Nel 1953 Maria Bellonci realizza per il Terzo Programma della Rai il ciclo di trasmissioni Milano viscontea, dedicato alle vicende della città dal XII al XV secolo. Nel 1972 l’autrice rielabora dalle puntate radiofoniche il lungo racconto che dà il titolo al volume Vipera gentile. Il testo riprende puntualmente le stesse fonti documentarie, iconografiche e letterarie, ma la seconda versione dell’affresco visconteo presenta gli effetti di uno scarto decisivo: l’approdo ad una dimensione problematicamente e definitivamente narrativa che restituisce un «segreto senso vitale» alla sequenza di scomuniche e congiure, opere civili e sanguinose lotte di partito, imponendo la centralità delle ambizioni e delle passioni individuali. Nel cambio di postura autoriale, che segna il passaggio dal programma divulgativo all’opera letteraria, si conservano le tracce della ricerca di Bellonci: la pratica del racconto come strumento di conoscenza – che esalta la funzione epistemica del gesto narrativo; l’invisibile dialogo fra fatto storico e finzione letteraria – che, all’inizio dei contesi e irrequieti anni Settanta, ribadisce l’affermazione di uno stile e di un modello di rappresentazione.
«Come se i fatti dovessero ancora farsi». Maria Bellonci, i Visconti e il racconto della Storia / Rubini, Francesca. - (2024), pp. 37-44. (Intervento presentato al convegno Fatti e finzioni. Convegno nazionale MOD 2022 tenutosi a Napoli).
«Come se i fatti dovessero ancora farsi». Maria Bellonci, i Visconti e il racconto della Storia
rubini, francesca
2024
Abstract
Nel 1953 Maria Bellonci realizza per il Terzo Programma della Rai il ciclo di trasmissioni Milano viscontea, dedicato alle vicende della città dal XII al XV secolo. Nel 1972 l’autrice rielabora dalle puntate radiofoniche il lungo racconto che dà il titolo al volume Vipera gentile. Il testo riprende puntualmente le stesse fonti documentarie, iconografiche e letterarie, ma la seconda versione dell’affresco visconteo presenta gli effetti di uno scarto decisivo: l’approdo ad una dimensione problematicamente e definitivamente narrativa che restituisce un «segreto senso vitale» alla sequenza di scomuniche e congiure, opere civili e sanguinose lotte di partito, imponendo la centralità delle ambizioni e delle passioni individuali. Nel cambio di postura autoriale, che segna il passaggio dal programma divulgativo all’opera letteraria, si conservano le tracce della ricerca di Bellonci: la pratica del racconto come strumento di conoscenza – che esalta la funzione epistemica del gesto narrativo; l’invisibile dialogo fra fatto storico e finzione letteraria – che, all’inizio dei contesi e irrequieti anni Settanta, ribadisce l’affermazione di uno stile e di un modello di rappresentazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.