Mitologie totalitarie e latifondo siciliano. Cambiamenti, restanze e prospettive della colonizzazione interna fascista

La colonizzazione interna della Sicilia, promossa dal regime fascista, è stata un’operazione di trasformazione territoriale e paesaggistica dal forte valore simbolico e politico. Modificare fisicamente il paesaggio siciliano significò plasmarlo come riflesso dei principi del regime, trasformandolo in una terra fascista e, di conseguenza, in un'estensione ideologica dello Stato. Accanto a un'estetica architettonica, venne elaborata un’estetica paesaggistica, basata sulla manipolazione e il controllo della natura. Quest’ultima si affermò come strumento di propaganda e indottrinamento. Attraverso interventi infrastrutturali, la costruzione di centri rurali e la realizzazione di case coloniche, seguendo un preciso modello di appoderamento, il progetto del territorio divenne un mezzo per ridefinire non solo il paesaggio ma anche l’identità dell’uomo che lo abitava. Cosa permane e come si è evoluto quello che è stato realizzato? In che modo si intreccia con i temi di crisi economica, sociale e ambientale che, nel loro complesso, determinano quella che di fatto potremmo definire come una crisi paesaggistica? In che modo questo patrimonio marginalizzato può essere rinnovato e divenire un bene comune capace di generare nuove opportunità? La tesi tenta di rispondere a queste ed altre domande, attraverso un’argomentazione critica che colloca l’oggetto della ricerca tra la lettura storico-valutativa e lo studio orientato a uno sguardo progettuale, partendo dall’ipotesi che per immaginare il riuso del patrimonio territoriale bisogna prima leggerlo ed esplorarlo. Lo studio in questione si completa attraverso il confronto con la colonización franchista del Bajo Guadalquivir, in Andalusia, un caso analogo ma successivo a quello siciliano, nell'obiettivo di rintracciare convergenze, divergenze e un possibile modello per il futuro dei centri rurali in Sicilia.