Il presente contributo è volto ad analizzare parte della produzione poetica della germanista e comparatista Lea Ritter Santini (1928-2208), a partire dalla raccolta poetica pubblicata da quest’ultima nel 1986 sulla rivista tedesca «Akzente», intitolata Fremdenschein e mai tradotta in italiano, se non in via amicale e ufficiosa dalla scrittrice Fabrizia Ramondino. Nel tentare di restituire un’analisi tematica di Fremdenschein, si farà riferimento al genere della poesia dell’esilio e si mostrerà come la silloge di Lea Ritter Santini si inserisca a pieno titolo in quest’ultima, nel suo dare parola all’esperienza dello sradicamento e della rinegoziazione continua di sé tra i confini di uno spazio e di una storia dissestati. Si tenterà inoltre di mettere in luce le tracce, disseminate da Lea Ritter Santini nella sua poesia sotto forma di figure e tipi, del lavoro sulle letterature, e soprattutto sulla letteratura tedesca e italiana, da lei condotto in ambito accademico; tra queste verrà isolata soprattutto la figura ebraica dello Schlemihl, ripresa da Adelbert von Chamisso, Rahel Varnhagen e Hannah Arendt e posta dall’accademica al centro della sua poesia, come metafora elettiva del vivere sul margine tra i mondi e le lingue.
«Im Scheinwerfer der Abreise». La poesia dell'esilio di Lea Ritter Santini / Maciocci, Chiara. - In: TICONTRE. - ISSN 2284-4473. - 22/2024(2024), pp. 55-70.
«Im Scheinwerfer der Abreise». La poesia dell'esilio di Lea Ritter Santini
Chiara Maciocci
2024
Abstract
Il presente contributo è volto ad analizzare parte della produzione poetica della germanista e comparatista Lea Ritter Santini (1928-2208), a partire dalla raccolta poetica pubblicata da quest’ultima nel 1986 sulla rivista tedesca «Akzente», intitolata Fremdenschein e mai tradotta in italiano, se non in via amicale e ufficiosa dalla scrittrice Fabrizia Ramondino. Nel tentare di restituire un’analisi tematica di Fremdenschein, si farà riferimento al genere della poesia dell’esilio e si mostrerà come la silloge di Lea Ritter Santini si inserisca a pieno titolo in quest’ultima, nel suo dare parola all’esperienza dello sradicamento e della rinegoziazione continua di sé tra i confini di uno spazio e di una storia dissestati. Si tenterà inoltre di mettere in luce le tracce, disseminate da Lea Ritter Santini nella sua poesia sotto forma di figure e tipi, del lavoro sulle letterature, e soprattutto sulla letteratura tedesca e italiana, da lei condotto in ambito accademico; tra queste verrà isolata soprattutto la figura ebraica dello Schlemihl, ripresa da Adelbert von Chamisso, Rahel Varnhagen e Hannah Arendt e posta dall’accademica al centro della sua poesia, come metafora elettiva del vivere sul margine tra i mondi e le lingue.File | Dimensione | Formato | |
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