Viene ripreso il problema delle limitazioni funerarie a Roma nel VI e V secolo a.C., partendo dai recentissimi scavi all'Esquilino e a via Goito. Qualunque sia l'origine e il significato di questo cambiamento, appare chiara la scelta politica di far convergere tutte le risorse nell'edilizia pubblica (palazzi, piazze, cisterne) sottraendole al privato, come avveniva invece nelle tombe fastose dell'Orientalizzante.Tale scelta appare dunque chia¬ramente legata al potere centrale ormai pienamente in grado di compierla. L'attribuzione ricorrente di questo tipo di legislazione a nomoteti o tiranni del VI secolo non è casuale: la lotta contro il lusso e la ricchezza è parte integrante della fase nomotetica delle città greche, i provvedimenti antisuntuari sono essenzialmente e originariamente antiaristocratici, anche se espressi da uomini aristocratici e, prima di coinvolgere la maniera di seppellire i morti, coinvolgono la vita quotidiana dei cittadini più abbienti. Anche a Roma alla fine del VII secolo e nel cor¬so del VI, c'è una crisi generale delle aristocrazie; nuove forze si fanno strada; fra le famiglie aristocratiche sorgono conflitti e contrasti e vincitore di quei contrasti può essere un uomo del vecchio gruppo dominante. E’verosimile che nelle leggi suntuarie monarchiche, forse non riportato nelle XII tavole come ce le riferisce Cicerone, oltre al limite dei tre ricinia nel funerale, ci poteva essere un invito a riportare a casa i vasi della libagione e la suppellettile utilizzata nella cerimonia, come troviamo nella legge di Iulis a Keos.Riesaminando le deposizione funerarie romane attribuibili a questo periodo risultano molto vitali tutte le piccole necropoli poste al confine dell’ager romanus antiquus, considerate testimonianza di avamposti gentilizo inviati a controllare i confini: sulla strada verso Tivoli, La Rustica (forse Caenina?) con un numero eccezionale di cassoni, verso Lavinio Acqua Acetosa Laurentina con le tombe di Casale Massima e Vallerano e il gruppo di Casale Brunori, verosimilmente appartenente ad un gruppo gravitante lungo una strada verso Decima, la via Laurentina? Sembra che i 40.000 romani, di cui ci parla la tradizione per questo periodo, utilizzassero più di frequente le necropoli a raggiera intorno alla città e all’agro. La necropoli dell’Esquilino, pur considerata la necropoli urbana, sembra comunque ridimensionata all’area più vicino alla porta: eccezioni sono costituite, come di consueto, da deposizioni eccezionali come la tomba 193 o la 125 poste in posizione isolata rispetto al gruppo.

Il cambiamento delle pratiche funerarie nell'età dei Tarquini / Bartoloni, Gilda. - STAMPA. - 1:(2010), pp. 141-167. (Intervento presentato al convegno XVII convegno internazionale di studi sulla storia e l'archeologia dell'Etruria tenutosi a Orvieto nel 18/20 dicembre 2009).

Il cambiamento delle pratiche funerarie nell'età dei Tarquini

BARTOLONI, Gilda
2010

Abstract

Viene ripreso il problema delle limitazioni funerarie a Roma nel VI e V secolo a.C., partendo dai recentissimi scavi all'Esquilino e a via Goito. Qualunque sia l'origine e il significato di questo cambiamento, appare chiara la scelta politica di far convergere tutte le risorse nell'edilizia pubblica (palazzi, piazze, cisterne) sottraendole al privato, come avveniva invece nelle tombe fastose dell'Orientalizzante.Tale scelta appare dunque chia¬ramente legata al potere centrale ormai pienamente in grado di compierla. L'attribuzione ricorrente di questo tipo di legislazione a nomoteti o tiranni del VI secolo non è casuale: la lotta contro il lusso e la ricchezza è parte integrante della fase nomotetica delle città greche, i provvedimenti antisuntuari sono essenzialmente e originariamente antiaristocratici, anche se espressi da uomini aristocratici e, prima di coinvolgere la maniera di seppellire i morti, coinvolgono la vita quotidiana dei cittadini più abbienti. Anche a Roma alla fine del VII secolo e nel cor¬so del VI, c'è una crisi generale delle aristocrazie; nuove forze si fanno strada; fra le famiglie aristocratiche sorgono conflitti e contrasti e vincitore di quei contrasti può essere un uomo del vecchio gruppo dominante. E’verosimile che nelle leggi suntuarie monarchiche, forse non riportato nelle XII tavole come ce le riferisce Cicerone, oltre al limite dei tre ricinia nel funerale, ci poteva essere un invito a riportare a casa i vasi della libagione e la suppellettile utilizzata nella cerimonia, come troviamo nella legge di Iulis a Keos.Riesaminando le deposizione funerarie romane attribuibili a questo periodo risultano molto vitali tutte le piccole necropoli poste al confine dell’ager romanus antiquus, considerate testimonianza di avamposti gentilizo inviati a controllare i confini: sulla strada verso Tivoli, La Rustica (forse Caenina?) con un numero eccezionale di cassoni, verso Lavinio Acqua Acetosa Laurentina con le tombe di Casale Massima e Vallerano e il gruppo di Casale Brunori, verosimilmente appartenente ad un gruppo gravitante lungo una strada verso Decima, la via Laurentina? Sembra che i 40.000 romani, di cui ci parla la tradizione per questo periodo, utilizzassero più di frequente le necropoli a raggiera intorno alla città e all’agro. La necropoli dell’Esquilino, pur considerata la necropoli urbana, sembra comunque ridimensionata all’area più vicino alla porta: eccezioni sono costituite, come di consueto, da deposizioni eccezionali come la tomba 193 o la 125 poste in posizione isolata rispetto al gruppo.
2010
9788871404455
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/193769
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