Antropocene spettrale: appunti per un’ecocritica hauntologica

The article proposes a hauntological reading of the Anthropocene, questioning its ontological, temporal and aesthetic implications in light of Karen Barad's physical theories. The spectral dimension of the Anthropocene and its possible productivity in the ecocritical field are investigated through the concept of hauntology as understood by the scholar. The aim is to test the relevance of a hauntological approach by analysing two case studies: Jeff VanderMeer's Southern Reach trilogy (2014) and Antoine Volodine's Terminus Radieux (2014). This is achieved by focusing on three specific analytical points: the principle of dis/continuity; the parameter of 'lifedeath'; and the intractivity of space-time.

L’articolo propone una lettura hauntologica dell’Antropocene, interrogandone le implicazioni ontologiche, temporali ed estetiche alla luce delle teorie fisiche di Karen Barad. Attraverso il concetto di hauntologia per come intesto dalla studiosa, si indaga la dimensione spettrale dell'Antropocene e la sua possibile produttività in ambito ecocritico. L’obiettivo è testare la rilevanza euristica di un approccio hauntologico attraverso l’analisi di due casi di studio: la Southern Reach Trilogy (2014) di Jeff VanderMeer e Terminus Radieux (2014) di Antoine Volodine. Lo si fa attraverso tre specifici punti di analisi: il principio di dis/continuità, il parametro della "vitamorte" e quello della intrattività dello spaziotempo.