La Libia di oggi ha a disposizione ingenti risorse economiche, perlopiù derivanti dall’estrazione di gas e petrolio, che possono favorire uno sviluppo economico e culturale senza precedenti, non più frenato dagli immensi investimenti legati al Great Man Made River (www.gmmra.org/en/). Non è detto che tale sviluppo si estenda al patrimonio archeologico, e in particolare a quello preistorico: esistono, a una lettura attenta, ancora pregiudizi sfavorevoli all’antichità più remota (mentre quella greca e ancor di più quella romana, paradossalmente, sembrano soffrire meno di tali atteggiamenti, nonostante la pesante eredità coloniale…), ed esistono certamente ‘due Libie’. La Libia del Nord, dove anche di recente si sono concentrati tentativi di “attività di studio e restauro” (vedi Marco Polo Storica… www.mpstorica.com), e la Libia del Sud, dove – a parte la missione in Acacus e Messak della Sapienza e il progetto Desert Migrations diretto da David Mattingly (Leicester University) – non accade nulla. Lo sforzo che deve essere compiuto, per raccogliere la sfida che questo patrimonio culturale pone e che la Libia deve in ogni caso affrontare, sta nel riportare l’archeologia sahariana al centro dell’attenzione internazionale, liberandola dall’eccessivo localismo nella quale è precipitata (e non solo in Libia). È necessario quindi spostare l’asse di lavoro, non più legato all’esperienza ‘individuale’ di una missione archeologica quale quella nell’Acacus e Messak, il cui isolamento geografico e culturale – risorsa per sfuggire spesso a situazioni insidiose, ma allo stesso tempo ostacolo per un rilancio del sistema complessivo – non permette programmi di carattere interregionale. È necessario aprire maggiormente a collaborazioni multinazionali, favorendo pienamente la circolazione di informazioni e dati, cercando di costruire una banca-dati aperta e accessibile, una ‘Saharan Gis Platform’, che ridia dignità e speranza ad un paesaggio culturale di formidabile complessità
Lavorare nell’Acacus e Messak (Libia sud-occidentale): potenzialità e limiti della ricerca archeologica sahariana / DI LERNIA, Savino. - In: MARE INTERNUM. - ISSN 2035-0783. - STAMPA. - 2:(2010), pp. 19-25.
Lavorare nell’Acacus e Messak (Libia sud-occidentale): potenzialità e limiti della ricerca archeologica sahariana.
DI LERNIA, Savino
2010
Abstract
La Libia di oggi ha a disposizione ingenti risorse economiche, perlopiù derivanti dall’estrazione di gas e petrolio, che possono favorire uno sviluppo economico e culturale senza precedenti, non più frenato dagli immensi investimenti legati al Great Man Made River (www.gmmra.org/en/). Non è detto che tale sviluppo si estenda al patrimonio archeologico, e in particolare a quello preistorico: esistono, a una lettura attenta, ancora pregiudizi sfavorevoli all’antichità più remota (mentre quella greca e ancor di più quella romana, paradossalmente, sembrano soffrire meno di tali atteggiamenti, nonostante la pesante eredità coloniale…), ed esistono certamente ‘due Libie’. La Libia del Nord, dove anche di recente si sono concentrati tentativi di “attività di studio e restauro” (vedi Marco Polo Storica… www.mpstorica.com), e la Libia del Sud, dove – a parte la missione in Acacus e Messak della Sapienza e il progetto Desert Migrations diretto da David Mattingly (Leicester University) – non accade nulla. Lo sforzo che deve essere compiuto, per raccogliere la sfida che questo patrimonio culturale pone e che la Libia deve in ogni caso affrontare, sta nel riportare l’archeologia sahariana al centro dell’attenzione internazionale, liberandola dall’eccessivo localismo nella quale è precipitata (e non solo in Libia). È necessario quindi spostare l’asse di lavoro, non più legato all’esperienza ‘individuale’ di una missione archeologica quale quella nell’Acacus e Messak, il cui isolamento geografico e culturale – risorsa per sfuggire spesso a situazioni insidiose, ma allo stesso tempo ostacolo per un rilancio del sistema complessivo – non permette programmi di carattere interregionale. È necessario aprire maggiormente a collaborazioni multinazionali, favorendo pienamente la circolazione di informazioni e dati, cercando di costruire una banca-dati aperta e accessibile, una ‘Saharan Gis Platform’, che ridia dignità e speranza ad un paesaggio culturale di formidabile complessitàI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.