L’articolo indaga l’origine e il significato, nella teologia medievale, della formula “Quidquid est in Deo deus est”. Molto diffusa presso i maestri di sacra pagina del XII secolo, essa è considerata in genere un’autorità e spesso attribuita ad Agostino. La proposizionbe normalmente è menzionata, nella teologia trinitaria, a favore della tesi dell’identità delle persone e delle proprietà (per cui “Pater est paternitas”): tesi sostenuta da alcuni maestri usualmente considerati della ‘scuola di Abelardo’ e da Pietro Lombardo, ma criticata come contraria alla logica da parte di Gilberto di Poitiers e i suoi allievi (sulla base del principio secondo cui la relazione non può essere identica al relato). Nell’articolo si mostra che quando sostengono la proposizione “Quidquid est in Deo Deus est” come un’autorità, gli allievi di Gilberto la riferiscono non alla tesi dell’identità tra persona e proprietà bensì a quella dell’identità nella natura divina di ogni attributo essenziale (“Dio è identico alla bontà, alla grandezza, alla giustizia ecc.”). In alcuni casi i maestri porretani apertamente criticano il ricorso alla proposizione “Quidquid est in Deo Deus est” in quanto non sarebbe una vera autorità bensì un’estrapolazione indebita, anche se elaborata sulla base di una molteplicità di detti autentici.
Alla ricerca dell'autorità perduta: "Quicquid est in Deo, Deus est" / Valente, Luisa. - In: MEDIOEVO: RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA MEDIEVALE. - ISSN 0391-2566. - STAMPA. - XXV:(2000), pp. 713-738.
Alla ricerca dell'autorità perduta: "Quicquid est in Deo, Deus est".
VALENTE, Luisa
2000
Abstract
L’articolo indaga l’origine e il significato, nella teologia medievale, della formula “Quidquid est in Deo deus est”. Molto diffusa presso i maestri di sacra pagina del XII secolo, essa è considerata in genere un’autorità e spesso attribuita ad Agostino. La proposizionbe normalmente è menzionata, nella teologia trinitaria, a favore della tesi dell’identità delle persone e delle proprietà (per cui “Pater est paternitas”): tesi sostenuta da alcuni maestri usualmente considerati della ‘scuola di Abelardo’ e da Pietro Lombardo, ma criticata come contraria alla logica da parte di Gilberto di Poitiers e i suoi allievi (sulla base del principio secondo cui la relazione non può essere identica al relato). Nell’articolo si mostra che quando sostengono la proposizione “Quidquid est in Deo Deus est” come un’autorità, gli allievi di Gilberto la riferiscono non alla tesi dell’identità tra persona e proprietà bensì a quella dell’identità nella natura divina di ogni attributo essenziale (“Dio è identico alla bontà, alla grandezza, alla giustizia ecc.”). In alcuni casi i maestri porretani apertamente criticano il ricorso alla proposizione “Quidquid est in Deo Deus est” in quanto non sarebbe una vera autorità bensì un’estrapolazione indebita, anche se elaborata sulla base di una molteplicità di detti autentici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.