Il contributo proposto, nel tratteggiare il percorso giurisprudenziale del diritto all’autodeterminazione terapeutica ricavato dai tre importanti leading case in materia –Welby, Englaro e Cappato – illustra come sia stato determinante l’impulso fornito dalla società civile, in quanto motore e collettore della partecipazione democratica sulle questioni bio-giuridiche, poi recepite dalla giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, al fine di sopperire all’inerzia del legislatore, traducendo istanze sociali in principi giuridici. Il risultato attuale è che l’ordinamento italiano riconosce il diritto all’autodeterminazione terapeutica come un vero e proprio diritto soggettivo, un diritto alla “buona morte” che incontra - ancora oggi -il confine tra il lecito e l’illecito a seconda se ciò avvenga attraverso il distacco di un macchinario (eutanasia consensuale passiva, oggi consentita in Italia) o attraverso l’assunzione di un vero e proprio farmaco (eutanasia consensuale attiva, tuttora priva di tutela). Il contributo evidenzia, infine, la disfunzionalità del sistema democratico così delineato, in cui la giurisdizione si fa motore di riconoscimento dei diritti fondamentali, mentre la politica resta inerte, e riflette sulla funzione contro-democratica della Corte costituzionale nel garantire la tutela minima del bene vita anche rispetto alla democrazia diretta.
Il diritto all’autodeterminazione terapeutica in Italia. l’incontro tra la società civile e la giurisprudenza costituzionale / Cerquozzi, Flaviana. - (2023), pp. 237-248. (Intervento presentato al convegno Corso di Alta Formazione in Giustizia costituzionale e tutela giurisdizionale dei diritti tenutosi a Pisa; Italy (poi online causa pandemia)).
Il diritto all’autodeterminazione terapeutica in Italia. l’incontro tra la società civile e la giurisprudenza costituzionale
Flaviana Cerquozzi
2023
Abstract
Il contributo proposto, nel tratteggiare il percorso giurisprudenziale del diritto all’autodeterminazione terapeutica ricavato dai tre importanti leading case in materia –Welby, Englaro e Cappato – illustra come sia stato determinante l’impulso fornito dalla società civile, in quanto motore e collettore della partecipazione democratica sulle questioni bio-giuridiche, poi recepite dalla giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, al fine di sopperire all’inerzia del legislatore, traducendo istanze sociali in principi giuridici. Il risultato attuale è che l’ordinamento italiano riconosce il diritto all’autodeterminazione terapeutica come un vero e proprio diritto soggettivo, un diritto alla “buona morte” che incontra - ancora oggi -il confine tra il lecito e l’illecito a seconda se ciò avvenga attraverso il distacco di un macchinario (eutanasia consensuale passiva, oggi consentita in Italia) o attraverso l’assunzione di un vero e proprio farmaco (eutanasia consensuale attiva, tuttora priva di tutela). Il contributo evidenzia, infine, la disfunzionalità del sistema democratico così delineato, in cui la giurisdizione si fa motore di riconoscimento dei diritti fondamentali, mentre la politica resta inerte, e riflette sulla funzione contro-democratica della Corte costituzionale nel garantire la tutela minima del bene vita anche rispetto alla democrazia diretta.| File | Dimensione | Formato | |
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