Nel corso degli ultimi decenni, la geologia applicata si è vieppiù avvalsa di approcci multidisciplinari volti a rilevare proprietà e caratteristiche fisico-meccaniche del sottosuolo prossimo alla superficie terrestre (near surface) al fine di comprendere e di monitorare al meglio la dinamica di processi naturali, connessi a diversificati contesti morfogenetici, quali potenziali cause di rischio naturale. In questo ambito, la caratterizzazione delle proprietà dinamiche del near surface è divenuta, nel tempo, una rilevante base per la comprensione dei comportamenti vibrazionali di volumi di roccia, già dislocati da discontinuità fisiche di ammasso. Queste ultime costituiscono, di per sé, il risultato di processi di instabilità in atto in corrispondenza di sistemi rocciosi fratturati, ma ne controllano al contempo il comportamento, nella misura in cui vanno a condizionare la risposta a sollecitazioni esterne, quali quelle sismiche, regolando la fisica della propagazione di onde di superficie ad attitudine dispersiva in frequenza (quali le onde di Raleigh) e delle loro interazioni con il near surface. Il risultato di tali interazioni è l’evidenza di amplificazione del moto sismico a specifiche frequenze, eventualmente associata a polarizzazione e caratteristiche di marcata ellitticità sulle frequenze amplificate. È stato, oramai, ampiamente dimostrato che le frequenze del moto oscillatorio che vengono amplificate dai sistemi fisici del near surface sono relazionabili ai moti propri (eigenmodes) di elementi disgiunti e dipendono dai loro gradi di libertà, dalla loro inerzia, dalla loro rigidezza e dal coefficiente di smorzamento che rende critico, alle suddette frequenze, il loro stato di oscillatori liberi supercritici. Questa fisica di interazione tra masse rigide, rappresentate da blocchi di roccia isolati da discontinuità, e onde sismiche, che si propagano da e verso il campo libero di superficie, è alla base della potenzialità insita in una sfidante interazione tra approcci geologicotecnici per l’analisi geomeccanica degli ammassi fratturati e indagini geofisiche di sismica passiva, eseguibili mediante la registrazione di segnali di rumore sismico ambientale ovvero di eventi sismici di medio-bassa magnitudo. La potenzialità diagnostica di queste tecniche di indagine geofisica accoppiate, la versatilità della strumentazione necessaria per le acquisizioni (ovvero la sua utilizzabilità per più applicazioni di natura geofisica) nonché il relativo basso costo delle campagne di registrazione, al netto del valore della strumentazione necessaria per acquisirle, le rende un efficiente strumento di analisi per la diagnosi e la perimetrazione spaziale (zonazione) del pericolo connesso a incipienti processi di instabilità per frana, quali crolli, ribaltamenti di blocchi di roccia o anche collassi generalizzati di ingenti porzioni di versante. Questo contributo vuole esemplificare l’applicabilità delle succitate tecniche di indagine geofisica attraverso una rassegna di casistiche, grazie alle quali è stato possibile apprendere le potenzialità diagnostiche degli approcci in oggetto e, al contempo, razionalizzarne la funzionalità e la adattabilità (sotto determinati vincoli di rappresentatività) a differenti contesti morfoevolutivi. I prodotti di zonazione della pericolosità da frane in roccia, realizzati grazie a queste tecniche, appaiono del tutto integrabili in prodotti di valenza pianificatoria, quali, tra gli altri, carte tematiche sui processi di frana attivi e relativa distribuzione spaziale, carte di microzonazione sismica e relative aree di instabilità, mappe di perimetrazione del rischio residuo finalizzate alla interdizione di accesso o agibilità. Nonostante le tecniche qui discusse siano da ritenersi ormai consolidate a livello internazionale, si continuano ad intravedere prospettive di promettente implementazione delle stesse, specie per ciò che attiene la deriva temporale dei fenomeni geomorfologici in atto, nell’ottica di individuazione e monitoraggio di processi preparatori all’innesco di frane che, a loro volta, ben si modulano sulle periodicità meteo-climatiche di corto-medio termine nonché sulle tendenze alla loro irreversibile variazione di più lungo termine. Tali prospettive di analisi, se combinate con le maggiori prestazioni fornite dalle moderne tecnologie di registrazione continua e di trasmissione e processamento in tempo (quasi) reale, nonché con le potenzialità date dall’apprendimento di sistemi di Intelligenza Artificiale, proiettano, senza dubbio, questo ambito della geofisica applicata alla geologia tecnica verso nuove e sfidanti prospettive.
Evidence of unstable rock cliffs from vibrational behavior. Challenges in coupling engineering-geological and geophysical approaches / Martino, Salvatore. - In: ITALIAN JOURNAL OF ENGINEERING GEOLOGY AND ENVIRONMENT. - ISSN 2035-5688. - special issue 2(2024), pp. 57-68. [10.4408/IJEGE.2024-02.S-05]
Evidence of unstable rock cliffs from vibrational behavior. Challenges in coupling engineering-geological and geophysical approaches
Salvatore Martino
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2024
Abstract
Nel corso degli ultimi decenni, la geologia applicata si è vieppiù avvalsa di approcci multidisciplinari volti a rilevare proprietà e caratteristiche fisico-meccaniche del sottosuolo prossimo alla superficie terrestre (near surface) al fine di comprendere e di monitorare al meglio la dinamica di processi naturali, connessi a diversificati contesti morfogenetici, quali potenziali cause di rischio naturale. In questo ambito, la caratterizzazione delle proprietà dinamiche del near surface è divenuta, nel tempo, una rilevante base per la comprensione dei comportamenti vibrazionali di volumi di roccia, già dislocati da discontinuità fisiche di ammasso. Queste ultime costituiscono, di per sé, il risultato di processi di instabilità in atto in corrispondenza di sistemi rocciosi fratturati, ma ne controllano al contempo il comportamento, nella misura in cui vanno a condizionare la risposta a sollecitazioni esterne, quali quelle sismiche, regolando la fisica della propagazione di onde di superficie ad attitudine dispersiva in frequenza (quali le onde di Raleigh) e delle loro interazioni con il near surface. Il risultato di tali interazioni è l’evidenza di amplificazione del moto sismico a specifiche frequenze, eventualmente associata a polarizzazione e caratteristiche di marcata ellitticità sulle frequenze amplificate. È stato, oramai, ampiamente dimostrato che le frequenze del moto oscillatorio che vengono amplificate dai sistemi fisici del near surface sono relazionabili ai moti propri (eigenmodes) di elementi disgiunti e dipendono dai loro gradi di libertà, dalla loro inerzia, dalla loro rigidezza e dal coefficiente di smorzamento che rende critico, alle suddette frequenze, il loro stato di oscillatori liberi supercritici. Questa fisica di interazione tra masse rigide, rappresentate da blocchi di roccia isolati da discontinuità, e onde sismiche, che si propagano da e verso il campo libero di superficie, è alla base della potenzialità insita in una sfidante interazione tra approcci geologicotecnici per l’analisi geomeccanica degli ammassi fratturati e indagini geofisiche di sismica passiva, eseguibili mediante la registrazione di segnali di rumore sismico ambientale ovvero di eventi sismici di medio-bassa magnitudo. La potenzialità diagnostica di queste tecniche di indagine geofisica accoppiate, la versatilità della strumentazione necessaria per le acquisizioni (ovvero la sua utilizzabilità per più applicazioni di natura geofisica) nonché il relativo basso costo delle campagne di registrazione, al netto del valore della strumentazione necessaria per acquisirle, le rende un efficiente strumento di analisi per la diagnosi e la perimetrazione spaziale (zonazione) del pericolo connesso a incipienti processi di instabilità per frana, quali crolli, ribaltamenti di blocchi di roccia o anche collassi generalizzati di ingenti porzioni di versante. Questo contributo vuole esemplificare l’applicabilità delle succitate tecniche di indagine geofisica attraverso una rassegna di casistiche, grazie alle quali è stato possibile apprendere le potenzialità diagnostiche degli approcci in oggetto e, al contempo, razionalizzarne la funzionalità e la adattabilità (sotto determinati vincoli di rappresentatività) a differenti contesti morfoevolutivi. I prodotti di zonazione della pericolosità da frane in roccia, realizzati grazie a queste tecniche, appaiono del tutto integrabili in prodotti di valenza pianificatoria, quali, tra gli altri, carte tematiche sui processi di frana attivi e relativa distribuzione spaziale, carte di microzonazione sismica e relative aree di instabilità, mappe di perimetrazione del rischio residuo finalizzate alla interdizione di accesso o agibilità. Nonostante le tecniche qui discusse siano da ritenersi ormai consolidate a livello internazionale, si continuano ad intravedere prospettive di promettente implementazione delle stesse, specie per ciò che attiene la deriva temporale dei fenomeni geomorfologici in atto, nell’ottica di individuazione e monitoraggio di processi preparatori all’innesco di frane che, a loro volta, ben si modulano sulle periodicità meteo-climatiche di corto-medio termine nonché sulle tendenze alla loro irreversibile variazione di più lungo termine. Tali prospettive di analisi, se combinate con le maggiori prestazioni fornite dalle moderne tecnologie di registrazione continua e di trasmissione e processamento in tempo (quasi) reale, nonché con le potenzialità date dall’apprendimento di sistemi di Intelligenza Artificiale, proiettano, senza dubbio, questo ambito della geofisica applicata alla geologia tecnica verso nuove e sfidanti prospettive.File | Dimensione | Formato | |
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