Il poeta Gabriele d’Annunzio e il pittore Giulio Aristide Sartorio, sodali del milieu simbolista italiano, hanno condiviso comuni battaglie culturali, visioni ideologiche e scelte artistiche. Alla fine della Grande Guerra, tuttavia, mirano al medesimo obiettivo: un buen retiro principalmente consacrato all’attività creativa – il Vittoriale per il poeta, gli Horti Galateae per l’artista. Nel 1924, alla notizia dell’assassinio di Giacomo Matteotti, d’Annunzio, isolato e venerato nell’eremo sul Garda, parla di «fetida ruina», mentre i contatti con Mussolini sono ormai spuri e utilitari; frattanto Sartorio è impegnato in Sud America come promotore dell'arte italiana: rispetto ai rivolgimenti politici in atto, nulla fa presagire interesse, fiducia, appoggio. Eppure, ancora prestigiosi attori della scena culturale italiana (e internazionale), i due decani della cultura conservatrice di Età umbertina tra il 1924 e il 1925 riemergono nuovamente sulla scena pubblica. La presente indagine intende mettere in luce, attraverso riferimenti artistici e documentali, il parallelo posizionamento pubblico di due intellettuali dall'affine sensibilità conservatrice a seguito della cesura storica, politica e morale determinata dal Delitto Matteotti, al fine di cogliere il rapporto tra venerate autorità intellettuali in seno al crescente processo di egemonia culturale allora attuato dal regime in ascesa.
Il crepuscolo dei Dioscuri. Gabriele d'Annunzio e Giulio Aristide Sartorio ai tempi del Delitto Matteotti / Della Sala, Pietro. - In: ITALIES. - ISSN 2108-6540. - 28(2024), pp. 77-91.
Il crepuscolo dei Dioscuri. Gabriele d'Annunzio e Giulio Aristide Sartorio ai tempi del Delitto Matteotti
Pietro Della Sala
2024
Abstract
Il poeta Gabriele d’Annunzio e il pittore Giulio Aristide Sartorio, sodali del milieu simbolista italiano, hanno condiviso comuni battaglie culturali, visioni ideologiche e scelte artistiche. Alla fine della Grande Guerra, tuttavia, mirano al medesimo obiettivo: un buen retiro principalmente consacrato all’attività creativa – il Vittoriale per il poeta, gli Horti Galateae per l’artista. Nel 1924, alla notizia dell’assassinio di Giacomo Matteotti, d’Annunzio, isolato e venerato nell’eremo sul Garda, parla di «fetida ruina», mentre i contatti con Mussolini sono ormai spuri e utilitari; frattanto Sartorio è impegnato in Sud America come promotore dell'arte italiana: rispetto ai rivolgimenti politici in atto, nulla fa presagire interesse, fiducia, appoggio. Eppure, ancora prestigiosi attori della scena culturale italiana (e internazionale), i due decani della cultura conservatrice di Età umbertina tra il 1924 e il 1925 riemergono nuovamente sulla scena pubblica. La presente indagine intende mettere in luce, attraverso riferimenti artistici e documentali, il parallelo posizionamento pubblico di due intellettuali dall'affine sensibilità conservatrice a seguito della cesura storica, politica e morale determinata dal Delitto Matteotti, al fine di cogliere il rapporto tra venerate autorità intellettuali in seno al crescente processo di egemonia culturale allora attuato dal regime in ascesa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


