Questa lezione si concentra sul singolo episodio Il più grande robot del mondo (地上最大のロボッ ト), in realtà una puntata doppia, dell’anime Astro boy (鉄腕アトム)1successivo al Manga originale del 1951. La prima serie è datata 1963, venne poi ridisegnata nel 1980; i riferimenti a seguito riguardano particolarmente quest’ultima dove il disegno e la caratterizzazione dei personaggi è più matura e l’ambiente più oscuro, decadente e malinconico. La puntata è stata usata anche come base del Manga Pluto (プルートウ) di Naoki Urasawa (浦沢直樹) del 2003, nello stesso anno viene prodotta anche una serie animata che ricalca le vicende della precedente con un pesante ridisegno ed un diverso tipo di tecnologia. Nella seconda serie, come già premesso, i robot hanno un disegno diverso e meno antropomorfo, un ottimo modo per aumentare il livello di violenza che, sui robot, in ogni caso è sempre permessa; sono macchine e possono essere distrutte nella maniera più brutale possibile. La serie degli anni ’80 in questo caso estremizza un po’ le situazioni, la prima infatti, per il gusto dell’epoca era molto più ingenua nella struttura e soprattutto nello svolgersi dei combattimenti che erano lasciati a pochi frames. Eviteremo in questo approfondimento la figura del protagonista, la cui trattazione è già ampiamente presente in letteratura e la cui comprensione necessita di riferimenti al Giappone degli anni ’50 non sintetizzabili in poche righe2

Il character design di Osamu Tezuka / Paduano, Ivan. - (2018).

Il character design di Osamu Tezuka

ivan paduano
2018

Abstract

Questa lezione si concentra sul singolo episodio Il più grande robot del mondo (地上最大のロボッ ト), in realtà una puntata doppia, dell’anime Astro boy (鉄腕アトム)1successivo al Manga originale del 1951. La prima serie è datata 1963, venne poi ridisegnata nel 1980; i riferimenti a seguito riguardano particolarmente quest’ultima dove il disegno e la caratterizzazione dei personaggi è più matura e l’ambiente più oscuro, decadente e malinconico. La puntata è stata usata anche come base del Manga Pluto (プルートウ) di Naoki Urasawa (浦沢直樹) del 2003, nello stesso anno viene prodotta anche una serie animata che ricalca le vicende della precedente con un pesante ridisegno ed un diverso tipo di tecnologia. Nella seconda serie, come già premesso, i robot hanno un disegno diverso e meno antropomorfo, un ottimo modo per aumentare il livello di violenza che, sui robot, in ogni caso è sempre permessa; sono macchine e possono essere distrutte nella maniera più brutale possibile. La serie degli anni ’80 in questo caso estremizza un po’ le situazioni, la prima infatti, per il gusto dell’epoca era molto più ingenua nella struttura e soprattutto nello svolgersi dei combattimenti che erano lasciati a pochi frames. Eviteremo in questo approfondimento la figura del protagonista, la cui trattazione è già ampiamente presente in letteratura e la cui comprensione necessita di riferimenti al Giappone degli anni ’50 non sintetizzabili in poche righe2
2018
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