Can the wonderful museums built in the world between the 1970 and 2000 be defined as virtuous examples of new beauty? For many people, the new museums are the revival of a baroque architecture. But, in the society of spectacle the architecture is beautiful when it “seizes the senses” and becomes public space. Therefore, is the spectacular shape of the new museums a drift sign or is it a new estethic concept of architecture that invests in the excess of “look”, to give back to the historic centres or to the negleted industrial areas, a new attraction? Finally, is the museum a model of a culture for democratization unvoiced the modern project? In un libro intitolato “La politica della bellezza”, James Hillman riflette sulla necessità di riaffermare il legame tra città e bellezza. Una strada bella, una piazza bella, un parco bello, un edificio bello, dice lo psicanalista, risvegliano la coscienza estetica dell’individuo e collaborano alla definizione del Sé collettivo. Ma la bellezza, aggiunge Hillman, è qualcosa che non riguarda soltanto la forma esteriore dell’architettura e della città: essa è “un profondo dato nella superficie” che coinvolge anche ciò che avviene all’interno. Un luogo è bello quando è piacevole e stimola la voglia di andarci. La bellezza è dunque un insieme di forma e funzione che serve a favorire i contatti umani e che contribuisce al benessere della comunità e alla partecipazione dell’individuo alla vita pubblica. Secondo questa chiave di lettura, i musei meravigliosi che sono proliferati nel mondo tra gli anni Settanta e il Duemila e di cui il Guggenheim Museum di Bilbao è l’icona, possono essere assunti ad esempio di una nuova bellezza in virtù del fatto che essi sono divenuti le nuove piazze della città contemporanea. Grazie alle loro forme singolari, ma grazie anche alla quantità di attività che riuniscono al loro interno, i musei sono dei centri di attrazione dove il nuovo abitante, user o turista che sia, si reca perché lì accade sempre qualcosa. I musei, che li si voglia definire super o iper, sono stupefacenti e non solo all’esterno. Anche al loro interno non scherzano: atrii a doppia e a tripla altezza, vasti open space per le mostre temporanee, attrezzate sale per proiezioni e convegni, librerie trasformate in sofisticati conceptstore, eleganti caffetterie e ristoranti che sembrano usciti dalle riviste di design, terrazze panoramiche. Questo insieme di spazi “accessori”, che in percentuale hanno superato di gran lunga la superficie degli spazi espositivi delle sale e delle gallerie, hanno sancito il cambiamento del “tempio dell’arte” in una cattedrale del consumo e dell’intrattenimento culturale. A detta di molti, questo è il sintomo di una deriva: il museo è diventato molto simile ad uno shopping center. Ma lo shopping è la funzione che ha improntato di sé la forma urbana moderna e che ha marcato il passaggio al benessere diffuso e alla democratizzazione della città implicito nel progetto moderno. In Europa, le città che vengono indicate come l’emblema di una modernità riuscita – ad esempio Parigi e Stoccolma – devono molto della loro qualità urbana alla configurazione del loro sistema commerciale e al rinnovamento di strade, di corti e di edifici esistenti in spazi pubblici del consumo. Accettando dunque il potere dello shopping di riunire intorno a sé gran parte delle funzioni pubbliche della città, l’interrogativo diventa: nell’epoca del mercato globale e della società dello spettacolo, quale è il senso di un’architettura che investe sul valore espositivo anziché su quello cultuale? In altri termini, quanto l’immagine meravigliosa del museo che si mette in mostra e che si offre all’attenzione del pubblico urbano a discapito del contenuto delle opere, rappresenta la nuova aura dell’architettura posturbana? L’intenzione dell’intervento è quella di assumere il museo contemporaneo come il sensore delle tendenze in atto e la chiave di lettura dei nuovi fenomeni di estetizzazione dell’architettura, partendo dall’ipotesi che i nuovi musei, con i loro eccessi e le loro dismisure, non sono altro che il riflesso dei canoni estetici della società dello spettacolo. Se è vero che il museo è una forma dell’architettura che rispecchia i valori e la condizione culturale della società alla quale appartiene, la sua immagine (qualsiasi sia la definizione che se ne dà, neobarocca o minimalista) può essere considerata come il segno del processo di spettacolarizzazione iniziato con le esposizioni universali che sono state un salto di qualità nell’uso pubblico e democratico dell’architettura e della città. A questo punto la questione diventa porsi l’interrogativo se il meraviglioso possa essere assunto come una categoria di una diversa specie di spazio e non soltanto di una nuova immagine, avendo però in mente che nell’attuale fase critica del capitalismo, la sfida diventa quella di concepire un’architettura meravigliosa che sia anche sostenibile.

Musei meravigliosi e bellezza / Criconia, Alessandra. - ELETTRONICO. - (2011), pp. Sessione T1_5 p.25-Sessione T1_5 p.32. (Intervento presentato al convegno EURAU '10. Giornate Europee della Ricerca Architettonica e Urbana, 5a edizione tenutosi a Napoli nel 23-26 giugno 2010).

Musei meravigliosi e bellezza

CRICONIA, Alessandra
2011

Abstract

Can the wonderful museums built in the world between the 1970 and 2000 be defined as virtuous examples of new beauty? For many people, the new museums are the revival of a baroque architecture. But, in the society of spectacle the architecture is beautiful when it “seizes the senses” and becomes public space. Therefore, is the spectacular shape of the new museums a drift sign or is it a new estethic concept of architecture that invests in the excess of “look”, to give back to the historic centres or to the negleted industrial areas, a new attraction? Finally, is the museum a model of a culture for democratization unvoiced the modern project? In un libro intitolato “La politica della bellezza”, James Hillman riflette sulla necessità di riaffermare il legame tra città e bellezza. Una strada bella, una piazza bella, un parco bello, un edificio bello, dice lo psicanalista, risvegliano la coscienza estetica dell’individuo e collaborano alla definizione del Sé collettivo. Ma la bellezza, aggiunge Hillman, è qualcosa che non riguarda soltanto la forma esteriore dell’architettura e della città: essa è “un profondo dato nella superficie” che coinvolge anche ciò che avviene all’interno. Un luogo è bello quando è piacevole e stimola la voglia di andarci. La bellezza è dunque un insieme di forma e funzione che serve a favorire i contatti umani e che contribuisce al benessere della comunità e alla partecipazione dell’individuo alla vita pubblica. Secondo questa chiave di lettura, i musei meravigliosi che sono proliferati nel mondo tra gli anni Settanta e il Duemila e di cui il Guggenheim Museum di Bilbao è l’icona, possono essere assunti ad esempio di una nuova bellezza in virtù del fatto che essi sono divenuti le nuove piazze della città contemporanea. Grazie alle loro forme singolari, ma grazie anche alla quantità di attività che riuniscono al loro interno, i musei sono dei centri di attrazione dove il nuovo abitante, user o turista che sia, si reca perché lì accade sempre qualcosa. I musei, che li si voglia definire super o iper, sono stupefacenti e non solo all’esterno. Anche al loro interno non scherzano: atrii a doppia e a tripla altezza, vasti open space per le mostre temporanee, attrezzate sale per proiezioni e convegni, librerie trasformate in sofisticati conceptstore, eleganti caffetterie e ristoranti che sembrano usciti dalle riviste di design, terrazze panoramiche. Questo insieme di spazi “accessori”, che in percentuale hanno superato di gran lunga la superficie degli spazi espositivi delle sale e delle gallerie, hanno sancito il cambiamento del “tempio dell’arte” in una cattedrale del consumo e dell’intrattenimento culturale. A detta di molti, questo è il sintomo di una deriva: il museo è diventato molto simile ad uno shopping center. Ma lo shopping è la funzione che ha improntato di sé la forma urbana moderna e che ha marcato il passaggio al benessere diffuso e alla democratizzazione della città implicito nel progetto moderno. In Europa, le città che vengono indicate come l’emblema di una modernità riuscita – ad esempio Parigi e Stoccolma – devono molto della loro qualità urbana alla configurazione del loro sistema commerciale e al rinnovamento di strade, di corti e di edifici esistenti in spazi pubblici del consumo. Accettando dunque il potere dello shopping di riunire intorno a sé gran parte delle funzioni pubbliche della città, l’interrogativo diventa: nell’epoca del mercato globale e della società dello spettacolo, quale è il senso di un’architettura che investe sul valore espositivo anziché su quello cultuale? In altri termini, quanto l’immagine meravigliosa del museo che si mette in mostra e che si offre all’attenzione del pubblico urbano a discapito del contenuto delle opere, rappresenta la nuova aura dell’architettura posturbana? L’intenzione dell’intervento è quella di assumere il museo contemporaneo come il sensore delle tendenze in atto e la chiave di lettura dei nuovi fenomeni di estetizzazione dell’architettura, partendo dall’ipotesi che i nuovi musei, con i loro eccessi e le loro dismisure, non sono altro che il riflesso dei canoni estetici della società dello spettacolo. Se è vero che il museo è una forma dell’architettura che rispecchia i valori e la condizione culturale della società alla quale appartiene, la sua immagine (qualsiasi sia la definizione che se ne dà, neobarocca o minimalista) può essere considerata come il segno del processo di spettacolarizzazione iniziato con le esposizioni universali che sono state un salto di qualità nell’uso pubblico e democratico dell’architettura e della città. A questo punto la questione diventa porsi l’interrogativo se il meraviglioso possa essere assunto come una categoria di una diversa specie di spazio e non soltanto di una nuova immagine, avendo però in mente che nell’attuale fase critica del capitalismo, la sfida diventa quella di concepire un’architettura meravigliosa che sia anche sostenibile.
2011
EURAU '10. Giornate Europee della Ricerca Architettonica e Urbana, 5a edizione
museum – wonder – beauty
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Musei meravigliosi e bellezza / Criconia, Alessandra. - ELETTRONICO. - (2011), pp. Sessione T1_5 p.25-Sessione T1_5 p.32. (Intervento presentato al convegno EURAU '10. Giornate Europee della Ricerca Architettonica e Urbana, 5a edizione tenutosi a Napoli nel 23-26 giugno 2010).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/377125
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