La lettura che Benjamin ha compiuto dell’esperienza culturale di tre personaggi diversissimi tra di loro, Baudelaire, Kafka e Kraus, ci offre più di una chiave interpretativa per comprendere i tratti del suo personale sconfinamento e della funzione esemplare del suo fallimento. A questi tre modelli di intellettuali, che diventano tre forme allegoriche dello scrivere, corrispondono tre immagini diverse dell’angelo. Tutti e tre hanno delle caratteristiche comuni – per esempio il carattere distruttivo – ma ciascuno dei tre esprime in maniera più marcata una particolare qualità. Una delle fonti culturali a cui Benjamin attinge a piene mani nella composizione delle sue opere è senz'altro quella della tradizione ebraica, all'interno della quale può essere iscritta la sua esperienza intellettuale. Certamente il pensiero di Benjamin 'fuoriesce' in qualche modo dalla stessa tradizione ebraica, per quella serie di interpolazioni e di contaminazioni che è caratteristica della sua metodologia; così come sfugge alle catalogazioni del marxismo e del materialismo. Bisogna piuttosto chiedersi in che modo Benjamin abbia utilizzato nei suoi scritti la tradizione ebraica. Ci troviamo senza dubbio di fronte al tentativo di percorrere una via eccentrica, di passare attraverso molteplici contraddizioni con l'unico scopo di giungere a una critica epocale della modernità, verso un'improbabile salvezza che assume talvolta la forma messianica della rivoluzione (intesa anche in senso politico) talvolta la forma dell'apocalisse. La 'teologia negativa' che Benjamin vedeva in Kafka è un altro degli elementi su cui si basa la sotterranea identificazione col percorso intellettuale dello scrittore di Praga. L'epistolario tra Benjamin e Scholem ha come tema centrale il saggio di Benjamin su Kafka e la relativa interpretazione. E Benjamin ritorna insistentemente sull'argomento perché in realtà, parlando di Kafka, parlava di se stesso delle sue posizioni rispetto alla cultura ebraica, rispetto alla lingua tedesca e rispetto all'avventura umana. Benjamin vede insomma in Kafka un esempio paradigmatico di quella via ellittica, di quel percorso eccentrico che può condurre alla redenzione passando per l'aspetto negativo della rivelazione. Per questo ritiene che l'interpretazione mistica sia la sola possibile per comprendere l'opera di Kafka. In Kafka Benjamin trova nel 'silenzio delle sirene' il rifiuto di interpretare il moderno in termini mitologici, trova un'alternativa letteraria alla 'mitologia del moderno' di Aragon e dei surrealisti. In Kafka Benjamin vede riprodotta la tensione tra la 'purezza' e la 'vitalità' del concetto di Dio, che - secondo Scholem - caratterizza la storia della religione ebraica. Questa tensione, riportata sull'asse della scrittura creativa, diventa un contrasto insanabile tra 'verità' e 'trasmissibilità', che Kafka risolve in senso distruttivo e 'profano' nel momento in cui abbandona la 'purezza' e la 'verità' per mantenere la possibilità di produrre scrittura. Sia Kafka che Benjamin sembrano recepire dalla tradizione della mistica ebraica la convinzione che la redenzione venga preceduta dal fallimento, che assume proprio nella sua negatività delle valenze messianiche. E' il destino degli angeli provvisori: sono esseri effimeri che hanno appena il tempo di esprimere una lode o un lamento davanti al trono del Signore prima di essere distrutti nel nulla.

L’angelo provvisorio. Walter Benjamin e il pensiero religioso / Ponzi, Mauro. - In: HUMANITAS. - ISSN 0018-7461. - STAMPA. - 5:(2005), pp. 1075-1099.

L’angelo provvisorio. Walter Benjamin e il pensiero religioso

PONZI, Mauro
2005

Abstract

La lettura che Benjamin ha compiuto dell’esperienza culturale di tre personaggi diversissimi tra di loro, Baudelaire, Kafka e Kraus, ci offre più di una chiave interpretativa per comprendere i tratti del suo personale sconfinamento e della funzione esemplare del suo fallimento. A questi tre modelli di intellettuali, che diventano tre forme allegoriche dello scrivere, corrispondono tre immagini diverse dell’angelo. Tutti e tre hanno delle caratteristiche comuni – per esempio il carattere distruttivo – ma ciascuno dei tre esprime in maniera più marcata una particolare qualità. Una delle fonti culturali a cui Benjamin attinge a piene mani nella composizione delle sue opere è senz'altro quella della tradizione ebraica, all'interno della quale può essere iscritta la sua esperienza intellettuale. Certamente il pensiero di Benjamin 'fuoriesce' in qualche modo dalla stessa tradizione ebraica, per quella serie di interpolazioni e di contaminazioni che è caratteristica della sua metodologia; così come sfugge alle catalogazioni del marxismo e del materialismo. Bisogna piuttosto chiedersi in che modo Benjamin abbia utilizzato nei suoi scritti la tradizione ebraica. Ci troviamo senza dubbio di fronte al tentativo di percorrere una via eccentrica, di passare attraverso molteplici contraddizioni con l'unico scopo di giungere a una critica epocale della modernità, verso un'improbabile salvezza che assume talvolta la forma messianica della rivoluzione (intesa anche in senso politico) talvolta la forma dell'apocalisse. La 'teologia negativa' che Benjamin vedeva in Kafka è un altro degli elementi su cui si basa la sotterranea identificazione col percorso intellettuale dello scrittore di Praga. L'epistolario tra Benjamin e Scholem ha come tema centrale il saggio di Benjamin su Kafka e la relativa interpretazione. E Benjamin ritorna insistentemente sull'argomento perché in realtà, parlando di Kafka, parlava di se stesso delle sue posizioni rispetto alla cultura ebraica, rispetto alla lingua tedesca e rispetto all'avventura umana. Benjamin vede insomma in Kafka un esempio paradigmatico di quella via ellittica, di quel percorso eccentrico che può condurre alla redenzione passando per l'aspetto negativo della rivelazione. Per questo ritiene che l'interpretazione mistica sia la sola possibile per comprendere l'opera di Kafka. In Kafka Benjamin trova nel 'silenzio delle sirene' il rifiuto di interpretare il moderno in termini mitologici, trova un'alternativa letteraria alla 'mitologia del moderno' di Aragon e dei surrealisti. In Kafka Benjamin vede riprodotta la tensione tra la 'purezza' e la 'vitalità' del concetto di Dio, che - secondo Scholem - caratterizza la storia della religione ebraica. Questa tensione, riportata sull'asse della scrittura creativa, diventa un contrasto insanabile tra 'verità' e 'trasmissibilità', che Kafka risolve in senso distruttivo e 'profano' nel momento in cui abbandona la 'purezza' e la 'verità' per mantenere la possibilità di produrre scrittura. Sia Kafka che Benjamin sembrano recepire dalla tradizione della mistica ebraica la convinzione che la redenzione venga preceduta dal fallimento, che assume proprio nella sua negatività delle valenze messianiche. E' il destino degli angeli provvisori: sono esseri effimeri che hanno appena il tempo di esprimere una lode o un lamento davanti al trono del Signore prima di essere distrutti nel nulla.
2005
Filosofia; Walter Benjamin; pensiero religioso
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
L’angelo provvisorio. Walter Benjamin e il pensiero religioso / Ponzi, Mauro. - In: HUMANITAS. - ISSN 0018-7461. - STAMPA. - 5:(2005), pp. 1075-1099.
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