Per le strutture di copertura, parallelamente alla radicale trasformazione del mondo professionale e produttivo degli ultimi due secoli, si è assistito a un sostanziale accrescimento evolutivo della domanda prestazionale e contemporaneamente a una modifica delle aspettative funzionali. Nei tetti delle chiese si osservano gli esiti dei diversi atteggiamenti, talvolta compresenti, assunti nel tempo: dalla sostituzione integrale all’integrazione, dall’economico presidio di sicurezza al dispendioso intervento di cautela conservativa, dagli interventi minimali a quelli ipertrofici, dall’adozione di materiali tradizionali all’impiego di acciaio e FRP. In una disamina da poco avviata è parso opportuno distinguere tipologicamente i gusci che proteggono le volte dalle coperture che assolvono in via esclusiva allo stesso compito, anche se talvolta affiancate da diaframmi utili per funzioni accessorie, di decoro, di finitura architettonica, di isolamento. Nel primo caso, la copertura è strutturalmente accessoria e mirata a funzionalità protettive; ne risulta leggera e ventilata e molti edifici, soprattutto nel meridione, ne evitano addirittura l’adozione. Nel secondo, per quanto leggera rispetto alla copertura muraria, si tratta di una componente destinata a specifici compiti strutturali, di portanza e di collegamento tra i muri d’ambito, che impongono un registro esecutivo di maggiore impegno e affidabilità. Permangono poi tipologie intermedie in cui la struttura lignea integra, con diverse modalità e rilevanza, quella muraria. L’uso tradizionale romano dello scempiato laterizio limita la leggerezza del guscio protettivo che tuttavia manteneva una consistenza contenuta; in altri contesti costruttivi, non prevedendo neanche il tavolato, le coperture assumono una consistenza discontinua e ariosa. Le tecniche d’intervento hanno portato a negare la tradizionale leggerezza, in ragione delle difficoltà e al costo delle manutenzioni, introducendo innovativi schemi statici, frutto della maggiore confidenza con la scienza delle costruzioni, e diverse condizioni ambientali, spesso causa di una accelerazione dei processi di degrado.
Considerazioni sulle coperture in legno negli edifici religiosi, soprattutto romani / De Cesaris, Fabrizio. - In: MATERIALI E STRUTTURE. - ISSN 1121-2373. - 25:(2024), pp. 27-44.
Considerazioni sulle coperture in legno negli edifici religiosi, soprattutto romani
fabrizio de cesaris
Primo
Writing – Review & Editing
2024
Abstract
Per le strutture di copertura, parallelamente alla radicale trasformazione del mondo professionale e produttivo degli ultimi due secoli, si è assistito a un sostanziale accrescimento evolutivo della domanda prestazionale e contemporaneamente a una modifica delle aspettative funzionali. Nei tetti delle chiese si osservano gli esiti dei diversi atteggiamenti, talvolta compresenti, assunti nel tempo: dalla sostituzione integrale all’integrazione, dall’economico presidio di sicurezza al dispendioso intervento di cautela conservativa, dagli interventi minimali a quelli ipertrofici, dall’adozione di materiali tradizionali all’impiego di acciaio e FRP. In una disamina da poco avviata è parso opportuno distinguere tipologicamente i gusci che proteggono le volte dalle coperture che assolvono in via esclusiva allo stesso compito, anche se talvolta affiancate da diaframmi utili per funzioni accessorie, di decoro, di finitura architettonica, di isolamento. Nel primo caso, la copertura è strutturalmente accessoria e mirata a funzionalità protettive; ne risulta leggera e ventilata e molti edifici, soprattutto nel meridione, ne evitano addirittura l’adozione. Nel secondo, per quanto leggera rispetto alla copertura muraria, si tratta di una componente destinata a specifici compiti strutturali, di portanza e di collegamento tra i muri d’ambito, che impongono un registro esecutivo di maggiore impegno e affidabilità. Permangono poi tipologie intermedie in cui la struttura lignea integra, con diverse modalità e rilevanza, quella muraria. L’uso tradizionale romano dello scempiato laterizio limita la leggerezza del guscio protettivo che tuttavia manteneva una consistenza contenuta; in altri contesti costruttivi, non prevedendo neanche il tavolato, le coperture assumono una consistenza discontinua e ariosa. Le tecniche d’intervento hanno portato a negare la tradizionale leggerezza, in ragione delle difficoltà e al costo delle manutenzioni, introducendo innovativi schemi statici, frutto della maggiore confidenza con la scienza delle costruzioni, e diverse condizioni ambientali, spesso causa di una accelerazione dei processi di degrado.| File | Dimensione | Formato | |
|---|---|---|---|
|
De Cesaris_Considerazioni-cpoèperture-legno_2024.pdf
solo gestori archivio
Note: Copertina, frontespizio, indice, articolo
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
3.91 MB
Formato
Adobe PDF
|
3.91 MB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


