L’Europa fatica a trovare un suo spazio, sfugge alla definizione - persino in termini geografici -, ma non è certo identificabile in termini territoriali, giacché questo riproporrebbe il problema dei confini e delle relative esclusioni. Ma il criterio territoriale mostra oggi tutta la sua insufficienza per una determinazione spaziale dell’Europa. Se infatti si considera superato lo ius soli, per determinare o addirittura costituire una comunità europea, non si può poi fare ricorso a una a un criterio geografico-territoriale per distinguere l’Europa dall’extraeuropeo. Il concetto di Europa è cambiato radicalmente dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dei regimi comunisti giacché ci si è trovati di fronte a una ridefinizione degli spazi della stessa comunità. Si parla di Europa a “geometria variabile” proprio per la duttilità della sua dimensione spaziale evidentemente meno legata alla territorialità di quanto si possa pensare. Le piccole patrie dei patriottismi locali sono di impedimento al processo di unificazione europea non tanto perché sono contro il moderno e la modernizzazione, quanto perché affermano un modello di società ‘chiusa’ che, in sostanza, tende a negare come un ‘disvalore’ la comunicazione interculturale e ad affermare, per contro, un principio autoreferenziale di identità da “conservare”. La visione nazionalista della comunità concepisce in sostanza l’esperienza dell’ “estraneo” come una frattura, come un attentato alla presunta omogeneità della comunità stessa e la tollera al massimo come esperienza esotica da consumare lontano dalla “patria”. Già Nietzsche aveva intuito che di fronte alla «nostra frettolosa Europa» «razze ottuse ed esitanti [...] avrebbero bisogno d’un mezzo secolo per vincere atavici attacchi di spirito patriottardo e di attaccamento alle zolle». In ultima analisi si è rivelato un ottimista perché mezzo secolo non è stato sufficiente e perché i fautori del localismo non sono tornati «nuovamente alla ragione, cioè al “buon europeismo”». Il processo di democratizzazione dell’informazione – la cui allegoria si configura nella connessione alla rete – implica un’omologazione dei linguaggi e dei comportamenti, già paventata da Nietzsche, che sfocia in «un’involontaria organizzazione per l’allevamento dei tiranni». Il «tiranno spirituale» si configura oggi come dittatura mediatica del pensiero unico, come quella «chiusura dell’universo del discorso» di marcusiana memoria che diventa «chiusura dell’universo politico» per cui il monopolio di fatto e la difesa di interessi commerciali riescono a subordinare e a funzionalizzare anche le spinte micropatriottiche del localismo. È proprio il superamento di quegli «atavici attacchi di spirito patriottardo» e della stretta visione da «sangue e zolla», che tende a identificare individuo e territorio o individuo e “popolo”, la condizione preliminare per la fondazione di una coscienza europea. Nietzsche, nonostante una visione ancora troppo legata al concetto di “popolo” come unità dalle caratteristiche culturali omogenee, ha «seriamente a cuore il “problema europeo”» come «disciplina educativa di una nuova casta governante l’Europa» e invita a non trascurare o travisare «i segni meno ambigui in cui la volontà che l’Europa ha di unificarsi si manifesta», nonostante «il morboso estraneamento che l’insania nazionalista ha interposo e tuttora continua a interporre tra i popoli europei».. Quando Heine sposta questa tensione dal rapporto tra cultura ebraica e cultura tedesca al rapporto conflittuale tra «Kunstperiode» e «neue Zeit», tra romanticismo e cultura moderna, compie in parte una utopica fuga in avanti, ma ha in parte una grande intuizione: cerca, in sostanza, di superare il modello di comunità monoculturale con un modello “moderno” di società multiculturale.

L' "europeo dell'avvenire". Identità e società multiculturale / Ponzi, Mauro. - In: LINKS. - ISSN 1594-5359. - STAMPA. - I:(2001), pp. 21-32.

L' "europeo dell'avvenire". Identità e società multiculturale

PONZI, Mauro
2001

Abstract

L’Europa fatica a trovare un suo spazio, sfugge alla definizione - persino in termini geografici -, ma non è certo identificabile in termini territoriali, giacché questo riproporrebbe il problema dei confini e delle relative esclusioni. Ma il criterio territoriale mostra oggi tutta la sua insufficienza per una determinazione spaziale dell’Europa. Se infatti si considera superato lo ius soli, per determinare o addirittura costituire una comunità europea, non si può poi fare ricorso a una a un criterio geografico-territoriale per distinguere l’Europa dall’extraeuropeo. Il concetto di Europa è cambiato radicalmente dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dei regimi comunisti giacché ci si è trovati di fronte a una ridefinizione degli spazi della stessa comunità. Si parla di Europa a “geometria variabile” proprio per la duttilità della sua dimensione spaziale evidentemente meno legata alla territorialità di quanto si possa pensare. Le piccole patrie dei patriottismi locali sono di impedimento al processo di unificazione europea non tanto perché sono contro il moderno e la modernizzazione, quanto perché affermano un modello di società ‘chiusa’ che, in sostanza, tende a negare come un ‘disvalore’ la comunicazione interculturale e ad affermare, per contro, un principio autoreferenziale di identità da “conservare”. La visione nazionalista della comunità concepisce in sostanza l’esperienza dell’ “estraneo” come una frattura, come un attentato alla presunta omogeneità della comunità stessa e la tollera al massimo come esperienza esotica da consumare lontano dalla “patria”. Già Nietzsche aveva intuito che di fronte alla «nostra frettolosa Europa» «razze ottuse ed esitanti [...] avrebbero bisogno d’un mezzo secolo per vincere atavici attacchi di spirito patriottardo e di attaccamento alle zolle». In ultima analisi si è rivelato un ottimista perché mezzo secolo non è stato sufficiente e perché i fautori del localismo non sono tornati «nuovamente alla ragione, cioè al “buon europeismo”». Il processo di democratizzazione dell’informazione – la cui allegoria si configura nella connessione alla rete – implica un’omologazione dei linguaggi e dei comportamenti, già paventata da Nietzsche, che sfocia in «un’involontaria organizzazione per l’allevamento dei tiranni». Il «tiranno spirituale» si configura oggi come dittatura mediatica del pensiero unico, come quella «chiusura dell’universo del discorso» di marcusiana memoria che diventa «chiusura dell’universo politico» per cui il monopolio di fatto e la difesa di interessi commerciali riescono a subordinare e a funzionalizzare anche le spinte micropatriottiche del localismo. È proprio il superamento di quegli «atavici attacchi di spirito patriottardo» e della stretta visione da «sangue e zolla», che tende a identificare individuo e territorio o individuo e “popolo”, la condizione preliminare per la fondazione di una coscienza europea. Nietzsche, nonostante una visione ancora troppo legata al concetto di “popolo” come unità dalle caratteristiche culturali omogenee, ha «seriamente a cuore il “problema europeo”» come «disciplina educativa di una nuova casta governante l’Europa» e invita a non trascurare o travisare «i segni meno ambigui in cui la volontà che l’Europa ha di unificarsi si manifesta», nonostante «il morboso estraneamento che l’insania nazionalista ha interposo e tuttora continua a interporre tra i popoli europei».. Quando Heine sposta questa tensione dal rapporto tra cultura ebraica e cultura tedesca al rapporto conflittuale tra «Kunstperiode» e «neue Zeit», tra romanticismo e cultura moderna, compie in parte una utopica fuga in avanti, ma ha in parte una grande intuizione: cerca, in sostanza, di superare il modello di comunità monoculturale con un modello “moderno” di società multiculturale.
2001
Cultural Studies; Nihilismo; identità
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
L' "europeo dell'avvenire". Identità e società multiculturale / Ponzi, Mauro. - In: LINKS. - ISSN 1594-5359. - STAMPA. - I:(2001), pp. 21-32.
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