Da molti decenni si assiste a una sorta di gioco delle parti tra le due più importanti “piccole metropoli” italiane, Roma e Milano: quando una chiama alla battaglia della speculazione edilizia, sociale ed economica, l’altra, con un ritardo di qualche anno, risponde, e viceversa. Bisogna tuttavia riconoscere che questa costante febbre edilizia presenta anche aspetti che vanno al di là della mera speculazione: è evidente che esiste una vera esigenza di rinnovare e “rigenerare” interi settori delle due città, resi ormai obsoleti dalla deindustrializzazione e dal mutamento di molti fattori urbani. Un’inevitabile trasformazione che, ovviamente, porta a nuove positive opportunità ma, contemporaneamente, produce molti conflitti sociali tra i cittadini e i cosiddetti stakeholders, i portatori di interessi economici delle Real Estate. Negli ultimi anni, queste ultime sembrano aver più o meno lecitamente ingaggiato molti esponenti di quello che una volta era il loro “campo avverso”: amministratori di sinistra, intellettuali, professionisti progressisti, ricercatori e professori universitari delle discipline urbanistiche e della progettazione architettonica. Così, secondo una legge non scritta, i capitali economici che agiscono sulle dinamiche urbane si spostano da una all’altra città a seconda dei cicli economici, come in un’infinita e perversa danza. A ogni nuovo passaggio, ne seguono polemiche e strascichi di natura sociale, politica, scientifica e, infine, quasi sempre giudiziaria. Il risultato è finale di tutto ciò ha un’evidente e drammatico signi-ficato politico e sociale: abbandonati dalla classe dirigente italiana di ogni colore e tendenza, i cittadini delle due metropoli sono ormai assuefatti alla totale assenza di pratiche urbane chiare, progressiste, realmente ambientaliste e attente alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione, come i lavoratori dipendenti a basso reddito, gli anziani, i giovani e i nuovi cittadini arrivati da ogni parte del mondo. Tutto ciò che concerne le trasformazioni urbane, insomma, è ormai solo un fatto economico. Un qualcosa, inoltre, frutto di un’economia che non è più “di mercato” ma che è guidata unicamente dalle astratte leggi della finanza, del tutto indifferenti a ciò che accade nei territori.
Quando Milano chiama / Lanzetta, Alessandro. - In: ARCHPHOTO. - ISSN 1971-0739. - (2025).
Quando Milano chiama
Alessandro Lanzetta
2025
Abstract
Da molti decenni si assiste a una sorta di gioco delle parti tra le due più importanti “piccole metropoli” italiane, Roma e Milano: quando una chiama alla battaglia della speculazione edilizia, sociale ed economica, l’altra, con un ritardo di qualche anno, risponde, e viceversa. Bisogna tuttavia riconoscere che questa costante febbre edilizia presenta anche aspetti che vanno al di là della mera speculazione: è evidente che esiste una vera esigenza di rinnovare e “rigenerare” interi settori delle due città, resi ormai obsoleti dalla deindustrializzazione e dal mutamento di molti fattori urbani. Un’inevitabile trasformazione che, ovviamente, porta a nuove positive opportunità ma, contemporaneamente, produce molti conflitti sociali tra i cittadini e i cosiddetti stakeholders, i portatori di interessi economici delle Real Estate. Negli ultimi anni, queste ultime sembrano aver più o meno lecitamente ingaggiato molti esponenti di quello che una volta era il loro “campo avverso”: amministratori di sinistra, intellettuali, professionisti progressisti, ricercatori e professori universitari delle discipline urbanistiche e della progettazione architettonica. Così, secondo una legge non scritta, i capitali economici che agiscono sulle dinamiche urbane si spostano da una all’altra città a seconda dei cicli economici, come in un’infinita e perversa danza. A ogni nuovo passaggio, ne seguono polemiche e strascichi di natura sociale, politica, scientifica e, infine, quasi sempre giudiziaria. Il risultato è finale di tutto ciò ha un’evidente e drammatico signi-ficato politico e sociale: abbandonati dalla classe dirigente italiana di ogni colore e tendenza, i cittadini delle due metropoli sono ormai assuefatti alla totale assenza di pratiche urbane chiare, progressiste, realmente ambientaliste e attente alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione, come i lavoratori dipendenti a basso reddito, gli anziani, i giovani e i nuovi cittadini arrivati da ogni parte del mondo. Tutto ciò che concerne le trasformazioni urbane, insomma, è ormai solo un fatto economico. Un qualcosa, inoltre, frutto di un’economia che non è più “di mercato” ma che è guidata unicamente dalle astratte leggi della finanza, del tutto indifferenti a ciò che accade nei territori.| File | Dimensione | Formato | |
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