All’inizio degli anni Ottanta Sergio Lambiase utilizzò per la prima volta – anche se solo dal punto di vista fenomenologico – il concetto di “avanguardia marginale” in un numero speciale della rivista “Es. Materiali per il Novecento”, dedicato agli autori “dimenticati” e “minori” dello sperimentalismo artistico dei primi decenni del secolo. A dispetto della differenza teorica e artistica fra le avanguardie storiche, l’arte moderna fu trasmessa e diffusa specialmente attraverso le arti figurative; poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, essa trovò un modello – nel campo delle belle arti – nel futurismo italiano. La vera rivoluzione ha luogo nell’organizzazione interna dei materiali eterogenei. Un mezzo decisivo, con cui l’arte figurativa e la letteratura d’avanguardia furono diffuse, erano le riviste. Tutte le domande teoriche e interpretative sull’avanguardia – ossia la valenza politica della rivoluzione delle forme, il rapporto con la tradizione, la “visualità” ecc. – vi trovarono espressione. Fin dall’inizio, la cultura tedesca ha individuato la debolezza ma anche il lato discutibile del futurismo italiano. Arthur Moeller van den Bruck è stato particolarmente acuto nel fornire un’interpretazione politica del Futurismo, collegandolo alla “rivoluzione conservatrice” e stabilendo un legame plausibile fra Marinetti e Nietzsche. Nonostante le loro dichiarazioni roboanti di assoluta novità, le radici della poetica dell’avanguardia – e in particolare del Futurismo italiano – vanno ricercate in precise esperienze artistiche del simbolismo francese.
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Titolo: | La rivoluzione delle forme. Il futurismo in Germania | |
Autori: | ||
Data di pubblicazione: | 2007 | |
Rivista: | ||
Handle: | http://hdl.handle.net/11573/37350 | |
Appartiene alla tipologia: | 01a Articolo in rivista |