La tutela dei diritti dei minori e delle minori coinvolti/e dei conflitti armati a livello europeo e internazionale è spesso un processo controverso poiché l’appartenenza sociale, politica, culturale e religiosa dei e delle minori continua ad essere fonte di gravi discriminazioni. Rappresentativo della situazione è il caso dei giovani nati o cresciuti sotto lo Stato Islamico, figli o figlie di foreign terrorist fighters europei. Il loro rimpatrio, richiesto a partire dal 2017, ha creato una nuova problematica legata alla percezione della sicurezza nazionale dei paesi appartenenti all'Unione Europea. Il focus dell’elaborato è applicare il concetto di intersezionalità alle zone post-conflitto bellico e analizzare in che modo la percezione mediatica e sociale europea del terrorismo islamico influisca sul riconoscimento dei diritti dei figli e delle figlie dei foreign terrorist fighters. I paesi europei non garantiscono a questi bambini, già presumibilmente radicalizzati durante gli anni di costruzione dello Stato Islamico, un programma di smobilitazione, di reintegro e di riabilitazione (programmi DDR) in parallelo ad un percorso psico-sociale di recupero dei traumi, che miri al reinserimento nella società per evitare di diventare una possibile minaccia futura per sé stessi e per il mondo. La tesi di fondo è che l’esistenza di gerarchizzazioni o compartimentazioni sociali causate dall’appartenenza a molteplici gruppi e/o categorie come sesso, genere, classe, etnia, religione, età determini una molteplice discriminazione per le figlie che fanno più fatica a rientrare nei programmi DDR, a vedere riconosciuto il loro trauma e a ritornare presso le famiglie del paese in cui sono nate loro o i loro genitori.
Intersezionalità e tutela dell’infanzia. Il caso dei figli e delle figlie di foreign terrorist fighters europei / Tropeano, Anna Micol; Maria Torrioni, Paola. - (2024), pp. 273-293. (Intervento presentato al convegno Beyond Genders Intersezionalità tra teoria e pratiche. Sguardi interdisciplinari tenutosi a Torino).
Intersezionalità e tutela dell’infanzia. Il caso dei figli e delle figlie di foreign terrorist fighters europei
Anna Micol Tropeano;
2024
Abstract
La tutela dei diritti dei minori e delle minori coinvolti/e dei conflitti armati a livello europeo e internazionale è spesso un processo controverso poiché l’appartenenza sociale, politica, culturale e religiosa dei e delle minori continua ad essere fonte di gravi discriminazioni. Rappresentativo della situazione è il caso dei giovani nati o cresciuti sotto lo Stato Islamico, figli o figlie di foreign terrorist fighters europei. Il loro rimpatrio, richiesto a partire dal 2017, ha creato una nuova problematica legata alla percezione della sicurezza nazionale dei paesi appartenenti all'Unione Europea. Il focus dell’elaborato è applicare il concetto di intersezionalità alle zone post-conflitto bellico e analizzare in che modo la percezione mediatica e sociale europea del terrorismo islamico influisca sul riconoscimento dei diritti dei figli e delle figlie dei foreign terrorist fighters. I paesi europei non garantiscono a questi bambini, già presumibilmente radicalizzati durante gli anni di costruzione dello Stato Islamico, un programma di smobilitazione, di reintegro e di riabilitazione (programmi DDR) in parallelo ad un percorso psico-sociale di recupero dei traumi, che miri al reinserimento nella società per evitare di diventare una possibile minaccia futura per sé stessi e per il mondo. La tesi di fondo è che l’esistenza di gerarchizzazioni o compartimentazioni sociali causate dall’appartenenza a molteplici gruppi e/o categorie come sesso, genere, classe, etnia, religione, età determini una molteplice discriminazione per le figlie che fanno più fatica a rientrare nei programmi DDR, a vedere riconosciuto il loro trauma e a ritornare presso le famiglie del paese in cui sono nate loro o i loro genitori.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


