Risultato di un lungo e proficuo percorso di ricerca – già avviato con la precedente monografia sul cardinale Filomarino (Ascanio Filomarino. Nobiltà, Chiesa e potere nell’Italia del Seicento, Roma, Viella, 2017) – il volume di Giu seppe Mrozek si propone di offrire nuove prospettive e riflessioni sull’articolato e dialettico sistema del mondo aristocratico napoletano, tra XVI e XVII secolo, in relazione all’affermarsi di un fenomeno cruciale per la storia spagnola ed europea quale fu quello del valimiento. Nella sua premessa all’opera di Mrozek, Francesco Benigno, da un lato, for nisce un quadro complessivo della riflessione storiografica sul tema in questione, evidenziando l’importanza ma anche i limiti insiti nella tradizionale prospettiva storicista e statalista offerta da Giuseppe Galasso e dai suoi allievi, mentre, dall’al tro, pone in risalto gli elementi portanti e innovativi dello studio di Giuseppe Mrozek, sottolineandone la capacità di collocare la vicenda napoletana in una più puntuale ottica europea. Alla «nota a mo’ di prologo» di Benigno, segue un’ampia introduzione in cui Mrozek delinea alcune coordinate di lungo periodo necessarie per comprendere la sua interpretazione dei fatti presi in esame rispetto alla lettura datane dalla storiografia di riferimento, volta, secondo l’autore, a concepire la vicende insurrezionali di Napoli «come eventi caotici e privi di un chiaro progetto politico, o come specchio delle contrapposizioni sociali» tra un compatto ceto aristocratico e la massa popolare. Al contrario, rimarcando il carattere composito e tutt’altro che coeso della nobiltà napoletana, delineatosi già nel corso del Medio evo con le contese tra francesi e aragonesi, Mrozek inquadra profilo e funziona mento delle principali istituzioni del regno di Napoli la cui struttura sociopolitica si fondava sulla dialettica opposizione tra aristocrazia, togati e popolo. In base a questo assetto la storiografia attuale – influenzata da una consolidata tradizione riconducibile ai lavori di Benedetto Croce, Giuseppe Galasso, Rosario Villari e di altri storici – ha avallato una fisionomia della nobiltà napoletana come entità sostanzialmente omogenea e unita, preferendo concentrarsi sull’analisi di singole famiglie osservate da punti di vista specifici e circoscritti. È il caso di numerosi studi – come quelli condotti da Hernando Sánchez, Giovanni Muto, Gérard Labrot, etc. – emersi soprattutto negli ultimi decenni e focalizzati, ad esempio, sulla dimensione artistico-culturale, sul cerimoniale, o sull’attività militare dei nobili del regno. Giuseppe Mrozek, invece, rilevando l’importanza della natura plurale e conflittuale dell’aristocrazia di Napoli, in linea, del resto, con i molteplici e contrastanti processi evolutivi del mondo napoletano, si propone di dimostrare al progressivo consolidamento dell’autorità spagnola né, tantomeno, ha svolto un ruolo passivo nei numerosi episodi di tensione e insurrezione verificatisi tra XVI e XVII secolo. Su tali premesse, il volume di Mrozek si spinge ad analizzare, secondo una prospettiva incrociata, l’attività dell’aristocrazia napoletana e quella della classe dirigente spagnola, evidenziando sovrapposizioni e divergenze tra queste due complesse entità. Seguendo un arco cronologico preciso – che va dal 1598, anno dell’ascesa al potere del duca di Lerma, al 1665, momento che vide la morte di Filippo IV e l’esaurirsi della lunga stagione del valimiento – l’argomentazione centrale del volume si sviluppa in quattro capitoli che, sondando proprio le complesse relazioni tra nobiltà del regno di Napoli e autorità madrilene, rivelano le mutevoli articolazioni interne dell’aristocrazia napoletana e di quella spagnola, nonché i loro reciproci rapporti di alleanza e contrapposizione. Attraverso un’in dagine condotta su un’ampia documentazione politico-diplomatica, sia edita sia inedita, conservata, tra gli altri, nell’Archivio Apostolico Vaticano, nell’Archivo General de Simancas, negli archivi di Stato di Napoli e di Firenze o, ancora, nelle biblioteche Apostolica, Marciana e Nazionale di Spagna, Mrozek mette in evidenza quanto il composito universo nobiliare di Napoli fosse estremamente sensibile alla conflittuale dialettica politica della corte spagnola approfondendo, così, una pista di ricerca che John Elliot aveva soltanto dischiuso in alcuni suoi lavori sulla Spagna della prima Età moderna. Lo studio di Giuseppe Mrozek, dunque, proprio perché sostenuto da un notevole apparato documentario, innovato – rispetto alla tradizionale prospettiva d’indagine di questo complesso settore di ricerca – da un’analisi comparativa di fonti italiane ed estere, spagnole in particolare, riesce a inserirsi con consapevolezza e originalità all’interno di un ambito ampiamente dibattuto in sede storiogra f ica. Difatti, benché il tema preso in esame sia stato oggetto di varie riflessioni da parte di una letteratura illustre e solida, Giuseppe Mrozek cerca e riesce a individuare ed evidenziare elementi di novità proponendo una lettura originale ma, al contempo, ben integrata con il quadro bibliografico di riferimento. In tal senso, l’autore modifica la consueta prospettiva d’interpretazione delle vicende napoletane della prima Età moderna armonizzando le posizioni tradizionali con le innovazioni da lui proposte che offrono una conoscenza più precisa e realistica dei fatti, osservati attraverso un filtro nuovo. Ne sono una chiara dimostrazione le vicende relative alla rivolta del 1647-1648 che l’autore rilegge quale punto di arrivo di una lunga serie di frizioni accumulatesi tra patriziato napoletano e istituzioni spagnole, sottolineando il ruolo attivo avuto nella ribellione da alcuni aristocratici e smentendo, di conseguenza, quella visione di una classe nobiliare completamente schierata contro i ribelli. Dall’analisi di Mrozek, infatti, emerge un consapevole coinvolgimento nei progetti insurrezionali, motivato da eterogenei interessi politici, di aristocratici di primo piano, come Diomede Carafa, duca di Maddaloni, il cardinale Ascanio Filomarino, o il marchese di Acaya Vincenzo Delli Monti, i quali, almeno nella fase iniziale, hanno ricoperto il ruolo di fautori e ideatori della rivolta, successivamente sfuggita al loro controllo con l’assassinio di Giuseppe Carafa, fratello del duca di Maddaloni, e sfociata in un violento estremismo filopopolare. L’argomento centrale del volume è rappresentato, quindi, dall’osservazione dei molteplici processi evolutivi che hanno plasmato la frastagliata fisionomia sociopolitica della nobiltà napoletana, un ceto tutt’altro che omogeneo e coe so, dotato di facies differenti e contrastanti che lo rendono una realtà plurale e complessa, come l’autore mette in evidenza attraverso l’analisi degli eventi svoltisi nel periodo dominato dalla presenza dei validos. Con l’ascesa del duca di Lerma al ruolo di ministro favorito, infatti, si sarebbe aperta una nuova fase della politica spagnola che avrebbe avuto conseguenze fondamentali non solo per la realtà napoletana ma per tutta l’Europa. È proprio a partire da questo passaggio che Giuseppe Mrozek entra nel vivo della sua riflessione sul regno di Napoli, osservato non più secondo un’ottica monofocale ma, appunto, po licentrica, europea che non vuole sostituirsi o smantellare la cosiddetta «via napoletana allo stato moderno», indicata da Aurelio Musi, bensì arricchirla e corroborarla rendendola più credibile attraverso l’analisi di fonti essenziali, quelle spagnole in primo luogo, sinora osservate in modo discontinuo e parziale dagli storici che si sono occupati di questo tema. La complessa operazione di riflessione storiografica e di scavo archivistico, effettuata da Mrozek, permette, dunque, di seguire le molteplici e contrastanti anime del mondo aristocratico di Napoli in un contesto molto dinamico che vede equilibri e logiche di potere in continua evoluzione. Così, la conflittuale dialettica interna alla corte spagnola si intreccia e influenza le altrettanto articolate trame che innervano il regno napoletano, dove il patriziato locale agisce secondo coordinate di dinamicità e contrapposizione che lo vedono soggetto a continue fratture e ricomposizioni degli equilibri interni, con esiti spesso inattesi, in funzione dei fermenti insiti nelle varie fasi di evoluzione del valimiento. Tale tendenza appare nitida, oltre che nei sopracitati moti insurrezionali degli anni 1647-1648, con i fatti svoltisi nel 1620, giudicati cruciali da Giuseppe Mrozek e denominati, alla fine del primo capitolo, «la rivolta sfiorata». In quell’occasione, le tensioni maturate negli anni precedenti avevano rischiato di travolgere il viceré Pedro Téllez Girón, III duca di Osuna, il quale era espressione di una fazione politica avversa a quella del decaduto valido di Filippo III. Difatti, come ha osservato l’autore, lo stra volgimento dei rapporti di potere interni alla corte spagnola, sancito dall’ascesa del duca di Uceda e del confessore Aliaga, aveva portato alla sostituzione a Napoli del VII conte di Lemos, leale al duca di Lerma, con Osuna, fautore di una politica opposta rispetto a quella del suo predecessore, poiché in linea con la direttrice tracciata dai suoi protettori a Madrid, e fortemente avversata dai numerosi aristocratici napoletani rimasti fedeli a Lemos. Un quadro, questo, che conferma sia il fatto, evidente, che i viceré fossero incarnazioni delle anime di fazioni contrapposte a corte sia complessità e variabilità delle dinamiche politico-sociali alla base dei rapporti tra governo spagnolo e nobiltà napoletana. Quindi, adoperando il valimiento come prisma interpretativo e conoscitivo dei fatti svoltisi nel Regno di Napoli tra Cinquecento e Seicento, Giuseppe Mro zek dimostra che, nei rapporti di interconnessione tra “centro” e “periferia”, la nobiltà di Napoli risulta essere protagonista del discorso politico assumendo, nei confronti dell’autorità vicereale, varie posizioni, principalmente di concordia o di opposizione, che tuttavia si declinano in una pluralità di azioni e reazioni, spesso molto differenti anche all’interno di una stessa famiglia. Dall’analisi delle dinami che interne alla nobiltà napoletana, particolarmente osservate attraverso l’incrocio di fonti italiane e spagnole, emerge, difatti, un quadro di incontro-scontro tra una notevole varietà di punti di vista, in termini sia sincronici sia diacronici, che rilascia un’immagine plurale del mondo aristocratico, non esclusivamente focaliz zato sulla tutela dei propri interessi e privilegi bensì particolarmente sensibile al mutare delle variabili e dei contesti sociopolitici sul piano internazionale. Questo eterogeneo modus operandi, dimostrato dai nobili nei confronti delle istituzioni iberiche, viene riscontrato dall’autore anche nelle relazioni con gli altri corpi della società napoletana, togati e popolo, categorie verso le quali l’aristocrazia si era divisa in funzione tanto di esigenze momentanee o di contingenze speci f iche quanto seguendo traiettorie di lungo periodo. A loro volta, infatti, questi rapporti interni alla società napoletana risultano condizionati dalle intersezioni e dalle articolate relazioni di potere tra sovrani, favoriti, viceré e fazioni politiche del complesso sistema imperiale spagnolo. In un simile intreccio di molteplici dimensioni, Giuseppe Mrozek non si limita a ricostruire un profilo più esaustivo del patriziato di Napoli ma esplicita, grazie a un’ampia indagine documentaria, gli eterogenei aspetti delle dinamiche politiche relative alla penisola italiana e al più generale contesto europeo di Età moderna.

Nobili inquieti. La lotta politica nel regno di Napoli al tempo dei ministri favoriti (1598-1665) / Merlani, Giulio. - In: NUOVA RIVISTA STORICA. - ISSN 0029-6236. - 108:II(2024), pp. 742-745.

Nobili inquieti. La lotta politica nel regno di Napoli al tempo dei ministri favoriti (1598-1665)

Giulio Merlani
2024

Abstract

Risultato di un lungo e proficuo percorso di ricerca – già avviato con la precedente monografia sul cardinale Filomarino (Ascanio Filomarino. Nobiltà, Chiesa e potere nell’Italia del Seicento, Roma, Viella, 2017) – il volume di Giu seppe Mrozek si propone di offrire nuove prospettive e riflessioni sull’articolato e dialettico sistema del mondo aristocratico napoletano, tra XVI e XVII secolo, in relazione all’affermarsi di un fenomeno cruciale per la storia spagnola ed europea quale fu quello del valimiento. Nella sua premessa all’opera di Mrozek, Francesco Benigno, da un lato, for nisce un quadro complessivo della riflessione storiografica sul tema in questione, evidenziando l’importanza ma anche i limiti insiti nella tradizionale prospettiva storicista e statalista offerta da Giuseppe Galasso e dai suoi allievi, mentre, dall’al tro, pone in risalto gli elementi portanti e innovativi dello studio di Giuseppe Mrozek, sottolineandone la capacità di collocare la vicenda napoletana in una più puntuale ottica europea. Alla «nota a mo’ di prologo» di Benigno, segue un’ampia introduzione in cui Mrozek delinea alcune coordinate di lungo periodo necessarie per comprendere la sua interpretazione dei fatti presi in esame rispetto alla lettura datane dalla storiografia di riferimento, volta, secondo l’autore, a concepire la vicende insurrezionali di Napoli «come eventi caotici e privi di un chiaro progetto politico, o come specchio delle contrapposizioni sociali» tra un compatto ceto aristocratico e la massa popolare. Al contrario, rimarcando il carattere composito e tutt’altro che coeso della nobiltà napoletana, delineatosi già nel corso del Medio evo con le contese tra francesi e aragonesi, Mrozek inquadra profilo e funziona mento delle principali istituzioni del regno di Napoli la cui struttura sociopolitica si fondava sulla dialettica opposizione tra aristocrazia, togati e popolo. In base a questo assetto la storiografia attuale – influenzata da una consolidata tradizione riconducibile ai lavori di Benedetto Croce, Giuseppe Galasso, Rosario Villari e di altri storici – ha avallato una fisionomia della nobiltà napoletana come entità sostanzialmente omogenea e unita, preferendo concentrarsi sull’analisi di singole famiglie osservate da punti di vista specifici e circoscritti. È il caso di numerosi studi – come quelli condotti da Hernando Sánchez, Giovanni Muto, Gérard Labrot, etc. – emersi soprattutto negli ultimi decenni e focalizzati, ad esempio, sulla dimensione artistico-culturale, sul cerimoniale, o sull’attività militare dei nobili del regno. Giuseppe Mrozek, invece, rilevando l’importanza della natura plurale e conflittuale dell’aristocrazia di Napoli, in linea, del resto, con i molteplici e contrastanti processi evolutivi del mondo napoletano, si propone di dimostrare al progressivo consolidamento dell’autorità spagnola né, tantomeno, ha svolto un ruolo passivo nei numerosi episodi di tensione e insurrezione verificatisi tra XVI e XVII secolo. Su tali premesse, il volume di Mrozek si spinge ad analizzare, secondo una prospettiva incrociata, l’attività dell’aristocrazia napoletana e quella della classe dirigente spagnola, evidenziando sovrapposizioni e divergenze tra queste due complesse entità. Seguendo un arco cronologico preciso – che va dal 1598, anno dell’ascesa al potere del duca di Lerma, al 1665, momento che vide la morte di Filippo IV e l’esaurirsi della lunga stagione del valimiento – l’argomentazione centrale del volume si sviluppa in quattro capitoli che, sondando proprio le complesse relazioni tra nobiltà del regno di Napoli e autorità madrilene, rivelano le mutevoli articolazioni interne dell’aristocrazia napoletana e di quella spagnola, nonché i loro reciproci rapporti di alleanza e contrapposizione. Attraverso un’in dagine condotta su un’ampia documentazione politico-diplomatica, sia edita sia inedita, conservata, tra gli altri, nell’Archivio Apostolico Vaticano, nell’Archivo General de Simancas, negli archivi di Stato di Napoli e di Firenze o, ancora, nelle biblioteche Apostolica, Marciana e Nazionale di Spagna, Mrozek mette in evidenza quanto il composito universo nobiliare di Napoli fosse estremamente sensibile alla conflittuale dialettica politica della corte spagnola approfondendo, così, una pista di ricerca che John Elliot aveva soltanto dischiuso in alcuni suoi lavori sulla Spagna della prima Età moderna. Lo studio di Giuseppe Mrozek, dunque, proprio perché sostenuto da un notevole apparato documentario, innovato – rispetto alla tradizionale prospettiva d’indagine di questo complesso settore di ricerca – da un’analisi comparativa di fonti italiane ed estere, spagnole in particolare, riesce a inserirsi con consapevolezza e originalità all’interno di un ambito ampiamente dibattuto in sede storiogra f ica. Difatti, benché il tema preso in esame sia stato oggetto di varie riflessioni da parte di una letteratura illustre e solida, Giuseppe Mrozek cerca e riesce a individuare ed evidenziare elementi di novità proponendo una lettura originale ma, al contempo, ben integrata con il quadro bibliografico di riferimento. In tal senso, l’autore modifica la consueta prospettiva d’interpretazione delle vicende napoletane della prima Età moderna armonizzando le posizioni tradizionali con le innovazioni da lui proposte che offrono una conoscenza più precisa e realistica dei fatti, osservati attraverso un filtro nuovo. Ne sono una chiara dimostrazione le vicende relative alla rivolta del 1647-1648 che l’autore rilegge quale punto di arrivo di una lunga serie di frizioni accumulatesi tra patriziato napoletano e istituzioni spagnole, sottolineando il ruolo attivo avuto nella ribellione da alcuni aristocratici e smentendo, di conseguenza, quella visione di una classe nobiliare completamente schierata contro i ribelli. Dall’analisi di Mrozek, infatti, emerge un consapevole coinvolgimento nei progetti insurrezionali, motivato da eterogenei interessi politici, di aristocratici di primo piano, come Diomede Carafa, duca di Maddaloni, il cardinale Ascanio Filomarino, o il marchese di Acaya Vincenzo Delli Monti, i quali, almeno nella fase iniziale, hanno ricoperto il ruolo di fautori e ideatori della rivolta, successivamente sfuggita al loro controllo con l’assassinio di Giuseppe Carafa, fratello del duca di Maddaloni, e sfociata in un violento estremismo filopopolare. L’argomento centrale del volume è rappresentato, quindi, dall’osservazione dei molteplici processi evolutivi che hanno plasmato la frastagliata fisionomia sociopolitica della nobiltà napoletana, un ceto tutt’altro che omogeneo e coe so, dotato di facies differenti e contrastanti che lo rendono una realtà plurale e complessa, come l’autore mette in evidenza attraverso l’analisi degli eventi svoltisi nel periodo dominato dalla presenza dei validos. Con l’ascesa del duca di Lerma al ruolo di ministro favorito, infatti, si sarebbe aperta una nuova fase della politica spagnola che avrebbe avuto conseguenze fondamentali non solo per la realtà napoletana ma per tutta l’Europa. È proprio a partire da questo passaggio che Giuseppe Mrozek entra nel vivo della sua riflessione sul regno di Napoli, osservato non più secondo un’ottica monofocale ma, appunto, po licentrica, europea che non vuole sostituirsi o smantellare la cosiddetta «via napoletana allo stato moderno», indicata da Aurelio Musi, bensì arricchirla e corroborarla rendendola più credibile attraverso l’analisi di fonti essenziali, quelle spagnole in primo luogo, sinora osservate in modo discontinuo e parziale dagli storici che si sono occupati di questo tema. La complessa operazione di riflessione storiografica e di scavo archivistico, effettuata da Mrozek, permette, dunque, di seguire le molteplici e contrastanti anime del mondo aristocratico di Napoli in un contesto molto dinamico che vede equilibri e logiche di potere in continua evoluzione. Così, la conflittuale dialettica interna alla corte spagnola si intreccia e influenza le altrettanto articolate trame che innervano il regno napoletano, dove il patriziato locale agisce secondo coordinate di dinamicità e contrapposizione che lo vedono soggetto a continue fratture e ricomposizioni degli equilibri interni, con esiti spesso inattesi, in funzione dei fermenti insiti nelle varie fasi di evoluzione del valimiento. Tale tendenza appare nitida, oltre che nei sopracitati moti insurrezionali degli anni 1647-1648, con i fatti svoltisi nel 1620, giudicati cruciali da Giuseppe Mrozek e denominati, alla fine del primo capitolo, «la rivolta sfiorata». In quell’occasione, le tensioni maturate negli anni precedenti avevano rischiato di travolgere il viceré Pedro Téllez Girón, III duca di Osuna, il quale era espressione di una fazione politica avversa a quella del decaduto valido di Filippo III. Difatti, come ha osservato l’autore, lo stra volgimento dei rapporti di potere interni alla corte spagnola, sancito dall’ascesa del duca di Uceda e del confessore Aliaga, aveva portato alla sostituzione a Napoli del VII conte di Lemos, leale al duca di Lerma, con Osuna, fautore di una politica opposta rispetto a quella del suo predecessore, poiché in linea con la direttrice tracciata dai suoi protettori a Madrid, e fortemente avversata dai numerosi aristocratici napoletani rimasti fedeli a Lemos. Un quadro, questo, che conferma sia il fatto, evidente, che i viceré fossero incarnazioni delle anime di fazioni contrapposte a corte sia complessità e variabilità delle dinamiche politico-sociali alla base dei rapporti tra governo spagnolo e nobiltà napoletana. Quindi, adoperando il valimiento come prisma interpretativo e conoscitivo dei fatti svoltisi nel Regno di Napoli tra Cinquecento e Seicento, Giuseppe Mro zek dimostra che, nei rapporti di interconnessione tra “centro” e “periferia”, la nobiltà di Napoli risulta essere protagonista del discorso politico assumendo, nei confronti dell’autorità vicereale, varie posizioni, principalmente di concordia o di opposizione, che tuttavia si declinano in una pluralità di azioni e reazioni, spesso molto differenti anche all’interno di una stessa famiglia. Dall’analisi delle dinami che interne alla nobiltà napoletana, particolarmente osservate attraverso l’incrocio di fonti italiane e spagnole, emerge, difatti, un quadro di incontro-scontro tra una notevole varietà di punti di vista, in termini sia sincronici sia diacronici, che rilascia un’immagine plurale del mondo aristocratico, non esclusivamente focaliz zato sulla tutela dei propri interessi e privilegi bensì particolarmente sensibile al mutare delle variabili e dei contesti sociopolitici sul piano internazionale. Questo eterogeneo modus operandi, dimostrato dai nobili nei confronti delle istituzioni iberiche, viene riscontrato dall’autore anche nelle relazioni con gli altri corpi della società napoletana, togati e popolo, categorie verso le quali l’aristocrazia si era divisa in funzione tanto di esigenze momentanee o di contingenze speci f iche quanto seguendo traiettorie di lungo periodo. A loro volta, infatti, questi rapporti interni alla società napoletana risultano condizionati dalle intersezioni e dalle articolate relazioni di potere tra sovrani, favoriti, viceré e fazioni politiche del complesso sistema imperiale spagnolo. In un simile intreccio di molteplici dimensioni, Giuseppe Mrozek non si limita a ricostruire un profilo più esaustivo del patriziato di Napoli ma esplicita, grazie a un’ampia indagine documentaria, gli eterogenei aspetti delle dinamiche politiche relative alla penisola italiana e al più generale contesto europeo di Età moderna.
2024
spagna; nobiltà napoletana; XVII secolo; valimiento
01 Pubblicazione su rivista::01d Recensione
Nobili inquieti. La lotta politica nel regno di Napoli al tempo dei ministri favoriti (1598-1665) / Merlani, Giulio. - In: NUOVA RIVISTA STORICA. - ISSN 0029-6236. - 108:II(2024), pp. 742-745.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1730164
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact