle prospettive future di sviluppo economico e di stabilità politica. Per questo motivo alcuni stati sentirono la necessità di promuovere norme e misure atte ad impedire il disinvestimento dei capitali già esistenti, nonché a costituire incentivi per i nuovi investimenti di capitali, allo scopo di soddisfarne il fabbisogno. Obiettivo del presente lavoro è quello di esaminare l’atteggiamento delle imprese italiane nel secondo dopoguerra, in un periodo storico particolare quale è stato quello della decolonizzazione, e in un contesto regionale preciso, l’Eritrea, prima colonia italiana, non trascurando le implicazioni ed i rapporti economici, sociali e politici intercorsi dopo la creazione della federazione con l’Etiopia.
2009
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