In questo contributo si delineano gli orientamenti dell’opinione moderata italiana di fronte ai grandi eventi che inauguravano le vicende della storia nazionale contemporanea. L’esigenza unitaria si concilia, nel disegno di Giovanni Pindemonte, letterato e politico veronese, fratello del più celebre Ippolito, con i compiti dello stato, ricondotto a funzioni amministrative, a pratica di “buon governo”: una struttura idonea a garantire i diritti dell’individuo. Tuttavia l’ipotesi di una comunità, sorta a garanzia delle differenze più che fondata sulla legittimazione di una omogeneità, finisce per soccombere, nella riflessione pindemontiana, di fronte al dramma dei suoi tempi, al clima della guerra civile. La libertà di pensiero e la tolleranza religiosa soggiacciono allo spirito e alla prassi della rivoluzione. La sostanziale tenuta dell’ideale juste-milieu, che percorre e segna l’opera dello scrittore veneto, sembra in parte stemperarsi nella sua ultima produzione. Con la proclamazione dell’Impero Pindemonte abbandonava l’impegno civile e politico rifugiandosi nella nativa Verona, nel suo “povero mondo”, racchiuso ormai soltanto nella cerchia ristretta della famiglia. Si mostrava tuttavia consapevole, non senza rassegnazione, della funzione complessiva che l’esperienza napoleonica avrebbe garantito per le sorti del paese.
Adesione e dissenso tra rivoluzione e Impero nell'opera di Giovanni Pindemonte letterato e politico veneto (1789-1804). Con una scelta dei suoi sonetti / Themelly, Pietro. - In: EUROSTUDIUM3W. - ISSN 1973-9443. - ELETTRONICO. - 17:(2010), pp. 7-47.
Adesione e dissenso tra rivoluzione e Impero nell'opera di Giovanni Pindemonte letterato e politico veneto (1789-1804). Con una scelta dei suoi sonetti.
THEMELLY, Pietro
2010
Abstract
In questo contributo si delineano gli orientamenti dell’opinione moderata italiana di fronte ai grandi eventi che inauguravano le vicende della storia nazionale contemporanea. L’esigenza unitaria si concilia, nel disegno di Giovanni Pindemonte, letterato e politico veronese, fratello del più celebre Ippolito, con i compiti dello stato, ricondotto a funzioni amministrative, a pratica di “buon governo”: una struttura idonea a garantire i diritti dell’individuo. Tuttavia l’ipotesi di una comunità, sorta a garanzia delle differenze più che fondata sulla legittimazione di una omogeneità, finisce per soccombere, nella riflessione pindemontiana, di fronte al dramma dei suoi tempi, al clima della guerra civile. La libertà di pensiero e la tolleranza religiosa soggiacciono allo spirito e alla prassi della rivoluzione. La sostanziale tenuta dell’ideale juste-milieu, che percorre e segna l’opera dello scrittore veneto, sembra in parte stemperarsi nella sua ultima produzione. Con la proclamazione dell’Impero Pindemonte abbandonava l’impegno civile e politico rifugiandosi nella nativa Verona, nel suo “povero mondo”, racchiuso ormai soltanto nella cerchia ristretta della famiglia. Si mostrava tuttavia consapevole, non senza rassegnazione, della funzione complessiva che l’esperienza napoleonica avrebbe garantito per le sorti del paese.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.