Il percorso scientifico di Giacomo Matteotti nel panorama dottrinale italiano di primi ’900

Non è facile ricostruire il pensiero del Giacomo Matteotti giurista attraverso una produzione scientifica frazionata in due bienni distanti nel tempo, e aventi ad oggetto materie diverse. Il primo biennio (1910-1911), riferibile per lo più al diritto sostanziale, ha inizio dal poderoso volume dedicato alla recidiva, sviluppo della tesi di laurea e frutto anche degli studi ulteriormente compiuti su legislazioni e dottrine straniere. In esso l’A., seppure nato nell’alveo classicista dei suoi Maestri Alessandro Stoppato e Luigi Lucchini, non si mostra del tutto contrario alle tesi positiviste su un argomento come la recidiva che, in quella lotta fra Scuole particolarmente vivace a cavallo tra il XIX e il XX secolo, è fra i punti di maggiore attrito. Sempre in quegli anni si collocano altri brevi scritti monografici. Nel secondo biennio (1917-1919) l’interesse di Matteotti appare prevalentemente orientato sul diritto processuale, e non solo per la recente entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (c.d. Finocchiaro-Aprile del 1913). Egli, infatti, nel frattempo, anche in virtù della sua esperienza politica, ha maturato una particolare coscienza su certi principi (legalità, certezza del diritto) che, al di là di temi apparentemente insignificanti o marginali, vengono sviluppati in tale periodo. Il proposito (che rimarrà inattuato) è appunto quello di dedicare una intera monografia alla Cassazione, in quanto organo centrale, apicale della certezza del diritto. Attraverso l’esame di questo secondo biennio e ai principi cui tale produzione si ispira, è possibile escludere una qualche adesione di Matteotti al c.d. socialismo giuridico.